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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Vediamo cosa succede ed è successo 
di Ninni Raimondi
 
Vediamo cosa succede ed è successo ... 
 
 
 
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Green pass, così il padrone di casa diventa il controllore 
 
Dal 15 ottobre per lavorare è obbligatorio esibire il green pass, e sarà il datore di lavoro a fare i controlli, compreso il padrone di casa. Il governo Draghi come è noto ha imposto l’obbligo di green pass per tutti i lavoratori del settore pubblico e del privato ma anche per gli autonomi e le partite Iva. Il decreto legge approvato ieri in Cdm obbliga all’esibizione del green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro. Ciò vale per il personale delle amministrazioni pubbliche, delle autorità amministrative indipendenti, della Consob, della Banca d’Italia e degli enti pubblici economici di rilevanza costituzionale. Ma anche i soggetti titolari di cariche elettive – i parlamentari, per esempio – o di cariche istituzionali di vertice, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili, militari e ordinari, avvocati e procuratori dello Stato e membri delle commissioni tributarie. E, infine, anche “chiunque svolga attività lavorativa nel settore privato”. A quanto si apprende infine, il testo definitivo del decreto dovrebbe includere anche colf, babysitter, idraulici ed elettricisti. 
 
Chi controlla il green pass al lavoro? 
Il punto è, chi controlla il green pass? Visto e considerato che tra coloro che “si recano in un luogo di lavoro” rientrano anche i lavoratori autonomi. Come per esempio colf e badanti. La risposta è: i datori di lavoro. Ciò vale anche per il privato cittadino che paga la babysitter. In quanto datori di lavoro, in caso di controlli, se non verificassero la certificazione verde rischierebbero la sanzione da 600 a 1.500 euro. Lo stesso vale per colf, badanti e babysitter non vaccinate, ovviamente. Secondo il presidente di Assindatcolf, Andrea Zini, interpellato da Repubblica, “vista la delicatezza della mansione svolta se il lavoratore non vuole vaccinarsi o rinnovare il green pass, quando necessario è possibile sciogliere il rapporto di lavoro in modo libero, senza alcuna giustificazione”. 
 
Multe e sospensione da lavoro e stipendio 
Sul fronte delle sanzioni, ciò che vale per i dipendenti pubblici e privati vale anche per i lavoratori autonomi. Senza green pass la retribuzione è sospesa sin dal primo giorno. A quel punto ci sono cinque giorni per mettersi in regola e recuperare la retribuzione. I dipendenti pubblici sono considerati assenti ingiustificati dal primo al quinto giorno e l’aspettativa vale al massimo fino al 31 dicembre. Nel privato invece si va in aspettativa dal primo giorno. Le aziende con meno di 15 dipendenti dopo il quinto giorno possono sospendere il lavoratore per la durata del contratto del sostituto (non oltre 10 giorni). Ma, attenzione: in nessun caso è possibile licenziare. Per quanto riguarda le multe, chi si presenta senza green pass rischia una ammenda da 600 a 1.500 euro, il datore di lavoro da 400 a 1.000. 
 
Il padrone di casa diventa il controllore 
Ma come funziona con i controlli dei lavoratori autonomi che ci vengono a casa per una prestazione duratura od occasionale? Un conto è la colf o la badante, ma se a casa viene l’idraulico? Secondo quanto stabilisce il testo del decreto, spetta al cliente, ossia il padrone di casa, di chiedere al lavoratore autonomo di esibire il green pass. Se non lo fa, in caso di controlli, rischierebbe anche lui la multa così come l’idraulico o l’elettricista. Ma questi sono discorsi di pura teoria. Perché nel caso dei lavoratori autonomi, come è noto, non tutti sono in regola. Stiamo parlando soprattutto di colf, badanti e babysitter. A quel punto, il datore di lavoro, che paga in nero il collaboratore domestico, a che titolo può richiedere il green pass? Stesso discorso anche per idraulici ed elettricisti, che potrebbero richiedere la fattura in caso di richiesta di green pass. Sì, lo sappiamo che è obbligatoria, la fattura. Ma sappiamo pure che di solito se si richiede, il prezzo dell’intervento si raddoppia. 
 
