Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie.. 
Vediamo un po' ... 
di Ninni Raimondi
 
Si è giunti, a mio parere, ad una sovrastima dei fatti che accadono nel quotidiano. 
Come in preda ad una smania di informazione, soprattutto se aderente alle proprie inclinazione. 
Forse prestare un po' più di attenzione a quello che ci circonda e avere una visione più ampia, del posto in cui si vive, può  far bene anche alla nostra qualità della vita. 
E allora vediamo, ad ampio respiro, di cosa stiamo parlando. 
Grazie 
 
----------------------------------------- 
 
 
 
      
 
Calenda non ha dubbi: Cartabia profilo perfetto per il Quirinale 
Secondo Carlo Calenda i partiti devono prendere una posizione chiara su Mario Draghi. E ritiene Marta Cartabia il profilo giusto per andare al Quirinale 
Per evitare possibili effetti negativi «si deve sciogliere il nodo su quel che farà Draghi: se sarà il prossimo Presidente della Repubblica o se continuerà a fare il premier». Carlo Calenda, leader di Azione lo ha detto a Omnibus su La7. Se Draghi salirà al Colle, ha aggiunto, «torneremmo immediatamente a quel che abbiamo visto prima di lui: due fazioni in lotta». 
 
Tutti i leader politici della maggioranza, ha poi proposto, dovrebbero chiedere a Draghi di restare a Palazzo Chigi e proporre un patto di legislatura «sulle cose che vanno fatte» fino al 2023 «per evitare fibrillazioni».  
Solo Draghi, ha concluso, «ha l’autorità di tenere un governo di questo tipo», mentre «Enrico Letta, l’unico che non si è espresso» sulla permanenza di Mario Draghi a Palazzo Chigi, «la smetta con la melina e prenda una posizione».  
 
Infine, per Carlo Calenda, il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, «ha il profilo perfetto» per essere eletta Presidente della Repubblica. «La voterebbero tutti». 
 
 
 
------------------------------------------ 
 
 
 
       
 
Il j’accuse di Di Matteo: «Magistratura collaterale con la politica» 
Il consigliere del Csm, Nino Di Matteo, da Palermo lancia pesanti accuse alla magistratura e alla politica. «Alcuni processi ostacolati da un sistema malato» 
«Troppi in magistratura vogliono minimizzare e far finta che sanzionati Palamara e pochi altri il problema sia risolto. E invece non si può far finta di nulla o ritenere la vicenda nata dal caso Palamara come il frutto di poche mele marce. Quel che è accaduto all’hotel Champagne è l’epilogo determinato dal carrierismo esasperato, dal correntismo e dal collateralismo con la politica che affligge certa magistratura». Lo ha detto il consigliere del Csm Nino Di Matteo intervenendo alla presentazione del suo libro “I nemici della giustizia” in corso a Palermo. «Sui media inoltre – ha aggiunto – è passata un un teorema secondo il quale i vizi che hanno afflitto la magistratura si riverberano in tutti i processi agli aspetti criminali del potere». 
 
«Cioè – ha spiegato – certi episodi hanno determinato la convinzione che tutto quel che la magistratura ha fatto quando ha processato le azioni criminali di certa classe dirigente sia viziato. Molti di quei processi fatti dalla parte libera della magistratura – ha concluso Di Matteo – sono stati ostacolati dal sistema malato di cui fanno parte anche quote della magistratura e del Csm». 
 
Di Matteo e la politica 
«Negli ultimi anni la politica ha fatto molti passi indietro delegando completamente alla magistratura il controllo di legalità sull’esercizio del potere. L’esempio politico a cui guardare, invece, è Pio La Torre che nella sua relazione di minoranza alla Commissione Antimafia, insieme alla sua parte politica che ora attende le sentenze definitive prima di prendere posizione, scriveva i nomi dei politici collusi o in affari con la mafia prima ancora che quei nomi finissero nei rapporti di polizia. Al di là delle parole – ha aggiunto l’ex pm – nessuno dei governi che si sono succeduti ha messo la lotta alla mafia in cima alla sua agenda politica». 
 
