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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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La strage di Marcinelle 
di Ninni Raimondi
 
La strage di Marcinelle e la retorica dell’accoglienza 
 
In occasione dell’anniversario della strage di Marcinelle 
Alle ore 8.11 dell’otto agosto 1956 un fumo acre e denso penetra le viscere del sottosuolo di Marcinelle, in Belgio.  
Tra i pozzi e le gallerie della miniera di carbone di Bois du Cazier 262 uomini trovano la morte, intrappolati e asfissiati. Tra le vittime si annoverano 136 minatori italiani. Le difficoltà nel raggiungere i pozzi più profondi appaiono subito evidenti: l’incidente ha tranciato i cavi dell’alta pressione e i fili del telefono, è impossibile comunicare e muovere i carrelli elevatori. Con il passare dei giorni la possibilità di trovare dei sopravvissuti, salvati da sacche di ossigeno create dalle porte taglia fuoco, diventa sempre più flebile. Il dispaccio definitivo giunge il 23 agosto, è scritto in italiano e recita: “Tutti cadaveri”. 
 
Quella di Bois du Cazier era una delle decine di miniere di carbone nelle quali vennero impiegati gli italiani.  
Non si trattava di emigranti, come in tanti oggi vorrebbero far credere per alimentare la retorica dell’accoglienza “dovuta”.  
Quel senso di colpa sociale da inculcare al nostro popolo, per rendere accettabili le logiche speculative dell’immigrazione di massa, forzata e indotta. Lo scorso luglio la presidente della Camera, Laura Boldrini, nell’inaugurare il Parco dello zolfo ad Ancona, ha ricordato la tragedia di Marcinelle, dove si era recata in visita nel 2013, spiegando: “In Belgio i nostri emigranti erano chiamati ‘musi neri’, anche quelli partiti da qui, e a loro non affittavano neanche le case. Non potevano entrare nei locali perché c’era il divieto per gli animali e i ‘musi neri’. E i musi neri eravamo noi”. 
La Boldrini, però, dimentica di spiegare come mai oltre 50 mila italiani avessero deciso improvvisamente di abbandonare casa e famiglia per andare a fare i minatori in Belgio.  
In questa colpevole amnesia storica la ex presidente della Camera è in buona compagnia, perché tanti, troppi, vorrebbero rimuovere la vergogna del Protocollo italo – belga.  
Al termine della seconda guerra mondiale il Belgio si ritrovava con gli impianti di estrazione intatti ma con poca manodopera. 
 
Il governo De Gasperi, seguito del Clnai e costituito da Dc, Pci, Psi, Pli e Partito d’Azione, dopo aver annullato la socializzazione del lavoro e delle imprese attuata dalla Repubblica sociale italiana, pensava bene di cedere manodopera in cambio di carbone. Un vero e proprio baratto che identificava la forza lavoro come merce. 
Migliaia di manifesti furono affissi in tutta Italia, fogli che definivano il Belgio come un paradiso in terra nel quale sarebbero stati garantiti lavoro, vitto e alloggio. La realtà era chiaramente ben diversa. Gli operai venivano scelti in base all’età (non dovevano superare i 35 anni) e alle caratteristiche fisiche, caricati su treni merci dei quali ignoravano la destinazione e nei quali rimasero chiusi per giorni mentre attraversavano l’Europa. Al loro arrivo compresero in quale truffa lo Stato li avesse coinvolti. Vivevano nei campi di concentramento insieme ai soldati tedeschi imprigionati in guerra, altri ancora in baracche di lamiera gelide in inverno e infuocate nei mesi estivi. Il salario garantiva a stento la possibilità di acquistare poche volte al mese pane e pasta, per integrare la zuppa annacquata servita quotidianamente come pasto. 
 
Il lavoro serviva per compensare l’acquisto del carbone da parte dell’Italia, a loro sarebbe rimasto poco o nulla, di certo non la libertà: quella l’avevano persa al momento della firma del contratto.  
 
Non avevano scelta, sarebbero dovuti rimanere lì almeno per un anno, la maggior parte di loro venne ingannata, non avendo alcuna assistenza sindacale, e nelle miniere ci rimase fino alla morte o per oltre un decennio.  
Gli italiani erano “i musi neri”, deportati in massa per soddisfare le esigenze del capitale e gli equilibri economici fra Stati.  
Una lezione che dovrebbe servire da monito per quanto accade oggi, evitando di ripetere gli orrori commessi. 
 
9 Agosto  2021