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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Bergoglio, il falso Papa Francesco 
di Ninni Raimondi
 
Bergoglio, il falso Papa Francesco 
 
Bergoglio: come il falso papa Francesco sta rovesciando la fede cattolica nel nuovo messale 
Precedentemente vi abbiamo presentato una sintesi, redatta con l’aiuto di teologi che – ovviamente – non possono comparire, circa la personalissima spiritualità di Bergoglio, la quale non ha niente a che spartire col Cattolicesimo, nonostante l’apparenza.  
Anzi, il "Bergogliesimo" ne costituisce l'antitesi. 
 
Per i cattolici, questo può essere consentito solo dal fatto che Francesco non è il papa, (visto che Benedetto XVI si è autoesiliato in sede impedita) e quindi non ha il Munus Petrino, l’investitura divina che garantisce al papa l’infallibilità ex cathedra e l’assistenza dello Spirito Santo nell’insegnamento. 
 
Lo studio effettuato, sul Codice Ratzinger, tradotta in tre lingue è ormai “celebre”.  
Anche Mons. Viganò ha aperto a concetti che si sostiene dal 2021, eppure in Italia continuano a uscire libri che ripetono come un mantra la solita narrativa su papa Francesco fingendo di ignorare il “Segreto di Pulcinella”. 
 
Negli Usa si sta comprendendo cosa sia la sede impedita: dopo l’accettazione di Patrick Coffin, tra i più autorevoli commentatori cattolici, anche il prof. Edmund Mazza ha fatto nuove dichiarazioni sull’invalidità delle dimissioni di Papa Ratzinger. 
 
Insomma, piano piano lo stanno capendo tutti che Benedetto XVI non ha mai abdicato, tranne che da noi.  
Del resto si sa: nemo propheta in patria. 
 
Ma torniamo a bomba: come abbiamo visto, il Bergogliesimo è, dunque, una sorta di anticristianesimo filo-marxista (nascosto da una colata di propaganda buonista-emozionale) che, nella sua essenza, attinge a Modernismo, Esoterismo, Neoluteranesimo, Neopaganesimo, Neognosticismo, Neoarianesimo, Neomarcionismo, Neomarxismo e a varie altre eresie come l’Apocatastasi (vulgo “misericordismo”).  
Come un tarlo, questa inversiva neoreligione mondialista sta corrodendo il Cattolicesimo autentico dall’interno, tramite sottili, impercettibili, ma devastanti cambiamenti. 
Sono affermazioni gravi e, pertanto, vi documenterò quanto asserito. 
Intanto, iniziamo dando uno sguardo al quadro della presunta “Maria che scioglie i nodi”, che venne regalato nel 2015 dalla presidentessa argentina Cristina Fernandez a Francesco.  
Pochi giorni fa, sono state recuperate le foto, censurate dal web italiano, che mostrano una pseudo-Madonna con provocanti spalle scoperte, la quale non schiaccia affatto la testa al serpente, ma anzi lo accarezza, circondata da angeli femmina con le mammelle al vento.  
Per approfondire il contenuto di questa inquietante immagine pseudo-devozionale, che evoca l’Unione degli opposti tanto cara agli alchimisti, e che ammicca, forse, alla demoniaca Lilith. 
 
Ancor più di recente, è uscita una foto di Bergoglio durante la visita pastorale in Cile del 2018. Sulla sua pianeta campeggia uno strano simbolo, una specie di omino-alieno coi capelli dritti.  
Si tratta del “Gigante di Atacama”, un geoglifo, cioè un disegno fatto con cumuli di pietre (119 m) che si trova nel deserto del Cile e rappresenta una divinità precolombiana: probabilmente il Tunupa (a volte detto Tarapacà), figlio del dio creatore Viracocha il quale, visto che secondo il mito sarebbe stato crocifisso, nel ‘500 fu adoperato dai gesuiti per l’inculturazione di Gesù Cristo.  
Siamo alle solite: come avvenuto per la Pachamama vengono rispolverati i feticci del pantheon andino che 500 anni fa potevano transitoriamente servire ai missionari per convertire gli indigeni. Il loro attuale “richiamo in servizio”, del tutto immotivato, visto l’ottimo radicamento del Cristianesimo in America latina, non trova altra giustificazione se non nell’ambito di quell’eco-sincretismo idolatrico che afferisce al Neopaganesimo bergoglista di cui sopra. 
Il fatto oggettivo è che “antipapa Francesco” portava sulla casula un idolo pagano il quale, per la teologia cattolica, è da considerarsi un “demone”.  
Non è la prima volta, comunque: sempre nel 2018, Bergoglio aveva indossato una casula con un altro simbolo pagano, il Triskell celtico, (peraltro arcobalenato), una sorta di svastica a tre braccia simbolo delle forze universali Aria, Terra, Acqua.  
Nonostante il tentativo di San Patrizio di associarlo alla Trinità, è ritenuto ancor oggi un simbolo magico pagano potentissimo.   
Vi sembra normale tutto ciò? 
 