Di Matteo critica la nuova riforma della Giustizia 
«Nella prima stesura della riforma Cartabia non c’era alcuna eccezione, nella parte relativa alle improcedibilità, per i processi di mafia. Se fosse passata quella versione della legge molti processi alle cosche sarebbero finiti nel nulla con buona pace dei parenti delle vittime e della giustizia. C’è stato bisogno che si alzassero e protestassero alcuni magistrati antimafia dire quali conseguenze ci sarebbero state per far cambiare il testo» ha detto Nino Di Matteo. «Ma un ministro della Giustizia – ha aggiunto – ha ancora bisogno che si espongano certi magistrati per capire che la lotta alla mafia è una cosa seria che non consente distrazioni, ammesso che di distrazioni si tratti?». Infine, secondo Di Matteo la riforma Cartabia contiene aspetti «inquietanti e preoccupanti». 
 
 
------------------------------------------- 
 
 
 
      
 
La procura di Taranto nel “mirino” della Camera: due le interrogazioni 
Giachetti e Colucci segnalano alla ministra Cartabia situazioni anomale nella gestione delle indagini e nella mancata nomina del nuovo procuratore dopo l’arresto di Capristo 
 
Che cosa succede alla Procura di Taranto? La domanda sorge dal fatto che nel giro di pochi mesi sono state presentate due interrogazioni parlamentari indirizzate alla ministra della Giustizia Marta Cartabia per far luce su alcune circostanze. La prima è a firma dell’onorevole Roberto Giachetti di Italia Viva ed è stata presentata lo scorso 24 settembre. Con essa si chiede di «avviare un’azione ispettiva presso la procura della Repubblica di Taranto». La vicenda riguarda i presunti appalti pilotati per i grandi lavori sulle navi della Marina Militare nell’Arsenale di Taranto. Le indagini preliminari si sono concluse lo scorso ottobre: la Guardia di Finanza ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini a 18 persone tra militari, imprenditori e dipendenti civili dello stabilimento militare. In sintesi, secondo il procuratore aggiunto Maurizio Carbone, alcune imprese avrebbero dato vita ad un cartello per pilotare l’assegnazione a loro favore degli appalti gestiti dall’Arsenale e dalla Stazione Navale di Taranto. 
 
Nell’inchiesta era finito anche l’ammiraglio Matteo Bisceglia a causa di una telefonata in cui avrebbe fatto pressioni per favorire una ditta in un subappalto delle Forze Armate. Secondo una informativa della GdF Bisceglia disponeva del cosiddetto «potere coercitivo» sulle imprese, che non potevano dirgli di no. La sua posizione è stata poi però archiviata. Ma veniamo all’oggetto dell’atto di sindacato ispettivo promosso da Giachetti: nel 2015 la procura di Roma indaga su alcune aziende di Taranto e La Spezia per presunte irregolarità nelle gare di appalto svoltesi presso gli arsenali militari marittimi di Taranto, La Spezia ed Augusta. 
 
Alla procura di Taranto, a febbraio 2016 viene formalizzata denuncia contro le medesime aziende avente identico oggetto di quella pendente a Roma. Viene aperto analogo fascicolo, delegando accertamenti alla GdF a giugno 2016. Ma qui inizierebbero le criticità: «Tale delega resterà inevasa per un anno e tre mesi», infatti, si legge nell’interrogazione, «solo con informativa del 20 settembre 2017 la Gdf comunicava alla procura di avere provveduto ad identificare i responsabili dei fatti oggetto di denuncia, ma di voler proseguire le indagini nell’ambito di un nuovo fascicolo iscritto a carico di ignoti; la procura di Taranto avrebbe avallato tale irrituale procedura; conseguentemente la Gdf sarebbe passata dal fascicolo correttamente aperto a carico di persone ed aziende note ad un altro fascicolo a carico di ignoti; tale situazione, ad avviso dell’interrogante irregolare, si protraeva sino al gennaio 2018, allorché il nuovo fascicolo a carico di ignoti subiva ulteriore trasformazione in fascicolo a carico di noti». Mentre «solo il 25 gennaio 2021 la procura di Taranto emetteva richiesta di rinvio a giudizio a carico dei titolari delle aziende» inizialmente individuate. 
 
