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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Chi ha paura della paura? 
di Ninni Raimondi
 
Chi ha paura della paura? 
 
Per la sinistra, chi vota i partiti sovranisti lo fa solo perché spinto da timori irrazionali. Ma le cose sembrano essere più complicate 
 
Quante volte l’avete sentito dire? «I sovranisti trionfano perché fanno leva sulla paura». Una recente puntata di Report dedicata a Matteo Salvini si intitolava proprio così: La fabbrica della paura. Antonello Caporale del Fatto quotidiano ci ha scritto pure un libro: Il ministro della paura. Sul suo giornale lo ha presentato così: «Matteo Salvini vende la paura al mercato della politica. È una merce richiestissima e lui la offre a buon mercato. La paura dell’altro, la paura dello straniero, la paura del ladro, la paura di restare senza lavoro, la paura di impoverirci.  La paura del futuro». Tito Boeri, su Lavoce.info, ha parlato invece di «imprenditori della paura», riferendosi ovviamente a Lega, Fratelli d’Italia eccetera. Luigi Manconi, dal canto suo, si è espresso sulla «politica della paura». E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo. 
 
Le balle raccontate dalla sinistra 
Ragionamenti di questo tipo non sono insultanti solo nei confronti di Salvini, Giorgia Meloni e altri, lo sono soprattutto nei confronti degli italiani che hanno votato i partiti di destra. Chiunque non appoggi il fronte progressista viene descritto come un ignorante, oppure come uno che ha una percezione errata della realtà, o ancora come un poveretto in preda all’emotività, schiacciato da angosce più grandi di lui. La paura è sempre associata alla scarsa lucidità, all’irrazionalità. E infatti il ritornello è sempre il solito: chi vota a destra vota con la pancia, non con la testa. Dà libero sfogo agli umori invece di riflettere. 
Chi è terrorizzato dal futuro, dalla rivoluzione tecnologia, dai bancomat che sostituiscono i contanti, dell’immigrazione e da tutti i cambiamenti che la nostra epoca porta con sé cerca un riparo nel sovranismo. O lo cerca nel nazionalismo a cui si affidano – come ha scritto sul Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia – le classi popolari che hanno «costituzionalmente» bisogno di protezione. Insomma, ci dicono i grandi intellettuali, solo i progressisti o i liberali sono liberi dal fardello della paura e possono votare razionalmente. 
 
Di cosa hanno paura (davvero) gli italiani 
Ecco perché risulta molto interessante dare uno sguardo a un sondaggio realizzato da Italiani.coop, il centro studi di Coop Italia (capite bene che non stiamo parlando di un pericoloso think tank sovranista), e anticipato da Sette, magazine del Corriere della Sera. Analizzando i trend delle ricerche su Google, il centro studi ha stilato – come ormai fa dal 2008 – la classifica delle 40 paure che più attanagliano gli italiani. Sentite qua: «Alcune delle paure che emergono sono ancestrali come quella del buio o di volare che negli ultimi 10 anni hanno sempre occupato il podio delle ricerche su Google. A questa si associa la paura dei cani, che nella top 40 è l’unico animale domestico temuto e oltretutto in crescita». In sostanza sul podio delle paure ci sono: buio, volare, cani. All’ottavo posto troviamo la solitudine, curiosa nuova entrata. All’undicesimo posto c’è la paura del futuro. E gli stranieri? Se fosse vero che i sovranisti hanno così influito sulle menti del popolino da far crescere esponenzialmente i propri consensi, la paura dei migranti dovrebbe essere al primo posto. E invece è al trentottesimo. Agli italiani, a quanto risulta, fanno più paura il dentista, i clown, le api e persino le bambole. Come è possibile? Semplice. Il sondaggio Coop esamina le paure vere e proprie, quelle spesso irrazionali, che gli italiani non riescono a spiegare. 
 
La Treccani definisce la paura come uno «stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario». La paura degli stranieri sarebbe pura e semplice xenofobia. Il rifiuto dell’immigrazione di massa, al contrario, non è uno stato emotivo, ma il frutto di un ragionamento. Non parliamo di emozioni, ma di razionalità. Non si rifiutano i presunti profughi perché li si teme, ma perché si ritiene che non dovrebbero stare qui. Se bastasse far leva sulla paura, stando al sondaggio Coop, un partito che promettesse di eliminare topi e ragni farebbe il pieno nelle urne. Far riferimento alla paura, dunque, serve per lo più per sminuire le argomentazioni di sovranisti e conservatori. Per relegarle nell’ambito della irrazionalità. 
 
A ben guardare, però, di questi tempi a fare maggior uso della irrazionalità sono proprio i cosiddetti liberal. Lo spiega bene Anne-Cécile Robert nel bellissimo saggio La strategia dell’emozione (Eleuthera). Oggi si sfruttano le emozioni a beneficio di numerose cause: da quella dei migranti, sempre dipinti come vittime bisognose di affetto a quella dell’ambiente, su cui si alimenta l’ansia più soffocante. «Sembra che invocare l’affettività», scrive la Robert, «porti a depoliticizzare i dibattiti, mantenendo i cittadini in una posizione di subalternità infantile che li rende non solo incapaci di gestirsi da sé, ma anche a cedere il loro libero arbitrio a una dittatura benevola, sempre pronta a dare ascolto alle loro emozioni».  
 
Mentre il cittadino ridotto a bimbo in preda alle emozioni si commuove, gli «adulti» che detengono il potere decidono per lui. Lo indirizzano, gli spiegano che non deve «avere paura», basta che voti dalla parte giusta. Perché se si ostina a votare da quella sbagliata, rimarrà sempre un bifolco che si fa guidare dagli umori. Uno che, come ha spiegato Corrado Augias, usa la pancia invece della testa. E poi dicono che la destra è razzista… 
 
10 Dicembre  2022