Verso l’obbligo di green pass anche per lo smart working 
Infine, sul fronte dello smart working – che il ministro della Pa Renato Brunetta vuole ridurre a zero per gli statali – resta il problema dei turni a rotazione. Perché se è ovvio che nessuno può controllare il green pass di chi lavora da casa è pur vero che se chi è in lavoro agile poi torna in ufficio deve necessariamente avere la certificazione verde. In tal senso è possibile che il governo obbligherà a fornirsi di green pass anche chi lavora da casa. 
 
 
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Comitato di garanzia M5S, così Grillo piazza la Raggi (presto disoccupata) 
 
Come da copione, Luigi Di Maio, Roberto Fico e Virginia Raggi sono stati eletti membri del Comitato dei garanti del M5S. Il sindaco uscente di Roma è arrivata prima con 22.289 preferenze. In seconda posizione il presidente della Camera con 11.949 voti, seguito dal ministro degli Esteri con 11.748 voti. “Grazie di cuore a tutti, un’altra tappa raggiunta insieme. Avanti con unità e determinazione in questo nuovo corso con Giuseppe Conte. Il M5s c’è”, scrive su Facebook Di Maio. “Un ringraziamento anche ai componenti uscenti del Comitato di garanzia Vito Crimi, Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, che hanno portato avanti il loro incarico con grande impegno”, aggiunge il titolare della Farnesina. Ma il nome che spicca tra i neoeletti è ovviamente quello della Raggi. 
 
Virginia Raggi eletta nel Comitato di garanzia del M5S 
Il sindaco uscente di Roma commenta così l’elezione: “Grazie all’assemblea degli iscritti del Movimento 5 Stelle per avermi votata nel Comitato di garanzia. Sono fiera di svolgere questo ruolo che ricoprirò con impegno e determinazione. Insieme, andiamo.AvantiConCoRAGGIo”. E’ il tweet della Raggi. Appare evidente dunque che per volontà di Beppe Grillo, fondatore e garante del Movimento, la “sindaca” presto disoccupata viene così riciclata nel M5S. Come contentino dopo la ormai certa sconfitta alle Comunali del 3 e 4 ottobre. 
 
Grillo piazza la “sindaca” che al Campidoglio non ci tornerà più 
Prosegue dunque il nuovo corso dei 5 Stelle, sotto la guida (subappaltata da Grillo) di Giuseppe Conte. Quarantuno giorni dopo la proclamazione dell’ex premier a presidente, il M55 elegge il nuovo Comitato di garanzia. Utilizzando la piattaforma telematica Skyvote gli iscritti pentastellati hanno decretato l’elezione dei tre membri che per i prossimi quattro anni (tanto dura il mandato) dovranno sovrintendere “alla corretta applicazione delle disposizioni dello Statuto”. Il nuovo triumvirato sarà chiamato, tra le altre cose, a decidere in ordine alla sussistenza o perdita dei requisiti per l’iscrizione al Movimento, ad esprimere il parere sulla compatibilità con i valori e le politiche del Movimento delle candidature a cariche elettive. Soprattutto, l’organismo avrà la possibilità di deliberare all’unanimità la sfiducia al presidente o al garante. 
A tal proposito è ovvio che i nomi del nuovo Comitato siano stati – come dire – caldamente suggeriti proprio dal garante Grillo. Una mossa anche per contenere Conte, il quale già in passato ha infastidito il comico genovese con la sua pretesa di voler guidare davvero il Movimento. Così come è ovvio che il “successo” della Raggi prima eletta è una medaglietta data da Grillo per chi al Campidoglio non ci tornerà più. 
 