Quindi, in sintesi, la richiesta di Giachetti deriva da quanto segue: «La procura di Taranto era in possesso dell’intero materiale già nel febbraio 2016, ma attraverso l’apertura di nuovi fascicoli di indagine a carico di ignoti, ad avviso dell’interrogante si sarebbe per un verso violato l’obbligo di iscrizione immediata del nominativo degli indagati nel registro ex articolo n. 335 del codice di procedura penale e, per altro verso, non sarebbero stati sostanzialmente rispettati i termini di durata massima delle indagini previsti dal codice, sottoponendo, di fatto, i medesimi soggetti ad indagini che si sono protratte dal 2016 al 2021, per ben 5 anni». Abbiamo raccolto anche il parere del Procuratore Carbone: «L’interrogazione fa riferimento ad alcune questioni processuali circa la presunta inutilizzabilità degli atti di indagine del procedimento penale inerente la gestione degli appalti nell’Arsenale Marina militare di Taranto. Le relative eccezioni sollevate in tal senso dai difensori di alcuni degli imputati sono state tutte rigettate dal Gup del Tribunale di Taranto, con ordinanza emessa in data 27 maggio 2021». 
 
Il secondo atto di sindacato ispettivo, depositato ieri, è stato presentato dall’onorevole Alessandro Colucci, di Noi con l’Italia: «La procura della Repubblica di Taranto – leggiamo – è priva del procuratore capo da oltre un anno e mezzo, ovvero dall’arresto dell’ex procuratore Capristo per tentata concussione. Gli uffici giudiziari di Taranto hanno urgente necessità di una nuova dirigenza, ma l’iter amministrativo di nomina si è inspiegabilmente bloccato; questo ritardo appare ingiustificato e soprattutto in contrasto con quanto più volte rappresentato dal ministero della Giustizia in relazione alla necessità ed urgenza della nomina di un nuovo procuratore a Taranto, in netta discontinuità con il recente passato (v. Bollettino ufficiale, ministero della Giustizia, n. 20/2020)». 
Ad aprile di quest’anno infatti la V° Commissione incarichi direttivi del Csm, con cinque voti su sei, aveva proposto per questa posizione la nomina di Eugenia Pontassuglia. L’ufficializzazione sarebbe dovuta arrivare nel plenum di Palazzo dei Marescialli il 15 settembre, ma non è stato così: «Situazione anomala», commenta una nostra fonte del Csm in riferimento al tempo trascorso tra la decisione della Commissione e la mancata ratifica. 
 
 
-------------------------------------------- 
 
 
 
     
 
Ergastolo ostativo, così i partiti sfidano la Corte costituzionale 
Summit tra Pd, M5S e Leu per concordare la linea dura sulla legge che dovrebbe attuare l'ordinanza della Consulta, «sbagliata per colpa della Cedu» 
C’è un clima strano, attorno alla legge sull’ergastolo ostativo. Segnato da una implicita tentazione di “correggere” la Corte costituzionale, che a maggio ha bollato come illegittima la preclusione assoluta della liberazione condizionale per i mafiosi (e per i terroristi) condannati al “fine pena mai” e non disponibili alla “collaborazione”. C’è una ostilità latente, innanzitutto nella “vecchia” alleanza giallorossa, all’idea di una legge che applichi fino in fondo il dettato della Consulta. 
 
Ergastolo ostativo, come si muove la politica 
L’eco politica mainstream di tale orientamento è per esempio nelle parole pronunciate martedì scorso da Enrico Letta alla “agorà” voluta dai dem con M5S e Leu, oltre che con magistrati e giuristi, proprio sull’ergastolo ostativo: «L’occasione del Recovery va colta, ma la cosa peggiore è farlo senza avere alta l’asticella verso l’aggressione mafiosa». Il titolo dell’incontro, organizzato dal Pd senza “pubblico”, è in realtà correttissimo: “Combattere le mafie difendendo la Costituzione”. 
 
La legge in materia di ergastolo ostativo in discussione alla Camera è dettata da un’ordinanza della Corte costituzionale: la numero 97 dello scorso 11 maggio. In quella occasione il giudice delle leggi ha chiarito che dalla mancata collaborazione con la giustizia non si può far discendere una presunzione assoluta di mancato ravvedimento, e di persistente pericolosità, a carico del boss (o del terrorista) detenuto in regime di 4 bis, cioè di ostatività, rispetto alla concessione dei benefici. 
 