L’inserimento di soppiatto di queste simbologie afferisce, così, proprio a quel “Codice Bergoglio”: l’elemento di raccordo subliminale fra il Bergogliesimo esteriore, mediatico-demagogico-buonista e i suoi contenuti occulti, eretici ed inversivi del Cattolicesimo. 
 
Ma adesso entriamo davvero nel vivo: Dimostrerò con quale furbizia Bergoglio e i vescovi modernisti a lui sodali, recuperando quanto già ampiamente seminato dal marxismo ecclesiastico durante il Concilio Vaticano II, stanno lentamente e impercettibilmente sovvertendo la fede cattolica dalle sue fondamenta. 
Nel 2020, infatti, con una copertina abbastanza inquietante, debutta il nuovo messale in cui figurano diversi cambiamenti, apparentemente insignificanti, ma che, indagati con l’aiuto di teologi “realmente cattolici”, svelano tutto il loro dirompente contenuto.  
 
Ci baseremo, per questo, di una sintesi di tali novità prodotta da Avvenire. 
Cominciamo con un’aggiunta “inclusiva”: accanto al vocabolo «fratelli» è stato aggiunto «sorelle». Ecco che si dice: «Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle…». 
Né più né meno che un ossequio al politicamente corretto, il quale sta distruggendo la cultura e la mentalità dell’Occidente cristiano.  
Ce lo spiegava lo stesso Avvenire nel 2012, quando sotto il pontificato attivo del vero Papa Benedetto XVI era ancora un giornale cattolico:  
“...in nome del politically correct, persiste un’ostinata opera di disconoscimento delle proprie radici religiose, facendo finta di non comprendere quanto la sua civiltà sia debitrice al Cristianesimo”.  
Ma la prima, gravissima aberrazione è sul Gloria: la frase “e pace in terra agli uomini di buona volontà”, cambia in «e pace in terra agli uomini, amati dal Signore». 
 
Attenzione: questo è il più sottile, ma allo stesso tempo dottrinalmente devastante, dei trucchi.  
La frase originale specifica che la pace del Signore giunge “solo” agli uomini che Lo accolgono, “Non a tutti”.  
La modifica bergogliana opera un cambiamento da complemento di qualità a frase attributiva.  
Già c’è un errore teologico perché tutti gli uomini sono, in effetti, amati dal Signore (sebbene non tutti Gli rispondano con buona volontà), ma soprattutto la “virgola” spiana definitivamente il concetto in senso misericordista-neoluterano: l’uomo non ha più merito, non è più co-artefice della propria salvezza, ma viene salvato da Dio a prescindere.  
 
La pace viene elargita a tutti, gratis.  
Per esempio, un conto è dire: “la promozione giungerà agli studenti che meritano”, altra cosa è dire: “la promozione giungerà a tutti gli studenti”.  
Nel primo caso saranno promossi solo alcuni studenti, nel secondo saranno promossi tutti, magari perché si pensa che, in generale, siano dei bravi ragazzi.  
Visto che astuzia diabolica?  
Due teologie completamente diverse.  
 
Il misericordismo è però quanto di più insidiosamente inversivo possa esistere per il Cattolicesimo: se tutti vanno in paradiso, che bisogno c’è di impegnarsi e perfezionarsi nella morale cristiana?  
Si può tranquillamente annegare nel peccato.  
E chi è che punta a questo? Non esattamente Gesù. 
 
A tal proposito, nell’Angelus di domenica 24 aprile, Bergoglio ha detto:  
“il Vangelo ci dice che il Signore non cerca cristiani perfetti”.  
 