Ora il Comitato dovrà eleggere il presidente 
Sempre il garante aveva segnalato anche i nomi di Tiziana Beghin (3.112 preferenze), Andrea Liberati (3.727) e Carla Ruocco (3.474). Per ogni iscritto certificato abilitato al voto (alla fine hanno hanno partecipato 30.073 aventi diritto) è stata garantita la possibilità di esprimere fino a due preferenze, una per genere. Nella seduta di insediamento l’organismo sarà adesso chiamato a eleggere il presidente del Comitato di Garanzia, il quale poi fisserà l’ordine del giorno dei lavori. Chissà che la Raggi non sarà promossa ulteriormente, d’altronde Di Maio è già stato capo politico del M5S e Fico ricopre tuttora la terza carica dello Stato. 
 
Collegio probiviri, eletto Fraccaro (già ministro e sottosegretario) 
La votazione online è stata indetta anche per la nomina di un membro del Collegio dei probiviri. Anche in questo caso, nessuna sorpresa: è stato eletto Riccardo Fraccaro (già ministro e sottosegretario nei governi Conte e Conte bis) con 21.097 preferenze. L’altra candidata, Grazia Di Bari, si è fermata a 8.976 voti. La votazione per decidere la destinazione delle restituzioni dei portavoce parlamentari del M5S è stata invece rinviata a data da destinarsi “al fine di permettere una corretta e adeguata valutazione dell’ingente numero di proposte pervenute”. 
 
 
 
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Medici sospesi perché non vaccinati, ecco quanti sono e cosa rischiano 
 
I dati della Federazione nazionale degli Ordini dei medici e chirurghi (Fnomceo), che via via riceve dagli Ordini provinciali, ci danno un’idea complessiva sulle sospensioni dei medici che attualmente non si sono ancora vaccinati. 
 
Medici sospesi, i dati di Fnomceo 
Secondo i dati di Fnomceo, infatti, sono 728 i medici attualmente sospesi dagli albi degli Ordini dei medici italiani perché non vaccinati contro Covid-19. Le sospensioni, che in tutto sono state in tutto 936. Di queste, 208 sono quelle revocate dopo i medici segnalati hanno provveduto a mettersi in regola con la vaccinazione, obbligatoria per i sanitari ormai sin da aprile. 
 
“Si vaccineranno entro l’anno “…. 
Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), dichiara: “Il dato dei colleghi che stanno regolarizzando la loro posizione dei confronti della vaccinazione anti-Covid è in aumento, oggi in totale sono 936 le sospensione dei medici da parte degli albi degli Ordini dei medici italiani. La nostra stima è che in totale dovrebbero essere 1.500 i medici ancora non immunizzati, lo 0,3% del totale. Ma da quello che stiamo vedendo nell’ultimo periodo credo che il 30% dei colleghi che non lo ha ancora fatto si vaccinerà entro l’anno”. La Federazione oggi ha avuto notifiche da 55 Ordini su un totale di 106. 
 
“Non buttate via la laurea” 
“Si stanno verificando alcune situazioni che riguardano colleghi che non si sono vaccinati per motivi di salute – prosegue Anelli – Rivolgo un appello invece a chi ha ancora dubbi ma così rischia di non lavorare più, non buttate all’aria una laurea in Medicina soprattutto in un momento di emergenza dove serve il contributo di tutti i medici.”. 
 
Ma la situazione forse è più grave 
Appena una settimana fa, Il Resto del Carlino denunciava come altri 30 dottori a avessero ricevuto il provvedimento di sospensione dalla professione nella sola Rimini. “Ma la lista è destinata ad allungarsi ancora”,  avrebbe detto Maurizio Grossi, il presidente dell’ordine dei medici di Rimini.  E come non ricordare di quando appena quindici giorni fa Eugenio Giani, governatore della Toscana, annunciava trionfalmente: “Niente scuse per chi non si vaccina, stanno partendo le lettere di sospensione per 4.500 medici“. “Chi non intende vaccinarsi non può prendersi cura degli altri”, afferma l’esponente del Pd. 
 
