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Ci ha lasciato Jack Marchal, in punta di matita 
di Ninni Raimondi
 
Ci ha lasciato Jack Marchal, in punta di matita 
 
Jack Marchal è andato oltre, in punta di matita. Lui che da irriverente disegnatore tratteggiò quell’indimenticabile topo nero, uno dei migliori schiaffi al dominio culturale della sinistra e al torpore della destra, entrambe troppo seriose per coglierne la genialità. Fumettista e musicista, artista senza clamore che ci regalò quel Rat Noir, entrato a spinta nell’immaginario della destra radicale europea, generazione dopo generazione. 
 
Jack Marchal, quel geniale fumettista 
Fu lui a idearlo per Alternative, per poi imprimerlo sul periodico di satira politica La Voce della Fogna, diretto da Marco Tarchi. Il topo che “martellava” il correttismo dell’epoca, comparirà poi in volantini e manifesti, di ciclostile in ciclostile. Un rat maudit che conquistò soprattutto i giovani dell’Msi e dei movimenti extraparlamentari refrattari al grigiore che ingessava un intero ambiente, colmo di “passatismo” e nostalgismo. 
 
Spirito libertario Jack, da sinistra a destra, restando sempre se stesso. 
“Ho visto troppo da vicino i leader del maggio 68 alla facoltà di lettere a Nanterre – disse una volta – per avere avuto la minima illusione sul loro conto. I media ci presentano quel periodo come una esplosione di libertà mentre invece quel periodo aprì una fase di terrorismo ideologico nelle università e nei licei. Gli stessi arroganti, gli stessi abbruttiti impregnati di buona coscienza settaria che vediamo agitarsi all’interno dei gruppi antifascisti”. 
 
“L’incontro con i compagni all’università – ricordava – ha fatto il resto: i nemici di quei bastardi non potevano che essere miei amici. È così che ho fatto mia la croce celtica nell’inverno del 1966-67". Dalla croce celtica al topo nero, il passo fu breve. «Dopo il ’68 una miriade di gruppuscoli marxisti e dell’ultrasinistra aveva colonizzato le università e le riempiva di manifesti con testi noiosi, interminabili e ripetitivi. Noi cercavamo di distinguerci da quella banda di logorroici con slogan umoristici e una grafica alternativa. Non avevamo un simbolo, così una volta mi è venuto in mente di tratteggiare un topo, visto che i nostri avversari ci definivano così, che commentava in modo caustico e pungente gli avvenimenti politici intorno a noi. Avevamo trovato un simbolo per il nostro movimento da opporre al conformismo della sinistra marxista, verbosa e oppressiva”. 
 
Musica e parole, prima di tutti 
Da fumettista sarcastico a musicista innovatore, perché Marchal era convinto che “tutto ciò che riguarda la cultura è un’arma politica“.  
Fu così che alla fine degli anni Settanta tirò fuori uno dei primi progetti di rock identitario.  
In Italia, durante il terzo Campo Hobbit svoltosi a Castel Camponeschi in Abruzzo, presentò una piccola perla: Science & Violence, Lp scritto da lui e inciso nell’agosto del 1979 a Roma, in una sala prove messa a disposizione dal batterista degli Janus, Mario Ladich.  
 
Nel 2011, intervistato da Roberto Alfatti Appetiti per il Secolo d’Italia , descrisse così i compagni di oggi:  
“Si sono scambiati il loro marxismo con il più nauseante liberalismo mercante mantenendo la solita mentalità totalitaria. Quando sono al potere gli effetti sono evidenti: censura generalizzata, soppressione progressiva di tutte le libertà d’espressione”.  
 
Centrare il punto, con un tratto di matita.  
 
Adieu Jack. 
 
2 Settembre  2022