Perché è illegittimo l’articolo 4 bis 
Ecco: la Corte ha definito illegittimo l’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario nella parte in cui esclude sempre e comunque dalla liberazione condizionale chi non collabora con i magistrati. È stata chiara, ha ricordato che in gioco ci sono l’articolo 27 della Costituzione (ossia l’umanità e il fine rieducativo della pena) e il principio di ragionevolezza riconducibile all’articolo 3. Ha chiesto al Parlamento non di aggirare la Carta, ma di specificare le misure necessarie a tutelare, con quei principi, anche la sicurezza collettiva. Semplice. Eppure, la legge che è all’esame della commissione Giustizia di Montecitorio annovera vari passaggi in cui si cerca di snaturare la decisione della Consulta. E proprio all’agorà dell’altro giorno, l’intervento di Pietro Grasso ha confermato l’impressione di una “sfida latente” che, col testo adottato alla Camera, si pensa di lanciare al giudice delle leggi. 
 
L’ex presidente del Senato, attuale esponente di Leu a Palazzo Madama, non critica frontalmente l’ordinanza della Corte costituzionale. Però sostiene che la precedente pronuncia della Cedu in materia, sempre “demolitoria” rispetto alla preclusione assoluta dei benefici per gli ergastolani che non collaborano, è in sostanza un errore: la Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo Grasso, «ha sottovalutato la peculiarità delle organizzazioni mafiose». Giudizio legittimo, anche se poco coerente con i principi di umanità della pena che sono contenuti anche nella Convenzione europea. Ma Grasso ha detto anche un’altra cosa: «La Corte costituzionale», la Corte italiana, «dovendosi muovere nel solco tracciato dalla Cedu, ha lasciato al Parlamento il tempo per intervenire». 
 
Ergast0lo ostativo, cosa aveva scritto la Consulta 
Sembra un modo per dire che anche il giudice delle leggi italiano ha prodotto una pronuncia sbagliata, ma che ha almeno l’attenuante di esservi stato costretto, perché non poteva discostarsi, appunto, dall’organismo sovranazionale. In realtà la Consulta è stata netta nel dire, con l’ordinanza di maggio ma già con una precedente sentenza sui permessi premio, che considerare assoluta la presunzione di persistenza dei legami tra il detenuto e la mafia in virtù della mancata collaborazione contraddice il principio di ragionevolezza, oltre che il fine rieducativo della pena sancito all’articolo 27. Leggere l’ordinanza 97 come se fosse il prodotto di un’imposizione della Cedu è un modo per sfidare quasi le ragioni di diritto alla base del decisione. 
 
In generale il clima sulla legge, in Parlamento, sembra proprio alludere alla necessità di correggere la Corte costituzionale. Il testo base adottato lo scorso 17 novembre dalla commissione Giustizia è un po’ meno estremo della proposta iniziale presentata dal Movimento 5 Stelle, ma è comunque irrigidito da previsioni ai limite dell’irragionevole. Su tutte, l’idea per cui l’ergastolano ostativo che non scelga di collaborare e aspiri alla liberazione condizionale debba fornire elementi tali da dare al giudice la «certezza» dell’assenza di legami, presenti e futuri, con l’organizzazione criminale. In pratica il magistrato di sorveglianza, secondo il testo adottato alla Camera, avrebbe modo di concedere il beneficio solo di fronte a elementi in realtà impossibili da acquisire. Una sorta di trappola giuridica che porterebbe alla disapplicazione dell’ordinanza di maggio. 
 
Ergastolo ostativo, se ne riparla il 7 dicembre 
Il testo è stato messo a punto da Mario Perantoni, deputato 5 Stelle e presidente della commissione Giustizia. Perantoni ha preso parte all’agorà del Pd sull’ergastolo ostativo, e ha detto una cosa aderente al vero: sulla sua proposta c’è stato «il consenso di tutti». Certo, si tratta dell’articolato di partenza, ma spesso le trattative sul testo base più serrate: e invece, il comitato ristretto individuato nella commissione ha visto convergere il Pd come Forza Italia. Dagli azzurri, e da pochi altri partiti, per esempio Italia viva, viene ribadita l’intenzione di proporre emendamenti migliorativi del testo. Il termine è vicino, è fissato al 7 dicembre. Ma l’impressione è che gli snodi cruciali dell’articolato non verranno più toccati. Chi ci provasse, rischierebbe di passare per colluso. 
 