Giani dichiara guerra ai “no vax”: “Stiano a casa” 
Il presidente della Regione Toscana ha approvato le lettere di sospensione per il personale sanitario no vax. Ha anche sottolineato che lotterà “fino alla fine con coloro che non si vogliono fare il vaccino”. Ai microfoni di Sky Tg24 Giani ha dichiarato: “Chi si è vaccinato e ha dimostrato la sua attenzione per la comunità, è giusto che con il green pass possa andare ovunque. Chi non si è vaccinato non può vivere le condizioni del vaccinato. E quindi stia a casa. A loro dico che devono avere una grande crisi di coscienza. Perché significa che prevale la loro dimensione egoistica. E la comunità – ha concluso il governatore toscano – verso chi fa prevalere la dimensione egoistica gli fa presente che è libero di farlo, ma è bene che stia a casa”. 
 
 
 
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“Togliere alcol al vino? Idea Ue assurda”: parla il produttore Mazzei 
 
Il sole dei tramonti siciliani accarezza le colline ricoperte di vigneti i cui preziosi frutti già raccolti nel caldissimo agosto 2021 sono già stati pigiati, e la millenaria tradizione della trasformazione in vino si è rinnovata. Guanti, forbici e secchi hanno lasciato il posto alle botti e nelle cantine c’è una febbrile attività che ha il profumo di quasi 600 anni di storia tra viti, grappoli e acini. La storia della famiglia Mazzei con cui entriamo in contatto grazie a Filippo Mazzei. 
Proprietario della Zisola – una delle oltre venti cantine presenti nel vasto territorio netino, il 4° comune italiano per estensione -, di Castello di Fonterutoli (Si) e di Belguardo (Gr) insieme con altri componenti della famiglia (Francesco – anch’egli amministratore delegato – Agnese, Giovanni e Lapo) dal 1435 fanno vino e certo non è la prima volta che s’incontrano e si scontrano con direttive più o meno comprensibili, con incongruenze e forzature da una burocrazia che sta, però, diventando sempre più invasiva, quando non addirittura ingannevole. 
 
L’Ue tutela davvero i nostri prodotti? 
E la prima gabbia è proprio quella Unione Europea che dovrebbe promuovere, tutelare e supportare i prodotti e non essere invece teatro di scontri “sanguinari” tra Paesi del nord e del sud, quando non tra est e ovest. Un esempio fresco fresco di giornata, esattamente del 14 settembre, è il sì dell’Ue al Prosek croato non tutelando, con evidente dolo, il Prosecco Doc e Docg italiano. Poiché appare chiaro, anche a un bambino, che il nome può trarre in inganno il consumatore. 
Ricordate il parmesao, la zottarella, gli spagheroni? Di recente anche il Cile è stato protagonista di un nuovo attacco al Made in Italy con dei nomi farlocchi e con i bollini neri su alcuni prodotti italiani per sconsigliarne l’uso.  
 
E l’Unione europea?  
In silenzio e impotente dinnanzi al diktat, in questo caso delle lobby americane. Matrigna più che madre questa Europa, la cui unica unione è quella delle stelle sulla bandiera, solo formalmente uguali nella forma e nel colore. Proprio ieri è iniziato a Firenze il G20 dell’Agricoltura, presenti le più grandi economie mondiali, in cui evoluzione e innovazione sono i temi centrali. E state certi che nemmeno i padroni di casa accenderanno i fari sui problemi reali del settore, nonostante siano annunciate proteste dei giovani contadini della Coldiretti provenienti da tutto lo Stivale. 
 