Curioso, perché in Matteo 5,48 si legge: “Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.  
Con la sua solita tecnica, Bergoglio, sfruttando il giusto insegnamento di San Tommaso a non essere superbi nella fede, fa subliminalmente passare il concetto che il cristiano non debba puntare alla perfezione.  
Così come quando ha detto che “i Comandamenti non vanno rispettati in senso assoluto” o come quando alla benedizione urbi et orbi, con la tecnica retorica della “preterizione”, ha insinuato nelle menti il dubbio sulla Risurrezione.  
Subito dopo, Bergoglio ripara sempre alla sua affermazione, rientra nei ranghi, ma intanto il seme è gettato nelle menti dei fedeli.  
Forme di manipolazione-adulterazione ad alto livello, tuttavia ben riconoscibili. 
 
Il Neoluteranesimo torna prepotentemente anche in quest’altro cambiamento: il sacerdote inviterà a pregare non più dicendo “Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente”, ma «Pregate, fratelli e sorelle, perché questa “nostra famiglia”, radunata dallo Spirito Santo nel nome di Cristo, possa offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente». 
Viene dunque sminuito il ruolo del celebrante, secondo quell’equiparazione luterana tra sacerdozio ministeriale (dei sacerdoti) e battesimale (dei comuni fedeli).  
Un concetto anni luce lontano dal Cattolicesimo che ritorna anche nel cambiamento da «Ti rendiamo grazie per averci ammessi alla tua presenza a compiere il servizio sacerdotale» mutato in «perché ci hai resi “degni” di stare alla tua presenza…».  
 
Se lo dicono da soli, i preti bergogliani, che Dio li ha resi degni: un antropocentrismo arrogante del tutto opposto alle continue formule di umiltà e richiesta di perdono espresse dal sacerdote nella Messa Antica vera e tradizionale, in latino, quella teocentrica, cattolica per eccellenza che il vero Papa Benedetto XVI aveva liberalizzato e che, ovviamente, Bergoglio ha eutanasizzato con il Motu Proprio Traditionis custodes. 
 
Ancora Luteranesimo nell’intercessione per la Chiesa con il passaggio dall’unione con «tutto l’ordine sacerdotale» che diventa con «i presbiteri e i diaconi».  
Il diaconato è l’ordine sacro minore, inferiore a quello dei preti.  
La chiesa modernista e in special modo bergogliana punta moltissimo a valorizzare il diaconato: questo è la porta fra mondo del laicato (anche) femminile e l’ordine sacro, esclusivamente maschile.  
I modernisti, soprattutto tedeschi, vogliono le donne-sacerdote, insistono sul fatto che nell’antichità esistessero delle diaconesse, ma queste avevano il solo compito di accompagnare alla vestizione le battezzande, un po’ come oggi a Lourdes ci sono delle inservienti che aiutano le donne malate a fare le abluzioni nell’acqua benedetta.  
Impensabile per il Cattolicesimo aprire il sacerdozio alle donne, (ogni religione ha le sue regole) ma il diaconato è, per i modernisti, il punto debole sul quale fare leva per scardinare il sacerdozio esclusivamente maschile. 
Una delle modifiche più spudoratamente volte in senso esoterico-filomarxista riguarda invece la II Preghiera eucaristica che prima recitava: «Padre veramente santo, fonte di ogni santità, santifica questi doni con l’effusione del tuo Spirito».  
Adesso diventa: «Ti preghiamo: santifica questi doni con la “rugiada” del tuo Spirito». 
 
La rugiada?  
Sì, spiegano i bergogliani, perché figura nella versione latina del messale di Paolo VI in quanto, nel III secolo, con la rugiada si intendeva la benedizione di Dio che si posa sul mondo.  
Il dettaglio è che appena un secolo dopo venne dogmatizzata la Terza Persona trinitaria, quindi, che senso ha recuperare una metafora ormai obsoleta dello Spirito Santo quando questo ormai è già “bell’e codificato”?  
Basta una semplicissima ricerchina e si scopre che la rugiada è, guarda caso, il “Nettare dei Rosacroce”, ordine segreto pseudo-alchemico ed esoterico che, anticristicamente, non riconosce Gesù come Figlio di Dio.  
E si potrebbe ricordare, a margine, come Bergoglio indossi al collo proprio il Buon Pastore con le braccia incrociate esclusivamente tipico dei Rosacroce. 
 
La più maligna delle inversioni si ritrova però nel cambiamento del Padre Nostro, la preghiera data direttamente da Cristo e perfettamente tradotta dal greco da San Girolamo, anche nella frase “non ci indurre in tentazione” oggi cambiata in “non abbandonarci alla tentazione”.  
La premessa della frase corretta, nell’originale, è che Dio, nel Suo ineffabile mistero, può mettere alla prova i Suoi figli, per temprarne la fede, mentre la frase di Bergoglio presuppone che Dio possa davvero abbandonare alla tentazione. 
 