Ci sono altri aspetti discutibili. Fra gli altri, il superamento di un principio che finora aveva lasciato aperto uno spiraglio per gli ergastolani: quello relativo alle “collaborazioni inesigibili”, cioè ai casi in cui, per esempio, il detenuto non rivela alcunché alla magistratura semplicemente perché la cosca non esiste più da decenni. Ma colpisce anche l’assimilazione, al “fine pena mai”, delle condanne a termine: non potrebbe accedere alla liberazione condizionale, per esempio, l’ex calciatore Fabrizio Miccoli, come spiegato ieri sul Dubbio da Simona Giannetti. Sullo sfondo c’è anche il tentativo di reintrodurre l’esonero dei giudici di sorveglianza territoriali, inizialmente proposto dai 5S: il Movimento depositerà certamente un emendamento sul punto, a maggior ragione dopo le sollecitazioni arrivate dal consigliere Csm Nino Di Matteo. Verrebbe tradito il principio della prossimità del giudice rispetto al luogo di detenzione. Un altro stravolgimento che confermerebbe la logica di sfida alla pronuncia costituzionale.  
 
Stavolta, le posizioni garantiste sono ridotte al limite dell’afasia. 
 
 
 
------------------------------------------- 
 
 
 
     
 
Obbligo vaccinale, il Consiglio di Stato boccia il ricorso di un medico 
Il Consiglio di Stato si è pronunciato sul ricorso proposto da un medico sospeso perché non vaccinato. «Prevale il diritto fondamentale alla salute» 
 
Il Consiglio di Stato ha bocciato il ricorso di un medico contro la sospensione comminatagli dall’ordine dei medici per via della mancata vaccinazione, confermando il precedente responso del Tar dell’Abruzzo. «La prevalenza del diritto fondamentale alla salute della collettività – si legge nel dispositivo – rispetto a dubbi individuali o di gruppi di cittadini sulla base di ragioni mai scientificamente provate, assume una connotazione ancor più peculiare e dirimente allorché il rifiuto di vaccinazione sia opposto da chi, come il personale sanitario, sia – per legge e ancor prima per il cosiddetto “giuramento di Ippocrate”– tenuto in ogni modo ad adoperarsi per curare i malati, e giammai per creare o aggravare il pericolo di contagio del paziente con cui nell’esercizio della attività professionale entri in diretto contatto». 
 
Il Consiglio di Stato “promuove” la vaccinazione di massa 
Del resto, aggiunge il Consiglio di Stato, «soltanto la massiva vaccinazione anche ed anzitutto di coloro che entrano per servizio ordinariamente in contatto con altri cittadini, specie in situazione di vulnerabilità, rappresenta una delle misure indispensabili per ridurre, anche nei giorni correnti, la nuovamente emergente moltiplicazione dei contagi, dei ricoveri, delle vittime e di potenzialmente assai pericolose nuove varianti; quanto ora sottolineato, anche sotto il profilo del danno irreparabile, indica che, semmai, esso sarebbe incomparabilmente più grave per la collettività dei pazienti e per la salute generale, rispetto a quello lamentato dall’operatore sanitario sulla base di dubbi scientifici certo non dimostrati a fronte delle amplissimamente superiori prove, con l’erogazione di decine di milioni di vaccini solo nel nostro Paese, degli effetti positivi delle vaccinazioni sul contrasto alla pandemia e alla sue devastanti conseguenze umane, sociali e di deprivazione della solidarietà quale principio cardine della nostra Costituzione». 
 
 
------------------------------- 
 
 
 
     
 
Salvini: “Utero in affitto? Certe pratiche mi ricordano il nazismo” 
Il leader della Lega: «Rabbrividisco su come possano esistere queste fabbriche di bambini» che generano «un indegno supermercato online». E annuncia una nuova proposta di legge 
«Utero in affitto? Ci sono, piuttosto, centinaia di bimbi “veri” fermi in Bielorussia per la burocrazia delle adozioni internazionali, dobbiamo velocizzare le pratiche». A parlare è Matteo Salvini, per il quale l’utero in affitto è «fabbrica di bambini»  che genera «un indegno supermercato online». 
 