Il problema dell’alcolismo 
Ricordiamo infatti che le direttive europee condurranno all’applicazione del famigerato nutri-score (sistema di etichettatura dei prodotti alimentari, sviluppato in Francia, che con l’utilizzo dei colori ne identificherà i valori nutrizionali) entro il 2022. L’obiettivo, secondo l’Ue, è quello di combattere – informando – l’alimentazione potenzialmente in grado di sviluppare malattie, da quelle cardiovascolari a quelle legate alle forme tumorali tra le maggiori cause di mortalità al mondo. Nessun riferimento, nessuna lotta e nessuna levata di scudi contro il tabagismo che è proprio alla base sia di malattie legate all’una e all’altra forma, come mai? Nel contempo si corre veloce sul problema alcolismo (solo da vino, n.d.r.) e lo Europe’s Beating Cancer Plan, documento approvato dalla Commissione Europea, chiama proprio in causa l’abuso di vino. E contro questo la proposta avanzata da qualche “genio incompreso” è quella di aggiungere l’acqua. 
 
Mazzei: “L’alcolismo è un problema, ma così l’Ue rischia di danneggiarci” 
“L’alcolismo è un problema, e la delocalizzazione che propone Bruxelles tecnicamente comporta procedure possibili ma ampie”, ci spiega il presidente Filippo Mazzei, raggiunto nella sua cantina siciliana Zisola a Noto. “Per eliminare un problema si rischia di aprire una voragine di ‘sofisticazione’, sebbene richiesta e oseremo dire legale, e a livello europeo significa un giochino che riguarda 12 milioni di ettolitri. Cospicue sono state le somme investite proprio dall’Europa, meno di vent’anni fa, per diminuire la produzione e il commercio del vino a basso prezzo e oggi vorrebbe ricreare quelle situazioni?”. 
Oltretutto fuori dal benché minimo controllo, e poi perché non si parla minimamente degli altri prodotti alcolici? L’alcolismo è solo provocato dal vino? “Io non ho toccato la questione – ammette candidamente Mazzei -, lei mi chiede come mai? Perché nei Paesi nordici si fa molto uso di alcolici“. 
 
“Aggiunta dell’acqua? Ma per favore” 
E’ una battaglia politica? “Secondo me è una battaglia di burocrazia, una questione artatamente posta per far lavorare qualcuno. E confermo, quella dell’aggiunta dell’acqua è una pratica potenzialmente fuori controllo. Se l’Unione Europea vuole combattere l’alcolismo non può farlo togliendo gradi perché l’alcol è solo uno dei componenti del vino, importante ma non è l’unica caratteristica e non è bevendo uno con più o meno gradi che conduce all’alcolismo o eventualmente a stare male. Questo è il misunderstanding di base a tutta la questione”. Per inciso va ricordato che l’Italia è il maggior produttore di vino e il maggior esportatore in volume al mondo, e questa è una nuova picconata al Made in Italy. Tutto chiaro? 
 
 
 
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“Pfizer e Moderna incassano miliardi e pagano tasse ridicole”: la denuncia di Emergency 
 
Pfizer, Moderna e BioNTech si sono arricchiti enormemente grazie alle vendite dei vaccini Covid ma avrebbero versato delle imposte irrisorie sui miliardi e miliardi di profitti incassati: è la denuncia di Oxfam ed Emergency che in un comunicato stampa riportano le cifre a nove zeri degli incassi. 
 
Gli enormi profitti di Pfizer e Moderna 
I numeri sono da capogiro: si parla di 26 miliardi di dollari nel primo semestre 2021, circa 22 miliardi di euro con margini di profitto superiori al 69% nel caso di Moderna e BioNTech, mentre resta non verificabile quello di Pfizer. «I ricavi sono da capogiro — scrive Emergency — grazie alla vendita di oltre il 90% delle dosi prodotte al miglior offerente tra i Paesi ricchi e rincari del prezzo per dose, fino a 24 volte il costo stimato di produzione», mentre nei più poveri «è stato vaccinato solo l’1,4% della popolazione». 
 
