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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Tre parole insieme 
di Ninni Raimondi
 
 
 
         
 
Nordio  
“Il caso Gratteri? Serve un esame psichiatrico per chi vuol fare il magistrato” 
 
Carlo Nordio interviene, a modo suo, sulla polemica nata alla prefazione di Nicola Gratteri al libro negazionista 
“Non ho letto il libro recensito da Gratteri e non so se un magistrato in servizio si sia pronunciato nel senso che i vaccini sono funesti e l’epidemia non esiste. Se questo fosse vero, e spero non lo sia, confermerebbe quanto ho scritto 20 anni fa nel mio primo libro sulla giustizia. E cioè che per l’accesso in magistratura manca l’esame fondamentale: quello psichiatrico”.  
 
Parole e musica dell’ex magistrato Carlo Nordio il quale interviene a modo suo sulla polemica nata intorno a Gratteri. 
Intervistato da Huffingtonpost Nordio ha poi insisitito: “Il Consiglio superiore della magistratura non ha competenza sulle idee “sanitarie” delle toghe, né sulla loro istruzione, relativamente a vicende extragiudiziarie.  
Tuttavia espressioni così bizzarre, se realmente sono state espresse da un magistrato, minano ancor di più il nostro prestigio e la nostra credibilità, già ampiamente compromessa dalla vicenda Palamara e dall’ultima infelice sortita dell’Anm”. 
 
 
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Di Battista torna alla carica  
«In tv voglio vedere i sottopancia dei politici condannati!» 
 
Difendendo l'amico Andrea Scanzi, il deputato ex grillino rispolvera un suo antico cavallo di battaglia. Che sembra uscito dal ventennio fascista 
Intervenendo Alessandro Di Battista rispolvera un suo antico cavallo di battaglia che sembra uscito dritto dritto dal Ventennio: presentare i politici in tv con i sottopancia delle loro precedenti condanne penali. Un’idea che farebbe sorridere per quanto sia stupida e incivile, ma che Dibba difende con fierezza. 
«Qualche anno fa avanzai una proposta alla RAI: scrivere nei sottopancia che descrivono i politici ospiti in TV, oltre alle loro cariche, i carichi pendenti e le eventuali condanne. Esempio? “Stasera abbiamo ospite Roberto Formigoni” e subito compare in sovrimpressione la scritta: “ex-Presidente della Regione Lombardia, condannato a 5 anni e 10 mesi di carcere per corruzione”. Logico no? Un completamento del servizio pubblico. Come a dire, se proprio intendete invitarli almeno dite quel che di veramente grave hanno fatto!». 
 
Difendendo poi l’amico Andrea Scanzi sull’annosa polemica del vaccino preso di straforo, condannando -giustamente- le «manganellate» subite dal giornalista del Fatto, Di Battista nella riga successiva impugna schizofrenicamente il manganello e attacca il direttore del Giornale Alessandro Sallusti con elegantissima allussione sessista all’ex compagna Daniela Santanché: «Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, nel 2012 è finito agli arresti domiciliari per via di una condanna a 14 mesi di detenzione per diffamazione. Sul suo giornale venne diffamato un giudice e lui pagò in quanto direttore. Sallusti scontò la pena in casa insieme alla sua compagna di allora, l’attuale senatrice di Fratelli d’Italia Daniela Santanchè. Sallusti, per amor di verità, chiese più volte di poter scontare la pena in carcere e non ai domiciliari. Come dargli torto, data la compagnia domestica». 
Poi l’inquietante chiosa filosofica:  
«Il punto è che il “castigo etico” dovrebbe valere per tutti». 
 
 
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Il "Dantedì"?  
Per un giornale tedesco c’è poco da celebrare: Alighieri è “un moralista presuntuoso” 
 
Per il quotidiano Frankfurter Rundschau, il Sommo poeta non si è inventato nulla se non a mettere «i buoni nel vasino, i cattivi nel pozzo». E Franceschini replica: "Non ragioniamo di lor..." 
 
