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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Italia in vigile attesa 
di Ninni Raimondi
 
Italia in vigile attesa. “Avremmo risparmiato migliaia di morti Covid” grazie alle cure precoci con antinfiammatori 
 
 
A due anni dall’inizio della pandemia, anche i media mainstream sembrano destarsi dal letargo in cui sono piombati dal febbraio del 2020. Dopo le inchieste del programma Rai Restart e del Corriere della Sera sui “numeri gonfiati dei decessi” in Italia, Report entra a gamba tesa sul cosiddetto “Protocollo Tachipirina e vigile attesa”. Il 15 gennaio scorso, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato contro il ministero della Salute per l’annullamento, previa sospensiva, della circolare dello stesso ministero “recante Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars-Cov-2 aggiornata al 26 aprile 2021, nella parte in cui, nei primi giorni di malattia da Sars-Cov-2, prevede unicamente una ‘vigilante attesa’ e somministrazione di fans e paracetamolo e nella parte in cui pone indicazioni di non utilizzo di tutti i farmaci generalmente utilizzati dai medici di medicina generale per i pazienti affetti da Covid”. Secondo il tribunale amministrativo regionale del Lazio, “il contenuto della nota ministeriale, imponendo ai medici puntuali e vincolanti scelte terapeutiche, si pone in contrasto con l’attività professionale così come demandata al medico nei termini indicata dalla scienza e dalla deontologia professionale”. Solo quattro giorni dopo, il 19 gennaio scorso, il Consiglio di Stato, con un decreto monocratico firmato dal neopresidente Franco Frattini, ha sospeso la sentenza con cui il Tar del Lazio perché “non emerge alcun vincolo circa l’esercizio del diritto-dovere del Mmg (medico di medicina generale, ndr) di scegliere in scienza e coscienza la terapia migliore”. 
 
Quel protocollo sulle cure domiciliari mai autorizzato 
Come già evidenziato in una nostra precedente analisi, la mortalità in Italia ha superato del 67 per cento la mortalità media di altri dodici Paesi con un tasso di vaccinazione simile. Una delle possibili spiegazioni potrebbe essere stata suggerita dal servizio “La vigile attesa” della trasmissione Report. L’inviato ha intervistato Fredy Suter, primario emerito dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Il professore ha messo a punto un possibile trattamento precoce basato sugli antinfiammatori che ridurrebbe ospedalizzazioni e decessi. Tale protocollo è stato applicato da diversi medici di famiglia sul territorio, come Katia Vazzana: “Ospedalizzazioni quasi nulle su 1.600 mutuati” anche nel caso di pazienti anziani e fragili. La sperimentazione del protocollo è stata curata dall’istituto Mario Negri e diretta dal professor Giuseppe Remuzzi. Lo studio è stato pubblicato nel giugno del 2021 e mostra risultati molto promettenti: “Su 90 pazienti trattati con le cure precoci, 2 ricoveri, mentre su 90 pazienti trattati con il protocollo standard (del ministero della Salute, ndr), 13 ricoveri”. 
Presto sarà pubblicato un altro studio che conferma la medesima tendenza. Il professor Suter ha evidenziato che la Tachipirina non cura l’infiammazione. Anzi, come mostrato da altri studi pubblicati, la Tachipirina tende ad abbassare il glutatione, un antiossidante protettivo prodotto naturalmente dall’organismo. L’inviato di Report ha chiesto a Suter perché tale protocollo non sia stato autorizzato in Italia. Dalle parole del primario emerito dell’ospedale di Bergamo sembrerebbe emergere una malcelata ostruzione dell’Aifa che avrebbe obiettato che lo studio sulle cure precoci non rispondeva ai requisiti scientifici rigorosi richiesti. Gli enti regolatori italiani avrebbero altresì suggerito di non inserire la Tachipirina nel gruppo di controllo dello studio. In conclusione, il professor Suter ha affermato che, applicando tale protocollo, “avremmo risparmiato migliaia di morti“. 
 