Giganti assetati di utili 
L’appello, lanciato prima dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e del summit virtuale sul Covid, accusa frontalmente le tre case farmaceutiche. «Invece di collaborare con governi e altri produttori qualificati per assicurare una disponibilità di dosi sufficiente a soddisfare la domanda mondiale, i giganti come Pfizer, Moderna e BioNTech appaiono più preoccupati a massimizzare i propri utili», si legge. «Esercitando un potere monopolistico, non condividendo tecnologie e know-how e applicando cospicui sovrapprezzi, si stima che i tre colossi del farmaco si vedranno corrispondere nel 2021 41 miliardi di dollari in più, rispetto al costo stimato di produzione dei propri vaccini. Senza un deciso e immediato intervento dei governi a favore della sospensione dei brevetti, rischiamo perciò di assistere ad un ulteriore rialzo dei prezzi, applicato anche per la vendita delle terze dosi ai paesi ricchi». 
Il modello di business messo in pratica dai colossi farmaceutici è oltremodo redditizio e favorisce «azionisti e top manager che vengono remunerati generosamente». Chi invece viene penalizzato «sono i Paesi in via di sviluppo che stanno affrontando un nuovo picco di contagi e decessi, senza vaccini, cure e trattamenti», hanno concluso Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia e Rossella Miccio, presidente di Emergency. 
 
Chi paga le tasse? 
Nello stesso periodo in cui Pfizer e Moderna incassavano miliardi, le aliquote d’imposta effettive sugli utili delle due aziende si attestavano «ad appena il 7% e il 15%». Imposte queste definite «basse» e «sintomatiche di un sistema fiscale distorto ed iniquo, che consente a corporation con ricavi miliardari di pagare, in proporzione, molto meno di quanto versano al fisco famiglie, che hanno il lavoro come unica fonte di reddito». 
Inoltre, sulla base dei dati nei rendiconti trimestrali del 2021, la People’s Vaccine Alliance stima che Moderna abbia ricavato, nel primo semestre 2021, oltre 6 miliardi di dollari solo dalla vendita del vaccino anti Covid, con profitti per 4,3 miliardi. Moderna stima inoltre di realizzare vendite del vaccino per 20 miliardi di dollari nell’arco dell’intero 2021, pagando solo 322 milioni di dollari di imposte (circa 270 milioni di euro, con l’aliquota fiscale globale del 7%).  
 
Allo stesso modo Pfizer stima di arrivare a 33,5 miliardi di dollari in vendite totali entro la fine del 2021 (quasi 30 miliardi di euro), pagando solo il 15% di imposte (450 milioni di dollari circa). 
 
 
 
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Dante artefice della sintesi nazionale. E oggi di nuovo condannato all’esilio 
 
Esattamente 700 anni fa moriva Dante Alighieri.  
 
La fortuna di Dante in Italia ai giorni nostri molto dipende dall’aver avuto un bravo professore di Liceo. Dante nei programmi scolastici è “sovraesposto” …e giustamente. A quelli che avanzano obiezioni anche razionali al numero di ore dedicate alla Divina Commedia la risposta è cinica, ma efficace: chissà quali schifezze ideologiche sostituirebbero la “Divina” qualora si attuasse una riforma dei programmi. Certo, l’amore per questo Testo Sacro della civiltà italiana molto dipende dal bravo professore di Liceo che ne riaccenda la fiamma, che faccia brillare davanti all’immaginazione dei ragazzi tutto il microcosmo di valori, di personaggi, di eroi e di “villain” che popola la “necropoli” dantesca. 
 
