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La rivoluzione nel sacchetto
 
La rivoluzione nel sacchetto 
di Ninni Raimondi
 
Dal 1° Gennaio, nei supermercati, è obbligatorio l’utilizzo di sacchetti biodegradabili per la pesatura e la prezzatura delle merci sfuse. Questi sacchetti costeranno 0,02 euro cadauno, e ciò è bastato a scatenare una bagarre, attorno alla quale si sono create due fazioni: chi sorride affermando che: “E’ aumentato tutto ed è inutile protestare per il sacchetto”, e chi invece vede in questa nuova imposizione quasi un atto di violenza. 
Volendo analizzare più approfonditamente il fenomeno, la “rivoluzione nel sacchetto” è nata proprio dall’esasperazione di tante piccole “violenze” che hanno afflitto gli italiani negli anni. 
Ha ragione infatti chi afferma che sono aumentate le bollette, le tasse, gli idrocarburi, ma quella del sacchetto è stata infatti non la causa scatenante del fenomeno, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso. 
Se è vero infatti che la bolletta, il canone Rai, o qualunque altro aumento hanno toccato il portafoglio, il “sacchetto”, toccando direttamente il cibo ha toccato qualcosa di sacro e necessario alla sopravvivenza e alla dignità, scatenando le reazioni – a volte divertenti – di chi ad un certo punto si è accorto che sta subendo da tanto, troppo tempo, le più subdole violenze. 
Questo fenomeno non va trascurato, va anzi tenuto in grande considerazione dalla prossima classe politica che inizierà a governare, perché il popolo è stanco ed inizia a sentire di nuovo il bisogno di autodeterminarsi. 
 
Cosa c’entra l’autodeterminazione?  
C’entra nella misura in cui, come un mantra, al popolo viene richiesto ogni sorta di sacrificio per una non meglio specificata “richiesta europea”. 
Quante volte ci è stato infatti detto: “Ce lo chiede l’Europa?” E’ appena successo di nuovo, infatti Matteo Renzi in merito ha esattamente affermato: “Ci siamo adeguati ad una normativa europea”. 
 
E’ proprio vero ciò che afferma l’ex-Presidente del Consiglio?  
No, infatti la direttiva 2015/720 lascia agli Stati membri la libertà di continuare ad utilizzare le borse di plastica con uno spessore inferiore ai 15 micron. In sostanza, i sacchetti per la pesatura e la prezzatura – per la direttiva europea – possono continuare ad essere non biodegrabili. 
Solito favore all'”amico” europeista?  
C’è chi afferma ciò, possiamo averne il sospetto, ma lasceremo il lettore con il dubbio, affinché anche lui possa maturare e coltivare la sua “Rivoluzione nel sacchetto”. 
Licenza Creative Commons  8 Gennaio 2018