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Materie prime alle stelle 
di Ninni Raimondi
 
Materie prime alle stelle: così guerra e sanzioni mettono in ginocchio agricoltori e allevatori italiani 
 
Dal gas al grano, quanto pagheremo ora? La guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni imposte alla Russia non rischiano soltanto di provocare una catastrofe energetica in Europa. Il futuro appare nero anche, e forse soprattutto, per quanto riguarda i prezzi delle materie prime alimentari già schizzati alle stelle negli ultimi mesi. I dati sono già molto preoccupanti, basti osservare l’andamento della Borsa merci di Chicago, quella di riferimento a livello globale. I futures sul frumento sono cresciuti del 7%, esattamente a 1.134 dollari al bushel (unità di misura usata per queste materie prime). Ricordiamo che l’Ucraina è uno dei principali esportatori di frumento del mondo. A volare è anche il prezzo del mais: +3,25%, a 7,63 dollari al bushel, mai così alto dal 2013. E ancora: il future sul grano sale sale al 7,3%, a 11,70 dollari per bushel, ai massimi addirittura dal 2008. Mentre il prezzo dei semi di soia aumenta del 2,04%, schizzando a 17,11 dollari per libbra. 
 
Materie prime alle stelle, rischio “rivolte del pane” 
A spiegare nel dettaglio perché stanno volando i prezzi del grano e degli altri prodotti agricoli è Coldiretti. “La sospensione a causa della guerra delle spedizioni commerciali dai porti sul mar Nero dell’Ucraina che insieme alla Russia rappresenta quasi 1/3 del commercio mondiale di grano (29%) ma anche il 19% delle forniture globali di mais per l’allevamento animale e ben l’80% delle esportazioni di olio di girasole”, si legge nel report di Coldiretti. Una situazione allarmante che “nei paesi più sviluppati sta alimentando l’inflazione ma a rischio c’è la stabilità politica di quelli più poveri con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina”. 
 
Perché gli aumenti di grano e mais sono una catastrofe per l’Italia 
L’associazione spiega anche perché l’emergenza in atto riguarda direttamente l’Italia. La nostra nazione “importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame”. L’Ucraina è oltretutto il nostro secondo fornitore di mais “con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano”. 
 
Adesso l’aumento dei prezzi di mais e stoia “sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili”, tuona Coldiretti. “Il costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse – spiega l’associazione – ha raggiunto i 46 centesimi al litro secondo l’ultima indagine Ismea, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori”. 
 
L’Italia costretta a importare 
Ma come mai l’Italia è costretta ad importare materie prime agricole? “A causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni, durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie per miopia hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera”. 
 
3 Marzo  2022