La “vision dell’Alighieri” 
La fortuna, fu quella di avere un professore con un nome da predestinato: il professor Toscano, che – mille volte più brillante di Benigni – era capace di fare variazioni goliardiche e boccaccesche sul testo, per poi tornare seriamente ad esporre gli archetipi dell’universo dantesco. 
Dante va trasmesso: da professore ad alunno, nei casi più fortunati di padre in figlio. Mi raccontò Giuseppe Sermonti, il grande genetista, fratello di Rutilio e del dantista Vittorio, che il padre radunava la cucciolata di figli per spiegare loro i canti della Commedia. Erano gli anni in cui la canzone nazional-popolare intonata anche da Beniamino Gigli parlava della “vision dell’Alighieri” in rima con “la virtù dei tuoi pionieri” e il poeta Ezra Pound proprio dall’universo dantesco traeva ispirazione per la sua battaglia in nome di una economia ricondotta alla misura d’uomo. 
 
Dante, ovvero le due parti della nostra civiltà 
Erano anche gli anni in cui Arturo Reghini e Julius Evola intrecciavano le loro visioni politiche con i versi di Dante. Reghini si poneva in scia con gli “apostoli” del Risorgimento che avevano cercato di sollevare il velo dell’allegoria dantesca: il primo fu Gabriele Rossetti, poi si cimenterà il Pascoli. Ma Reghini oggettivamente esagerava, immaginando un Dante pagano dietro la finzione devozionale. In realtà Dante era pagano-e-cristiano: che la struttura morale del suo mondo fosse ancorata alle tre virtù teologali della fede cristiana è evidente, ma ciò che rende Dante fondamentale per l’identità italiana è la sua capacità magistrale di ricomporre le due parti della nostra civiltà: il lato cristiano-medievale e quello classico-antico. Il passaggio di testimone da Virgilio a Beatrice è significativo appunto per questo. La ricomposizione avverrà, in forme diverse, più naturalistiche, in un altro momento culminante della nostra storia: il Rinascimento. 
 
In tal senso Dante è nello stesso tempo uomo della tradizione (e per questo aspetto hanno ragione Guénon e De Giorgio) e uomo del futuro. La sua opera è edificatoria, aurorale: riconcilia il passato degli Italia, attua una straordinaria “pacificazione nazionale” e crea con ciò le fondamenta della Tradizione italiana. Pone le basi di una lingua destinata a tenere insieme una nazione che non aveva ordinamento unitario. E il fatto che alla corte di Napoli come nelle aule di Venezia la lingua ufficiale fosse l’Italiano dovrebbe far riflettere coloro che negano – come si negherebbe la luce del Sole – la forza dell’identità italiana. L’Italia costituisce un caso singolare tra le grandi nazioni europee con la sua lingua unitaria non imposta dalla cavalleria di una monarchia feudale o dalla fanteria di una monarchia nazionale moderna. E questo lo si deve a Dante e alla riflessione dei letterati sull’opera di Dante. 
 
L’opera amata dai patrioti 
Dante è importante anche per la sua tensione con la cattolicità “istituzionale”: colui che da Foscolo con poetica forzatura fu definito “ghibellin fuggiasco” era un caso – non insolito – di cristiano anti-clericale. La sua opera politica, il De Monarchia, era un lungo commento al motto evangelico: “Date a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio”. L’autonomia del politico rispetto alla casta che si proclamava detentrice del Sacro dà a Dante l’ardire di mandare letteralmente all’inferno il Papa vigente e di immaginare Roma come rinnovata sede imperiale dell’Occidente in virtù della continuità con Roma antica. Non a caso il De Monarchia fu nell’Index Librorum Prohibitorum fino a tempi recentissimi e non a caso l’opera dantesca fu amata così tanto dai patrioti che nell’Ottocento lottarono per cacciare gli Austriaci e per liberare Roma dalla ingombrante presenza di un potere teocratico. 
 