L’Alighieri?  
Molto meglio Shakespeare. E poi figuriamoci se Dante ha davvero inventato l’italiano, che non sia vero lo sanno anche i bambini. Di sicuro, il Sommo Poeta era un arrogante «dotato di un immenso ego». E oltretutto, neanche sappiamo se l’angelicata Beatrice sia esistita davvero e, malandrino, la vera moglie e i suoi figli Dante non li cita mai, in nessun passaggio della Divina Commedia, una «fabbrica di versi» che serve solo a menar giudizi e condanne a destra e manca. Insomma, le celebrazioni del «Dantedì» potremmo anche risparmiarcele. A confezionare questo livido e bizzarro attacco all’Alighieri, proprio nella giornata dell’omaggio nazionale al Poeta, è la Frankfurter Rundschau, autorevole quotidiano tedesco, in un lungo articolo dal beffardo titolo «I buoni nel vasino, i cattivi nel pozzo», di Arno Widmann, già fondatore della Tageszeitung (Taz). 
 
Il quale evidentemente nutre scarsissima simpatia per il povero Dante: secondo il giornalista tedesco, la Divina Commedia è «una fabbrica di versi», nella quale «ogni volta è chiaro se fai parte dei buoni o dei cattivi», laddove l’Alighieri è mosso soprattutto «dalla voglia al giudicare e al condannare». Quanta presunzione, dice il presuntuosissimo Widmann: «Gli oltre14 mila versi sono intesi a gettare un ponte lungo oltre 1300anni sull’Eneide di Virgilio: una tale opera abbisogna di un ego immenso». Appunto. Per la verità, l’articolo è percorso da uno spirito ai limiti del satirico, di cui appare evidente l’intento provocatorio: nondimeno Widmann – che si ricorda perché nel1987 un’intervista da lui commissionata sul suo giornale finì per alimentare la tesi cospirazionista secondo la quale il virus dell’Aids venne creato artificialmente in un laboratorio militare americano – irride all’Italia che loda Dante «come uno di coloro che hanno portato l’idioma del Paese alle altezze della grande letteratura». 
 
In realtà, secondo l’autore, l’Alighieri «in un certo senso avrebbe creato la lingua per la sua opera, e questa lingua divenne quella dei suoi lettori e poi quella dell’Italia…», ma è semplicemente quello «che fino a 60 anni fa si raccontava ad ogni scolaro italiano, nessuno lo direbbe anche oggi». Come se son bastasse, le prime liriche in volgare furono scritte «in provenzale», certo non nell’italico idioma dantesco: in pratica, la maggiore invenzione di Dante, ossia di aver portato il volgare nell’alveo dell’arte letteraria, non è una vera invenzione. Pure l’aldilà dantesco «è un mondo ben strano», insiste Widmann, dove «non cresce nessun albero», praticamente «un paesaggio da uffici», se non fosse «per qualche creatura mitologica e gli angeli caduti e risaliti». Il tedesco trova da ridire anche sul rapporto con Beatrice: «Per la scoperta della vita nuziale come una delle vie alla beatitudine bisognerà attendere Martin Lutero e la Riforma».  
 
E rieccola, l’antica diatriba tra l’Italia dei Papi e la rivoluzione protestante, sia pure con uno spostamento temporale di qualche secolo. Dopodiché Widmann tira in ballo Shakespeare, che gli pare «più moderno anni luce rispetto agli sforzi di Dante di aver un’opinione su tutto, di trascinare tutto davanti alla poltrona da giudice della sua Morale. Tutta questa immensa opera serve solo per permettere al Poeta di anticipare il Giorno del Giudizio, mettere lui in pratica l’Opera di Dio e di spingere i buoni nel vasetto e i cattivi nel pozzo». Già che c’era, Widmann avrebbe potuto citare anche Kafka, il marchese De Sade e i Beatles per dire che nel lirismo sono più à la pagè del povero Alighieri. 
 
«La migliore risposta immediata è stata quella del ministro Franceschini ’Non ragioniamo di lor’ citando Dante.  
In ogni caso è davvero sorprendente che arrivi un attacco di questo tipo perché la Germania ha una tradizione di studi danteschi davvero prestigiosa tanto che, ancora oggi, lì viene pubblicata un’intera rivista dedicata a Dante», commenta Andrea Mazzucchi, dantista e direttore del Dipartimento degli studi umanistici alla Federico II di Napoli in merito all’articolo del giornalista Arno Widmann pubblicato dalla Frankfurter Rundschau.  
«Mi pare una voce abbastanza isolata all’interno del panorama culturale tedesco, dettato più dalla voglia di visibilità che da un’autentica conoscenza. Sul piano culturale sono state inoltre sostenute una serie di autentiche idiozie», ha aggiunto. 
 
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Sic transit gloria mundi 
Grazie per aver letto 
Licenza Creative Commons  1 Aprile  2021