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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Putin o Poutine? 
di Ninni Raimondi
 
Putin o Poutine? 
 
Molti competenti ci dicono che è cosa buona e giusta osteggiare ed insultare tutto quanto sia russo, vista l’invasione barbarica di Putin. Siamo in una corsa a chi la spara più grossa: stop ad artisti e sportivi russi, basta ascoltare Tchaikovsky che ci inquina i neuroni, non parliamo di leggere “L’idiota” di Dostoevskij che ci porta al nemico.  
 
Indaghiamo anche chi prova a spiegare l’errore dell’ovest, che da anni usa l’Ucraina per provocare la Russia con tutti altri fini che l’espansione della democrazia. Che siano Kissinger, Chomsky, Mearsheimer, ovvero studiosi che da sempre denunciano l’oppressione del regime sovietico prima e di Putin dopo, pure loro devono difendersi dall’accusa di esser putinisti, per il semplice fatto di dire come stanno le cose. Zucki, per ingraziarsi un Congresso che da un annetto lo tratta male, ha pure cambiato le regole di Facebook per consentire a milioni di clienti di insultare il nemico con frasi, vignette e minacce di morte.  
Immaginiamo un Putin spaventato dal prospetto di insulti sui social media, o dall’incubo che in Europa abbassino il riscaldamento e si mettano i maglioni per fregarlo con il gas: la sua sconfitta verrà rapida, quando tutti finalmente finiremo di prender mezzi di trasporto, ed inizieremo a mangiar tutto crudo, come natura crea, pur di non usare il carburante russo. Stile Neanderthal, ma con il maglione di Greta.  
 
Purtroppo, in America questa follia mediatica sta causando danni a chi dalla USSR è scappato, a giovani russi che non c’entrano nulla col loro Presidente, pure agli ucraini che hanno gli stessi nomi e volti dei loro vicini ma si sa, qui siam zucconi e basta che il tuo cognome finisca in -sky per finire male. L’apoteosi dell’idiozia colpisce i canadesi: uno dei piatti tipici del Quebec, la poutine, viene boicottata perché il nome si pronuncia come Putin.  
 
Vi rendete conto?  
Parliamo di patatine fritte ricoperte di formaggio fuso e sugo d’arrosto, un trittico di colesterolo digeribile solo dagli adolescenti o da chi voglia farsi un infarto, e c’è gente che lo denuncia come aiuto al dittatore di Mosca.  
Tocca vedere con dispiacere che molte aziende occidentali, probabilmente prese dalla smania di apparire politicamente corrette, han tranciato i rapporti con le loro filiali russe, lasciando i loro ex-colleghi a cavarsela da soli.  
Mossa geniale come quelle tipiche di Wilie Coyote, subito seguita dalla ripicca di Putin che ora minaccia di nazionalizzare a destra e manca, tranciando sempre di più i rapporti tra la sua popolazione ed il resto del mondo.  
 
Se avevamo una speranza di riportare Putin al tavolo dei negoziati ed almeno sospendere gli attacchi, essa era la rivolta popolare e dei suoi soldati, quelle migliaia di persone bastonate ed imprigionate da San Pietroburgo alla Siberia, quei soldati che mollano le armi.  
 
Invece li abbandoniamo.  
Come possiamo pensare che i russi interpretino i nostri boicottaggi di calciatori, ballerini, delle opere di artisti come Tchaikovsky, addirittura delle patatine canadesi perché il nome suona come quello del loro Presidente?  
Potrebbero pensare che siamo semplici idioti, proprio come il giovane principe Myshkin, facili prede dei potenti e dei loro mass media, più interessanti al guadagno che non alla democrazia in Ucraina.  
O potrebbero cominciare a credere che gli vogliamo male per davvero, che non c’è speranza, che in fondo il loro Presidente ha visto giusto, che devono difendersi dall’attacco alla madre Russia.  
 
Ed a quel punto, saranno veramente guai. 
 
20 Marzo  2022