Una sovrana libertà 
Cosa ha da dire Dante a coloro che nel nostro tempo riannodano i fili dell’identità italiana? Dante è miniera inesauribile. Rudolf Steiner notava come già le tre fiere dell’anti-inferno: la lince, il leone, la lupa rappresentano un trattato sull’anima umana e sui lati oscuri delle tre facoltà interiori: il pensare, il sentire e il volere/desiderare. Per cui la domanda così posta potrebbe suscitare risposte molteplici, ma in questi anni di cupo conformismo “politicamente corretto” viene innanzitutto in mente che Dante, col suo divino caratteraccio, potrebbe insegnare ai giovani, agli uomini liberi di domani, la sovrana libertà di mandare all’inferno tutti gli idoli di cartapesta del nostro tempo: dalla “cancel culture” alla invenzione di fantomatici generi, dalle polemiche sulle “appropriazioni culturali” alle “lotte intersezionali”. Da una vasta folla di mediocri oggi Dante viene condannato idealmente all’esilio. Egli è un proscritto. Uno di noi. 
 
 
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Ocasio-Cortez ai Met Gala, sagra dell’ipocrisia: “Tassare i ricchi” mentre posa coi milionari 
 
Alexandria Ocasio-Cortez, la cocca dei liberal americani, si presenta al Met Gala dopo aver pagato 30mila dollari per l’ingresso. Si mette in posa con i milionari del jet set, e chiede di “tassare i ricchi”. Probabilmente non comprendendo che i ricchi sono (anche) i suoi amici di bagordi. 
 
Ocasio-Cortez, la cocca dei dem europei 
Sorprende sempre come in Italia ci si esalti per personaggi come la Ocasio-Cortez quando ne 2021 noi stiamo ancora qui impelagati in lotte intestine sugli orologi dei candidati di Calenda. Negli Usa sono molto più avanti: la Ocasio-Cortez ha partecipato al lussuoso e stravagante Met Gala di New York. Un biglietto per accedere costa dai 30mila dollari in poi, e dove – indovinate un po’? – Trump non può accedere. Ha il veto di Anna Wintour, tirannica direttrice di Vogue, organizzatrice della kermesse. 
 
“Tassare i ricchi”, dopo aver pagato 25mila dollari 
La Ocasio-Cortez, senza pensare per un secondo che ciò potesse precipitarla in un pozzo di ipocrisia si è presentata indossando un abito “politico”. Un lungo abito bianco, scollato, sul quale campeggiava una scritta: “Tax the rich”, tassare i ricchi. In un’intervista sul red carpet la Ocasio-Cortez ha detto ciò che lei e la sua stilista, Aurora James, hanno pensato prima di perfezionare l’abito: pare si siano chieste “cosa significasse essere donne di colore della classe operaia al Met”. “Ci siamo dette: non possiamo semplicemente stare al gioco, ma dobbiamo rompere il muro e sfidare alcune delle istituzioni”, ha insistito la bella dem. 
 
Ma i ricchi sono amici suoi 
La starlette dei liberal ha pubblicato una foto dell’abito scrivendo: “Orgogliosa di lavorare con Aurora James, come stilista immigrata di colore focalizzata sulla sostenibilità, passata dall’iniziare il suo sogno a @brothervellies in un mercatino delle pulci a Brooklyn alla vittoria del @cfda contro ogni previsione. Ora è tempo per l’assistenza all’infanzia, l’assistenza sanitaria e l’azione per il clima per tutti. Tassa i ricchi“. In uno degli eventi più esclusivi ed elitari del globo? Il solo ingresso, appunto, costa cifre esorbitanti. Si condivide il red carpet con ogni sorta di star, dalle più “worke” alle più vuote dell’universo. Vale davvero la pena di spendere tutti quei soldi, di bere e mangiare coi ricchi, per volerli poi .. tassare? C’era uno sketch di Guzzanti in cui impersonava Vulvia. Diceva: “Corre come una lucertola; si arrampica come una lucertola; si comporta come una lucertola. Chi è? È la lucertola!”. E’ un po’ come questa situazione paradossale: “Si mostra come un ricco, spende come un ricco? E’ un ricco!”, ed è la Ocasio-Cortez.  
 
E non c’è niente di male, ma la sua ipocrisia è lampante. 
 
 
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Grazie per aver letto 
 
17 Settembre  2021