Intervenendo alla presentazione del libro di Simona Baldassarre, eurodeputata della Lega,  dal titolo “Inchiesta di un politico. Il mondo di sotto. Donne sfruttate e bambini venduti”, in corso a Palazzo Brancaccio, a Roma, Salvini fa sapere di aver «messaggiato proprio ora su questo tema con la ministra per la Famiglia, Elena Bonetti», prima di paragonare “certe pratiche” al nazismo. «Qualcuno ci aveva provato a selezionare la razza, i bambini biondi, l’occhio azzurro – incalza il leader del Carroccio – a me certe pratiche ricordano il nazismo, sono 6 miliardi di business, bisogna avere il coraggio di dirlo».  
 
«È un disegno più grande, al di là dell’abominio dell’ utero in affitto, a Genova il messaggio che è uscito è “qualche droga ai ragazzi gliela possiamo dare perché non fa così male”, detto da qualche ministro. Sul ddl Zan abbiamo vinto, e mamma e papà possono continuare a essere mamma e papà. Vi ricorderete Fedez al primo maggio… E così sul fine vita…», incalza Salvini. 
«Io non giudico gli altri – dice – ma siamo dalla parte giusta della storia».  
 
«Da giornalista mi chiedo come mai, tra tante serate tv, non ci possa essere spazio per una serata che parli di utero in affitto. Rabbrividisco su come possano esistere queste fabbriche di bambini. Tra seimila trasmissioni inutili chiedo che si trovi mezz’ora, magari nella tv pubblica, per dare spazio a questa battaglia», chiosa Salvini promettendo il suo impegno per arrivare ad avere programmi tv dedicati «a questo abominio».   
 
«Sulla vita, sulla lotta alla droga, su questo non vado a trattare», conclude, e anzi annuncia: «Propongo di lanciare una proposta di legge di iniziativa popolare che possa essere disponibile nei prossimi giorni per festeggiare il Santo Natale degnamente, facendo come regalo. Farò tutto quello che è politicamente e umanamente possibile per mettere fuori legge schifezze come questa». 
 
 
-------------------------------- 
 
 
 
     
 
Von der Leyen apre all’obbligo vaccinale: “Serve un approccio comune” 
Imporre o meno la somministrazione «è assoluta competenza degli Stati membri», sottolinea la presidente della Commissione Ue, ma una «discussione che deve essere fatta» 
È ora che l’Unione Europea inizi a «discutere» dell’opportunità di introdurre l’obbligo di vaccinarsi contro Covid-19, visto che ci sono ancora circa «150milioni» di persone che non hanno ricevuto la vaccinazione, anche se molti di loro potrebbero proteggersi dalla malattia provocata dal virus Sars-CoV-2. Lo dice la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, rispondendo, in conferenza stampa a Bruxelles, a una domanda riguardo alle sanzioni previste dalla Grecia per gli ultrasessantenni che rifiutano di vaccinarsi. 
 
Imporre o meno l’obbligo di vaccinarsi contro Covid-19, premette von der Leyen, «è assoluta competenza degli Stati membri. Su questo non spetta a me dare alcuna raccomandazione. Se mi chiedete qual è la mia posizione personale, 2 o 3 anni fa non avrei mai pensato di vedere quello cui assistiamo ora. Abbiamo una pandemia orribile, abbiamo vaccini che salvano la vita, ma non vengono usati in modo adeguato dappertutto. Pertanto, questo è un enorme costo sanitario. Se guardiamo ai numeri, abbiamo ora il 77% degli adulti vaccinati nell’Ue, e se prendiamo la popolazione totale è il 66%, il che significa che un terzo della popolazione europea non è vaccinata. Sono150 milioni di persone: sono tante».  
 
Certo, prosegue, «non tutti possono essere vaccinati: i bambini molto piccoli, per esempio, o le persone in condizioni di salute particolari, ma la grande maggioranza potrebbe esserlo. Pertanto, penso che sia comprensibile e appropriato condurre questa discussione ora, su come possiamo incoraggiare e potenzialmente pensare alla vaccinazione obbligatoria all’interno dell’Ue. Per questo occorre discutere. Serve un approccio comune, ma penso – conclude – che sia una discussione che deve essere fatta». 
 
