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Forza Italia e un governo di min
 
Forza Italia e un governo di minoranza 
di Ninni Raimondi
 
Passato il giorno della grande amarezza per il sorpasso leghista, Silvio Berlusconi riunisce ad Arcore lo stato maggiore del partito, annuncia che riunirà i gruppi il 14 marzo e tutti gli eletti il 20 a Villa Gernetto. E’ il primo segno di reazione. E la prima riaffermazione della sua “golden share” nel centrodestra, dove ribadisce «nel rispetto dei patti intercorsi con gli alleati, io resto il regista e il presidente di Forza Italia, io resto il garante della compattezza della coalizione». Berlusconi però per la prima volta fa pubblici complimenti a Matteo Salvini: «Sono felice per lui e per la Lega con cui siamo stati per lunghi anni al governo e amministriamo importanti regioni». Il Cav manda un segnale al Colle: «La nostra coalizione è risultata la prima formazione politica e questo dovrebbe, anzi deve essere determinante per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Contiamo sull’equilibrio e la saggezza del capo dello Stato». Berlusconi parla di incarico, ma non dice esplicitamente che debba essere affidato a Salvini. Al quale comunque riconosce il sorpasso della sua Lega su Forza Italia. E in ogni caso il primo segnale che ora il Cav stia stringendo i bulloni su un governo di centrodestra secondo i beni informati consiste nel ritorno al vertice di Arcore di Gianni Letta, il gran diplomatico dal quale non si prescinde per la formazione di qualsiasi esecutivo, dopo che Letta aveva abbandonato il tavolo delle candidature protestando con l’asse azzurro filo- leghista. 
 
Già, ma quale governo? Ieri girava la voce dentro Forza Italia di un eventuale esecutivo di minoranza sul modello spagnolo, che poggi sull’astensione del Pd. Ma potrebbe essere sempre Matteo Salvini a guidarlo? Che il leader leghista non molli sta nella logica dei numeri, «non mi scanso», ha ribadito. Ma se per caso al posto suo venisse scelto, rispettando i patti con il Carroccio, un leghista dai toni più moderati almeno su euro e Europa come il bocconiano Giancarlo Giorgetti, vicesegretario, l’economista che parla le lingue, ha buoni rapporti in Europa, definito il “Gianni Letta padano”, da sempre uomo forte di Via Bellerio, sopravvissuto a tutti i segretari leghisti? Al momento sono solo ipotesi, congetture. Così come quella, che appare più improbabile, che alla fine Berlusconi possa convincere Salvini ad accettare Antonio Tajani, che ieri era presente ad Arcore. Ma queste ipotesi e congetture vengono avanti a fronte della certezza dentro Fi, anche confermata dalle stesse parole di Matteo Salvini ( «I Cinque Stelle li vedo solo in Tv» ), che il capo leghista è persona accorta e non andrebbe certo a bruciare il suo essere numero uno nel centrodestra mettendosi a fare il numero due di Luigi Di Maio. 
 
Anche se una dichiarazione del responsabile economico del Carroccio Claudio Borghi Aquilini potrebbe gettare un po’ di ambiguità, quando dice che non ci potrebbe essere un governo Lega- Cinque Stelle, ma che «invece un esecutivo Cinque Stelle- centrodestra potrebbe esserci». Ma al di là delle sortite di Borghi, non nuovo ad alcune boutade, la situazione di Salvini è un po’ paradossale perché appunto con Di Maio farebbe il numero due, e con il centrodestra è invece il numero uno che però non può prescindere dal “regista” e “garante” Berlusconi, che, comunque con il suo 14 per cento, è sempre «il detentore della golden share», come fanno notare fedelissimi del Cav. Questo è il quadro nel quale il leader leghista ieri ha pronunciato di nuovo parole caute, istituzionali e che in un passaggio potrebbero convergere con l’ipotesi di un governo di minoranza alla spagnola che poggia sull’astensione del Pd. Salvini a sorpresa dice: «Renzi è vittima della sua arroganza, peccato perché c’è una tradizione di sinistra che non vota o che guarda alla Lega e cercheremo di raccogliere queste forze». Quali? Non sembra riferirsi alle scarse truppe di LeU in Parlamento ma suona come un ragionamento che punta dritto al Pd e a certi settori di esso. Anche se le truppe in Parlamento sono tutte renziane. Salvini sottolinea anche il suo «no ad accordi politici e partitici», ma apre a chi sostiene «i programmi». C’è però un problema di fondo quand’anche anche lui abbia in mente un governo alla spagnola. «Con Salvini premier – dicono dentro Fi – Berlusconi rischia di compromettere i suoi rapporti con il Ppe». Salvini comunque è chiaro: «C’è un Parlamento, c’è un candidato premier e c’è un programma che porterà l’Italia fuori dalle sabbie mobili. Chi vuole sostenere questo programma lo accettiamo, ma non faremo accordi partitici». E poi quel «io non mi scanso dalla premiership perché la Lega ha preso oltre 5 milioni di voti, come coalizione con Berlusconi e gli altri alleati ci hanno dato il voto 12 milioni di italiani». E però per il centrodestra non basteranno per governare. Quindi, appare chiaro che si agirà anche su quegli eletti ormai fuori dai Cinque Stelle. Salvini si dice sicuro che la coalizione andrà insieme alle consultazioni al Quirinale. Infine, esulta il leader leghista, sempre accusato di razzismo, all’elezione del primo senatore leghista di colore: Toni Iwobi. «Razzista è certa sinistra», dice Salvini. 
Licenza Creative Commons  8 Marzo  2018
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