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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Selfie: La Grande Farsa 
di Ninni Raimondi
 
 
«Con un mito costruito con parole  
e diffuso attraverso la stampa e la radio,  
un pugno di ingegneri di anime ha fatto fare, in passato,  
il passo dell'oca alle popolazioni di mezza Europa.  
Oggi, con un mito costituito soprattutto da immagini  
e diffuso attraverso la stampa, la radio, la televisione ed internet,  
battaglioni di ingegneri di anime  
possono far fare lo struscio del verme  
all'intera umanità». 
(Ninni Raimondi, Fragmenta Mater Dolorosa, 2014)
 
 
 
 
Selfie: La Grande Farsa 
 
Eccoci qui. 
Ridotti ad accontentarci di quanto ci viene concesso.  
 
A desiderare ciò che ci viene permesso. Ad interessarci di quanto ci viene spiegato. A guardare ciò che ci viene mostrato.  
Nient’altro, non c’è altro nelle teste e nei cuori.  
Ne prendiamo atto.  
 
Finita l'epoca del Grande Gioco, dell'avventura in cui lanciarsi a capofitto per giocarsi la vita al tutto per tutto, è diventato inutile proporre sfide che non fanno più spalancare gli occhi a nessuno. Ora che la sola preoccupazione assillante è garantirsi la sopravvivenza mediante il niente per niente, non resta che la miserabile scelta di quale ruolo ricoprire nella replica quotidiana di questo susseguirsi di atti insensati — al di là di qualsivoglia interpretazione logica o intuizione poetica — chiamato esistenza, commedia umana che si trascina facendo sempre più ricorso ad espedienti dozzinali e di pessimo gusto pur di destare una qualche attenzione. 
 
Se per farsa si intende sia uno spettacolo impensabilmente ridicolo, sia (in senso figurato) un comportamento privo di serietà, una cialtroneria, esiste forse un termine migliore per descrivere l'attuale strisciante presenza umana in questa società?  
Ma questa farsa ha cessato d’essere una pausa, breve e greve, offerta per alleggerire uno spirito impegnato ad affrontare interrogativi eterni e fondamentali. Si è estesa nel tempo e nello spazio. Si è fatta sistema, si è fatta normalità.  
La Grande Farsa non è più un mero intermezzo, procede senza interruzioni ovunque, in qualsiasi ambito, in ogni istante. Sebbene la sua paradossale assurdità sia palesemente comica, non fa affatto ridere; al massimo fa digrignare i denti, per nausea ed amarezza.  
 
Non si sta più parlando di singole situazioni risibili e prive di valore, si constatano le caratteristiche moderne della condizione umana — diventata insulsa perché superficiale, falsa perché artificiale, ambigua perché volubile, ipocrita perché obliqua. 
Ciò che è accaduto, si è visto, si è udito, si è vissuto in questi ultimi due anni, giorno dopo giorno, nei Palazzi come nelle piazze, non lascia ombra di dubbio. Peggio, non lascia più alcun margine di parola.  
Allibisce, ammutolisce, toglie il respiro: è la scoperta che nulla sembra avere più significato. Avvilente e disarmante. Ecco allora che le idee si ritrovano ridotte ad essere davvero solo parole, non riuscendo più ad essere una potenza agente. La consapevolezza dell’inanità di ogni discorso non è certo una novità, giacché è da secoli che va manifestandosi.  
 
Ma oggi è diventata talmente macroscopica, plateale e onnipresente da non permettere di mantenere la più necessaria delle illusioni, quella relativa alla possibilità di un’intenzionale e generalizzata inversione di senso. 
Fino a ieri si prendeva e si pretendeva la parola per porre fine alla solitudine dell’essere umano. Oggi anche la parola è imputridita. Oggi non si comunica più, non si discute più: si chiacchiera. Chiacchiericcio a cui si è abituati, che viene invocato, che non trova più ostacoli e invade il mondo. E un mondo in preda al chiacchiericcio diventa immutabile. La parola che spiega, la parola che dimostra, la parola che ricorda, questa parola è solo rumore in mezzo a una miriade di rumori. Non c’è più nulla da spiegare, da dimostrare, da ricordare. Non c’è più nulla nemmeno da rivendicare. A chi? Come? E perché? 
Spettatori di una realtà atroce, quella dell’olocausto delle coscienze, ci è consentito al massimo indignarci. La discrepanza fra pensiero e azione si è fatta inenarrabile. Ieri il totalitarismo del nazismo ha provocato la resistenza in armi, oggi il totalitarismo dell’algoritmo scatena al massimo «l’ironia dei social» (la resilienza della buona coscienza).  
 
E ci si meraviglia se la banalità del male imperversa incontrastata ovunque?  
Meglio non sporgersi su quest’abisso, se non si vuole vacillare in preda alla vertigine. Meglio continuare ad aggrapparsi al boccaglio di un’edificante narrazione (la Costituzione che garantisce i diritti di tutti, un nuovo partito che rappresenti i senza voce in Parlamento, l’assemblea popolare che anima le lotte sociali, l’espressione della ragione vendicatrice che fa tremare il potere) per evitare di soffocare nella rarefazione del pensiero critico. 
 
Non c’è fine alla nostra solitudine.  
Il mondo ci è ostile e tale rimarrà. L’esilio interiore, fenomeno che rischia di diventare universale, non è più un ostracismo, è diventato un ergastolo.  
 
Fine pena mai.  
Non si può far cessare la sensazione di essere stranieri ovunque, anche nel proprio paese, di essere costretti al silenzio e all’oscurità perché non si pensa come gli altri. Non possiamo più ignorarlo, bisogna riconoscerlo. Soprattutto, occorre prepararsi. L’idiocrazia annuncia l’estinzione, la Grande Farsa precede il Grande Massacro.  
La parola è diventata una piaga, una falsificazione forsennata di tutto ciò che era bellezza e significato. E da questa piaga quelli come noi, senza desiderio di trovare posto in una realtà artificiosa, si possono difendere solo attraverso un silenzio nero senza pietà per la parola inetta ridotta allo schematismo degli affari di partito e di corte, all’effetto sonoro di sottofondo, all’intrattenimento nel mondo dello Stato.  
Che la parola strappi la carne, laceri l'anima, che sputi sangue, infiammi i cervelli e scavi un buco nel cuore, se vuole tornare ad essere viva. 
 
 
 
Noi non apparteniamo a nessun paese,  
a nessuna nazione. 
Noi siamo soltanto alcuni. 
Quelli che vedete con noi,  
non sono con noi 
 
 
28 Aprile  2022