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Ci mancheranno gli editoriali della sinistra 
di Ninni Raimondi
 
Ci mancheranno gli editoriali della sinistra 
 
Mentre aspettiamo di capire come diavolo possa formarsi un nuovo governo dopo le elezioni del 4 marzo, il vero spettacolo per passare il tempo e rinfrancare l’animo sono i giornalisti di sinistra, ovvero l’80% dei giornalisti tout court. Un esercito di sinceri democratici risvegliatisi improvvisamente nell’Italia del 1922. Non è vero, ovviamente, ma il timor panico di questa intellighenzia, peraltro largamente responsabile rispetto alla catastrofe della sinistra, ha comunque un sapore dolce. 
Come non gioire, per esempio, quando Michele Serra, su Repubblica, inizia così la sua analisi sul popolo della sinistra: “Anime senza un corpo. Così si sono svegliati, la mattina del 5 di marzo, milioni di italiani di sinistra”? È divertente leggere l’editorialista descrivere queste “anime sciolte della sinistra” che “vanno al lavoro, salgono in macchina, accendono il computer, leggono il giornale, guardano le strade, le case, le facce degli altri per verificare come e quanto sia mutato il loro paese. Lo guardano con il timore di non riconoscerlo più e di non esserne più riconosciuti”. Marziani in mezzo agli italiani, élite senza popolo: finalmente hanno capito l’estraneità di un certo ceto all’Italia reale. 
Gustoso anche lo sfogo di Enrico Sola su Il Post. “I numeri parlano chiaro – scrive – più del 70% degli italiani ha votato per un partito o movimento o apertamente di destra o assimilabile a essa per programmi, metodo politico e totale disinteresse per valori come la solidarietà e la tolleranza. Non solo, il 50% circa ha votato per partiti apertamente filo-Putin e, probabilmente, da lui finanziati”. Manca solo un passo, un piccolissimo passo per dire che le elezioni italiane le ha condizionate Putin, ma ci arriveranno. Sola si sente sempre più solo: “Non so bene cosa sia questa ‘cosa’ che avanza e che per me è il male assoluto o quasi. Non so nemmeno bene cosa voglia in dettaglio e a quali esigenze politiche e umane risponda. So che è la nemesi dei miei valori, del mio modo di concepire la vita, dei miei comportamenti. […] Insomma, qui si è affermata chiaramente una volontà popolare indiscutibile e netta: il popolo italiano, nella sua stragrande maggioranza, vuole più destra. E la vuole populista, rabbiosa, xenofoba, antiscientifica, bigotta e vogliosa di menare le mani”. 
 
Continuiamo, che ci si diverte: “In Italia nel 2018, insomma, è drammaticamente in minoranza chi ritiene di avere bisogno della sinistra e di ciò che promette: giustizia sociale, solidarietà, equità, tolleranza, laicità, diritti. […] Questa cosa qui ha un nome: crisi di senso. La sinistra, piaccia o no, non ha più senso per il paese, per il momento storico che attraversa, per la psicologia e la narrazione collettiva dominante, che tende alla distruzione e all’accusa più che alla soluzione”. E tuttavia c’è chi prepara la ritirata strategica nelle proprie riserve radical chic, una sorta di ridotta nella bolla liberal. Jacopo Iacoboni della Stampa, per esempio, twitta: “Il sud totalmente al M5S. Il nord quasi totalmente al centrodestra. Poi ci sono due casi eccezionali: a Torino città, notevole calo del M5S, a Milano il Pd va bene. Sono le due città con il tessuto intellettuale e economico più avanzato d’Italia”. Non cambieranno mai… 
Licenza Creative Commons  8 Marzo  2018
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