E’ quindi come se chiedeste a vostro padre: “Papà, per favore, non avvelenarmi il caffè”. Nonostante la petizione al negativo, stareste supponendo che vostro padre possa avvelenarvi.  
 
Capite perché è una blasfemia?  
Un concetto dell’abbandono, questo, al quale Bergoglio è molto affezionato tanto che nella recente intervista pasquale a Lorena Bianchetti ha detto:  
“Torniamo all’inizio, le tre del pomeriggio. Gesù muore, muore solo. La solitudine più piena, “abbandonato anche da Dio”: “Perché mi hai abbandonato?”  
 
Attenzione!  
Questa affermazione, lasciata così, è gravissima: la frase che pronuncia Gesù sulla croce “non è affatto di disperazione”, perché si sente abbandonato dal Padre, ma è di “Lode”, una suprema accettazione della volontà del Padre che riprende l’inizio del Salmo 21, cioè una preghiera che comincia con:  
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» e termina glorificando Dio: “Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!»”. 
 
Il vero Papa Benedetto XVI lo illustrava benissimo nel suo libro “Gesù di Nazareth” del 2007. Spiegano i più grandi teologi che la crocifissione è avvenuta con il “consenso trinitario”, ovvero, la croce è stata permessa e voluta da tutte e tre le Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo per la redenzione dell’uomo. 
In questa manomissione vediamo, quindi, la componente filo deista del modernismo bergogliano, la stessa per cui, ad esempio, Dio è rimasto completamente estraneo alla pandemia come dice Mons. Delpini: il Grande Dio ha creato l’uomo, ma poi lo ha lasciato a se stesso. Non è affatto Padre, né tantomeno ha mandato il Figlio a offrirsi “in sacrificio per la nostra salvezza”. 
 
E infatti che cosa cambiano ancora?  
Nella consacrazione si passa da “(Gesù), offrendosi volontariamente alla Sua passione” a «consegnandosi volontariamente alla passione».  
Arriva la terza matrice eretica del nuovo messale bergogliano: il Neoarianesimo.  
"Consegnarsi" potrebbe farlo anche un delinquente alla Polizia, ma è ben diverso dall’"offrirsi", che comporta una volontarietà profondamente, santamente consapevole.  
 
Questo è lingua italiana.  
E’ la solita visione modernista, la quale riprende l’antica eresia di Ario (vedasi Enzo Bianchi teologo prediletto dell ‘“antipapa Francesco”) che vuole Gesù come un grande uomo, ma ingenuo, che non si aspettava di essere messo in croce, fatto avvenuto solo perché Egli aveva annunciato una misericordia-misericordista di Dio per tutti, senza merito e senza inferno.  
Buonanotte Cattolicesimo. 
 
Ancora marxismo e antropocentrismo nella nuova enunciazione del rito della pace:  
«Scambiatevi un segno di pace» che diviene «Scambiatevi “il dono” della pace».  
L’originale formula non si riferisce certo a quella pace materiale di cui parla in continuazione Bergoglio, ma è la pace spirituale donata da Dio, che può giungere perfino in un contesto di guerra materiale.  
Qui invece è come se gli uomini si scambiassero un dono tutto loro. 
Molte di queste modifiche sottili, ma devastanti, erano in caldo da vari decenni. Il potere del clero modernista è tale che nemmeno Sua santità Papa Benedetto XVI riuscì a inserire il filologico “versato per voi e per ‘molti’ in remissione dei peccati”, al posto del misericordista “e per tutti” che ancor oggi figura nella messa di Paolo VI. 
L’antipapa Francesco ha dato completamente la stura a questi oscurissimi processi preparati fin dai tempi del Concilio.  
Così, se siete cattolici, ora sapete come vi stanno ‘truffando’, ma per fortuna il vero Vicario di Cristo, Benedetto XVI, li ha scismati tutti ritirandosi in “sede impedita”.  
 
Per adesso, se volete fare qualcosa per salvare la vostra Fede, la Chiesa (e non solo), tagliate tutti i ponti con la falsa chiesa bergogliana, rimanete in comunione col vero Papa Benedetto XVI e denunciate ovunque la sua “sede impedita”. 
 