Anticorpi monoclonali 
Molte volte abbiamo sentito parlare degli anticorpi monoclonali che, se somministrati tempestivamente, hanno un’alta efficacia nella cura del Covid. Anche il professor Massimo Galli è stato curato con i monoclonali, dopo essersi contagiato durante i festeggiamenti di Capodanno. L’ex direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano è stato uno dei pochi italiani che hanno usufruito di tale trattamento. Al 12 gennaio 2022, erano solamente 35.948 le prescrizioni di anticorpi monoclonali in Italia. 
Degli anticorpi monoclonali disponibili e già acquistati dall’Italia, solo uno è efficace contro la variante Omicron, il Sotrovimab, capace di ridurre dell’85 per cento il rischio di ospedalizzazione e morte. Quindi, tutti gli altri monoclonali, se Omicron sostituirà definitivamente la variante Delta, rimarranno probabilmente inutilizzati. A causa del ritardo italiano nella corsa all’accaparramento delle scorte, i responsabili farmaceutici delle Regioni hanno lanciato l’allarme “carenza nazionale” di Sotrovimab. Al 12 gennaio, erano già state somministrate 1.542 su 2.000 dosi disponibili di Sotrovimab e, quindi, rimanevano meno di 500 dosi per affrontare la quarta ondata di coronavirus. Mentre il governo italiano, che acquista centralmente vaccini e farmaci per poi distribuirli alle Regioni, tergiversava facendo ordinativi scarsi e poco tempestivi, altri Paesi si assicuravano cospicue forniture di Sotrovimab, come gli Stati Uniti che hanno ordinato 500mila dosi. Peraltro, il Sotrovimab è prodotto dalla Gsk nello stabilimento di Parma. 
 
Gli antivirali contro il Covid 
Gli antivirali contro il Covid si stanno dimostrando efficaci nel trattamento dei pazienti e, a differenza degli anticorpi monoclonali, possono essere somministrati a domicilio. Ci sono però dei limiti scientifici e burocratici alla somministrazione degli antivirali. Il paziente deve essere trattato con l’antivirale entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi e il medico di famiglia non può prescrive direttamente il farmaco. Spetta ai reparti di malattie infettive confermare la diagnosi e poi procedere alla prescrizione dell’antivirale che verrà erogato dalla farmacia dell’ospedale. Al momento, esistono due antivirali, il Molnupivarir che ha un’efficacia del 30 per cento nel ridurre il rischio di ospedalizzazione o morte, e il Paxlovid che ha dimostrato un’efficacia dell’89 per cento, ma non è ancora disponibile in Europa. “Questa pillola anti-Covid cambierà tutto” ha commentato Eric Topol, uno dei massini esperti di Covid al mondo. L’Italia ha acquistato 600mila trattamenti di Paxlovid per il 2022, mentre gli Stati Uniti ne hanno già acquistati 20 milioni. Nel nostro Paese, la prima fornitura sarà di 11.500 trattamenti. Ricordiamo che gli antivirali vanno somministrati entro cinque giorni dalla comparsa dei sintomi. Al momento, in alcune Regioni italiane, ci vogliono ben sette giorni per la diagnosi del Covid. Quindi, il sistema sanitario dovrebbe accelerare le procedure per il riconoscimento della malattia per favorire il trattamento con tali farmaci. 
 
Tachipirina e vigila attesa tra le possibili cause dell’alto tasso di mortalità in Italia? 
Abbiamo già documentato che la mortalità in Italia ha superato del 67 per cento la mortalità media di altri dodici Paesi con un tasso di vaccinazione simile. Una delle possibili spiegazioni di questa situazione potrebbe essere l’immobilità dell’Italia riguardo alle cure contro il Covid. Dall’analisi fin qui esposta, sembrerebbe che il governo italiano sia refrattario in merito ai trattamenti farmacologici dei malati. A due anni dall’inizio della pandemia, siamo ancora fermi al protocollo di cura precoce “vigile attesa, Tachipirina e fans”, quando ci sono studi che dimostrano l’efficacia degli antinfiammatori come risposta tempestiva ai sintomi. La ritrosia all’utilizzo degli anticorpi monoclonali è evidenziata dal numero bassissimo di prescrizioni, solo 35.948 a fronte di migliaia di persone finite in terapia intensive e decedute. Vedremo ora cosa succederà quando in Italia arriverà l’antivirale Paxlovid. 
 
4 Febbraio  2022