Non cambia invece, dopo la comparsa della variante Omicron del Sars-CoV-2 nel Sudafrica a bassi tassi di vaccinazione, la posizione della Commissione Europea, contraria all sospensione dei brevetti sui vaccini anti-Covid e favorevole invece alle licenze obbligatorie, per favorirne la produzione nei Paesi meno ricchi. «Ci sono due approcci diversi», risponde in conferenza stampa von der Leyen. Uno è la sospensione della «tutela della proprietà intellettuale e l’altro, che noi sosteniamo, è che la sospensione della tutela della proprietà intellettuale non porterà alcun tipo di know-how e di capacità manifatturiera, creerà solo incertezza per gli scienziati». «Tuttavia – aggiunge von der Leyen – una licenza obbligatoria darebbe molti più benefici in una pandemia come questa, perché allora la produzione e il trasferimento di know-how sono certi. È questo che dobbiamo portare, per esempio, in Africa, perché possano produrre davvero vaccini che salvano vite. Stiamo guardando in profondità nell’accordo Trips: ci sono componenti particolari che potremmo sospendere, costruendo un ponte, un compromesso». «Per esempio – continua la presidente – una licenza obbligatoria che abbia un tetto sui costi e che abbia un limite dei benefici per chi concede la licenza. Ci sono negoziati in corso: condividiamo lo stesso obiettivo, vogliamo proteggere la scienza e la proprietà intellettuale, ma vogliamo assicurarci – conclude – che le tecnologie siano trasferite nelle regioni che ne hanno bisogno, come l’Africa e l’America Latina». 
 
«Se dovessimo vedere che Omicron non risponde più pienamente alla vaccinazione, abbiamo anche misure precauzionali in atto – von der Leyen -. Gli scienziati ci stanno già lavorando. Abbiamo nel contratto la possibilità di aggiornare il vaccino. Gli scienziati ci dicono che hanno bisogno di circa 100 giorni. Abbiamo Hera attiva con tutta la rete necessaria dal lato del laboratorio, dal lato scientifico, ma anche dal lato degli studi clinici. E, naturalmente, stiamo lavorando a stretto contatto con l’Ema per accelerare il processo di autorizzazione. Speriamo per il meglio, prepariamoci al peggio». 
 
 
-------------------------------- 
 
 
 
     
 
Quirinale, Orlando: «Il Pd non voterà mai Berlusconi» 
Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando chiude la porta a Silvio Berlusconi per la "partita" del Quirinale. Sulla scuola dice: «Deve essere in presenza» 
 
Penso che il Pd non voterà Berlusconi, punto  
Lo ha dichiarato il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, a ’The Breakfast Club’ su Radio Capital rispondendo a una domanda sulle prospettive per il Quirinale. «È difficile dire come andrà, la storia del Quirinale ha sempre visto uscire nomi che non erano quelli dei pronostici, fare azzardi è molto complicato. Quando entreremo nel vivo cominceremo a capire», ha aggiunto Orlando. A proposito di una donna alla presidenza, ha sottolineato che sarebbe «molto auspicabile». 
 
Non solo Berlusconi, Orlando parla di scuola e lavoro 
«Finché possiamo dobbiamo insistere per mantenere la didattica in presenza, nonostante i dati sui contagi tornano a far preoccupare. Siamo di fronte a una generazione che ha perso mesi e mesi di socialità e di percorsi formativi e non possiamo, se non costretti, far pagare loro un prezzo ulteriore» ha aggiunto il numero due del Pd. 
 
«Stanotte è stato approvato un emendamento che consente di cumulare il reddito da lavoro all’assegno di invalidità« cumulo che »l’Inps aveva sospeso su sentenza della Cassazione: la considero una buona notizia» ha affermato Andrea Orlando, ricordando come è stato »anche approvato un emendamento che rimpingua il fondo per le nuove competenze». 
 
 
--------------------------------- 
 
 
 
     
 
Draghi premier fino al 2023, poi “licenziato” per sempre 
Lega, Pd, 5S e Fi compatti: arrivare a fine legislatura con Draghi e poi: bye, bye... Ma la partita per il Colle è sempre imprevedibile 
 
Così compatta la maggioranza non è mai stata dal giorno della sua nascita. L’opportunità, la necessità, l’obbligo imprescindibile di proseguire con il governo preseduto da Mario Draghi sono proclamate con toni quasi identici da tutti: da Berlusconi a Conte, da Letta a Salvini. Chi tace, la Iv di Renzi e la LeU non si sa più di chi, la pensa allo stesso modo e lo fa capire. La linea è chiara. Il senso e il significato della stessa tanto confuso che diversi e non ingenui analisti ne danno interpretazioni opposte. 
I punti interrogativi si sprecano. Per esempio: il corale pronunciamento è motivato più dalla necessità di non lasciare vacante palazzo Chigi o dall’evitare una presidenza Draghi? E ancora: l’accorato appello serve a evitare le elezioni nel 2022 o invece a provocarle? E infine: il no alla presidenza Draghi prelude alla ricerca di un’intesa su un altro nome oppure i partiti si preparano ad affrontare il delicatissimo passaggio alla cieca? Sono domande lecite, anzi inevitabili, che però non possono avere risposte chiare.  
 