Santa Sede impedita, ecco perché può essere la fine della Chiesa cattolica 
Se la Declaratio è nulla, come sostengono vari autorevoli giuristi, Benedetto XVI è ancora il Papa.  
E dunque l’intera linea di successione di Bergoglio è antipapale 
 
Occupiamoci della querelle sulla Declaratio di Benedetto XVI, che probabilmente non era una dichiarazione di rinuncia, bensì di (Santa) Sede impedita.  
Tanti, troppi indizi, infatti, concorrono ormai a delineare un quadro (anche giuridico) ben diverso dall’interpretazione più comune del testo ratzingeriano.  
Che potrebbe avere degli effetti letteralmente sconvolgenti. 
 
Il nodo gordiano 
Un nodo ingarbugliato come e più di quello gordiano potrebbe iniziare, dopo solo nove anni, a venire finalmente al pettine.  
Un nodo che ha origine nel febbraio 2013, dalla celeberrima Declaratio di Papa Ratzinger, immediatamente intesa come un’attestazione delle dimissioni del Sommo Pontefice.  
O forse travisata, dal momento che, come hanno dimostrato autorevoli giuristi, se si accetta quest’ermeneutica il documento risulterebbe canonicamente e giuridicamente invalido. 
 
In estrema sintesi, queste sono le argomentazioni, che paradossalmente sono le stesse usate da canonisti “bergogliani” quali Monsignor Giuseppe Sciacca e la professoressa Geraldina Boni.  
Il Papa è uno solo (non esistono due Papi, né un Papato “allargato”).  
Dal 1983 l’ufficio papale si considera composto di due enti: il munus (il titolo divino di Vicario di Cristo) e il ministerium (l’esercizio pratico del potere).  
Secondo il Canone 332 §2 del Codice di Diritto Canonico, un Pontefice intenzionato ad abdicare deve rinunciare al munus.  
Tuttavia, nella Declaratio di Sua Santità Joseph Ratzinger, Papa benedetto XVI, affermava di lasciare il ministerium. 
 
Una matassa intricata che però si sbroglia se si considera l’atto come certificazione di sede impedita – o meglio di Santa Sede impedita.  
Che il Canone 412 riconosce quando il Vescovo diocesano è impossibilitato a esercitare l’ufficio pastorale «a motivo di prigionia, confino, esilio o inabilità, non essendo in grado di comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani».  
Situazione verificatasi, almeno in parte, nove anni fa.  
Quando Papa Benedetto era accerchiato da nemici interni (la Mafia di San Gallo) e probabilmente esterni (il blocco dei bancomat vaticani).  
E la sua posta privata era stata data alle stampe (lo scandalo Vatileaks). 
 
Le conseguenze della (Santa) Sede impedita 
Se dunque il mite teologo tedesco non ha realmente abbandonato il Soglio di Pietro, la prima conseguenza è che ancora lui è il Successore dell’Apostolo Pietro.  
Condizione di cui sembra perfettamente conscio, visto che, per esempio, ancora indossa la talare bianca, si firma P.P. (Pater Patrum) e impartisce la benedizione apostolica. 
 
Questo, naturalmente, comporta ipso facto la nullità del Pontificato (e di tutte le disposizioni) di Jorge Mario Bergoglio, la cui linea successoria diventa inevitabilmente antipapale.  
E anche di questo aspetto Benedetto XVI parrebbe consapevole, come si è scoperto qualche settimana fa analizzando il libro-intervista di Peter Seewald “Ultime conversazioni”.  
In cui Sua Santità ammette l’eventualità di essere l’ultimo Papa «come l’abbiamo conosciuto finora», come è designato nella cosiddetta profezia di Malachia. 
 
Benedetto XVI e la profezia di Malachia 
Se dunque non si sana questo vulnus, potrebbe essere la fine della Chiesa cattolica – salvo che non si ripristini la legittima linea successoria.  
Come fece nel 1138 San Bernardo di Chiaravalle, deponendo l’antipapa Vittore IV (a sua volta eletto dopo un altro antipapa, Anacleto II). 
 
Nel frattempo, come profetizzò proprio l’allora professor Ratzinger nel lontano 1969, la Chiesa potrebbe dover «ripartire dalle origini».  
Tornando nelle catacombe, e forse raccogliendosi attorno a un «piccolo resto» come quello di cui parla San Paolo nella Lettera ai Romani.  
 
E non è detto che non sarebbe tanto di guadagnato. 
 
26 Aprile  2022