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Siamo cresciuti
 
Siamo cresciuti 
di Ninni Raimondi
 
Ero di Ordine Nuovo. Sì noi, Almirante, c'è stato un periodo che lo abbiamo anche odiato, ma resta il nostro “padre” 
 
Siamo cresciuti pensando, qualche volta in modo critico, direi con cipiglio su Giorgio Almirante: La “Destra nazionale”, l’apertura ai monarchici, la “doppia pena di morte” per i “terroristi neri”, l’occidentalismo in politica estera, l’investitura scellerata di Gianfranco Fini, l'occhieggiamento a quell'opportunista, lusingatore e laccapiedi di Storace, ecc.. L’ex segretario missino ci sembrava il ricettacolo di tutti i ruffiani e ruffianotti che gli gravitavano attorno.  
Era il tempo dello slogan: "I missini si arrendono, i fascisti no!
E beninteso, su tante cose non avevamo neanche torto.  
Eppure, a trent’anni dalla morte di Giorgio Almirante, forse i tempi sono maturi per un giudizio meno acrimonioso. 
Qualche anno fa, un uomo saggio e risolutamente anti almirantiano (era stato un militante di Ordine Nuovo), mi disse:  
“Certo, Almirante non ci piace, ma a tanti anni dalla morte ci sono tantissimi italiani che lo ricordano come un padre e questo qualcosa vorrà pur dire. Chi verrà ricordato, come un padre, dei politici di oggi?”.  
Aveva ragione e ragione da vendere.  
 
Ovviamente è la politica di oggi a essere diversa: ora vigono i ritmi social, in poco tempo e senza troppi meriti, diventi un Dio, fai incetta di like e domani nessuno si ricorderà più di te.  
Non è un lamento, ma il riconoscimento di un dato di fatto. E certo può sembrare sterile nostalgismo il consueto confronto, impietoso, fra la classe politica preparata e signorile di un tempo contro quella arruffona e superficiale di oggi, ma è pur vero che il dato balza agli occhi. 
Mio padre sosteneva che Almirante sapesse tutta la Divina Commedia a memoria. Ora, magari proprio tutta tutta no, ma che ne avesse una conoscenza estesa e approfondita è assolutamente verosimile (anche il famoso articolo contro il “razzismo spirituale” di Evola, ai tempi del fascismo, aveva un titolo dantesco, a pensarci bene). E Almirante era pur sempre il politico capace di fare ostruzionismo in aula con discorsi di ore, ma comunque coerenti.  
Era il politico capace di far fronte a giornalisti che ne chiedevano la testa, letteralmente e che farebbero impallidire i Berizzi di oggi, in tribune politiche affrontate con garbo e lucidità.  
Un garbo che peraltro contemplava tranquillamente cose come il (sacrosanto) raid squadrista all’autogrill che si era rifiutato di servirlo, una bella pagina nella secolare lotta alla maleducazione.  
È stato, infine, un politico la cui voce su Wikipedia, alla sezione “procedimenti giudiziari”, riporta solo e soltanto processi politici e questo, qualcosa vorrà pur dire, pur ammettendo che “rubare”, per i missini, sia stato fino agli anni ’90 impossibile anche solo tecnicamente. 
 
Ma questo è ancora colore, dato di contorno, anche perché all’epoca tutta la politica era di questo stampo (onestà esclusa).  
Del resto erano tutti usciti dalle scuole del fascismo e molto spesso anche dagli organi politici del fascismo, compreso la gran parte dei politici antifascisti.  
Resta significativa, tuttavia, quella funzione paterna svolta da Almirante. C’erano, ci sono ancora, milioni di italiani che hanno davvero perso un padre insieme al leader di un partito. Almirante, in Italia, è stato soprattutto questo: l’uomo che ha dato una speranza, una rappresentanza e una voce a tanti compatrioti.  
Probabilmente la parte migliore dei nostri compatrioti, anche se oggi ciascuno, nella propria cameretta, può immaginarsi che nel dopoguerra bisognasse lasciare i nostalgici del fascismo a se stessi, “sfondare a sinistra”, parlare con le masse operaie, dialogare con il Pci in funzione anti-americana, operare sintesi immense e rosse, convincere l’Urss a diventare bombacciana e via sognando. 
Quella voce non ha parlato sempre come avremmo voluto?  
Verissimo.  
 
C’è stato, nell’almirantismo, un cinismo di fondo, un navigare a vista, una visione burocratica del partito, un cedimento al bacchettonismo reazionario, l’utilizzo strumentale di tutti i fermenti giovanili e culturali, il colpevole abbandono a se stessa di troppa gioventù radicale, finita a prendere la via più corta anche per scelte di partito.  
Lo so e lo ribadiamo.  
Glielo urlerei addosso se fosse vivo.  
 
Proprio come si fa con un padre che non ti capisce, che sbaglia tutto, che ti costringe ad andartene di casa, a trovare affinità di spirito altrove, a sognare orizzonti più grandi, più puri, più limpidi.  
Ma senza potersi mai auto-generare, senza potersi mai scegliere il proprio padre.  
Almirante resta nel nostro album di famiglia, volenti o nolenti, ma con tanto orgoglio e rispetto.  
A conti fatti, ci poteva pure andare peggio. 
Licenza Creative Commons  23 Maggio 2018
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