Perché ciascuno è mosso dai propri calcoli e dai propri interessi, che non coincidono con quelli degli altri che se sfociano nella stessa conclusione. E perché nessuno, tranne forse Berlusconi, ha in mente una strategia e quindi tutti sono costretti a muoversi giorno per giorno. 
 
Di certo i partiti sono spaventati da una presidenza Draghi. Sanno perfettamente che il loro ruolo ne uscirebbe fortemente limitato. Forse Draghi non sarebbe più il commissario che è ora ma ci andrebbe vicino. Allo stesso tempo l’impennata della pandemia consiglia a tutti di mantenere tutto inalterato ancora per il prossimo anno. Ma anche qui le strategie poi divergono, perché c’è chi punta a liberarsi di Draghi, possibilmente sponsorizzandolo come prossimo presidente della Commissione europea ché un amico a Bruxelles non guasterebbe, e quelli che invece considerano l’ipotesi di prolungare il mandato del premier anche dopo le elezioni del 2023, se il responso delle urne aprirà un varco in quella direzione. 
 
Le elezioni, poi, nessuno le vuole e quasi tutti le vogliono. Gli unici non scissi come casi clinici sono Berlusconi, che mira alla presidenza e quindi deve rassicurare davvero i parlamentari tutti e Renzi, che uscirebbe dalle urne annientato. Conte ha tutto l’interesse a votare presto, Letta quasi pure, per Salvini potrebbe essere una via d’uscita più sicura che non il farsi logorare in maggioranza per un altro anno. La realtà è che nessuno, salvo Berlusconi e Renzi, sa se vuole evitare le elezioni o se non convenga invece accelerarle. 
 
Sulla candidatura alternativa a Draghi il buio è anche più fitto. Per ora non c’è. Per ora nessuno la cerca. Senza Draghi in campo prima di fare qualsiasi passo bisognerà sgombrare la strada dal candidato Silvio, che non ha alcuna intenzione di mollare, ma il passo necessario potrebbe non essere indolore, potrebbe anzi rendere il prosieguo ancora più complicato. La realtà è che molti, ma non tutti, sperano ancora nel bis di Mattarella, in una scelta cioè che congelerebbe la situazione permettendo di rinviare la decisione a quando tutto sarà più chiaro, tra due o tre anni. Il Pd punta a quell’esito ma anche solo per provarci avrebbe bisogno di un sostegno del centrodestra che al momento non c’è. E che difficilmente ci sarà perché i partiti di quella coalizione hanno interessi e tempi molto diversi tra loro. 
 
La pandemia complica tutto. Perché nessuno sa come staranno le cose fra due mesi e l’incertezza permette di vagheggiare scenari ipotetici di ogni tipo: di fronte a una crisi grave, Mattarella insisterebbe nel suo no alla rielezione? E di contro, se Draghi, a gennaio, potesse vantare il superamento quasi indenne della ‘ quarta ondata’ sarebbe ancora possibile negargli il Colle? 
 
I proclami di questi giorni non devono ingannare 
I partiti stanno tutti giocando a mosca cieca. Il no a Draghi va tradotto in un più realistico ‘ speriamo che non sia necessario eleggerlo come potrebbe essere’. Ma è un gioco pericoloso. Il sistema italiano potrebbe trovarsi con un presidente di parte e debolissimo da un lato, con un governo paralizzato dalla guerra tra partiti in piena campagna elettorale dall’altro. Con un Draghi tenuto alla larga da Quirinale ma con un governo in ginocchio e forse caduto comunque. Sarebbe un capolavoro. 
 
 
---------------------------------- 
 
Mah, staremo a vedere. 
Grazie per aver letto 
 
2 Dicembre 2021