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Un tunisino di 32 anni è stato arrestato questa mattina alla stazione Centrale di Milano, con l’accusa di essere uno stupratore seriale. L’immigrato, pluripregiudicato e senza fissa dimora, era uscito da poche settimane dal carcere e in questo periodo ha cercato di compiere tre stupri a bordo di treni sulla tratta Milano-Genova. Ma il sospetto è che possa aver compiuto anche altre violenze.
L’ultimo episodio è avvenuto un paio di giorni fa, quando una studentessa di vent’anni è stata avvicinata dal tunisino mentre era a bordo di un treno a Genova che con la scusa di chiederle alcune informazioni l’ha aggredita. L’immigrato ha estratto un coltello e glielo ha puntato alla gola. Poi tenta di toglierle i pantaloni, ma l’intervento di alcuni passeggeri evita lo stupro. Il tunisino fugge ma viene poi identificato grazie alle telecamere di sorveglianza. La Polfer e la squadra mobile di Genova dopo l’identificazione sono riuscite ad acquisire gravi indizi per altri due episodi simili.
Prima di questo tentato stupro, infatti, il tunisino si è reso protagonista di altre aggressioni, sempre con la stessa dinamica. A inizio novembre lo ha fatto con una ragazzina che però si mette a urlare e ad attirare l’attenzione degli altri passeggeri che intervengono. La descrizione che la giovane vittima fornisce alle forze dell’ordine permette di capire che lo stupratore è il tunisino che aveva già serpeggiato il terrore sui treni che collegano Milano con la Liguria.
Il tunisino è stato bloccato vicino alla stazione Centrale a Milano, mentre bivaccava in attesa, probabilmente, di prendere un altro treno dove trovare una donna da molestare e stuprare.
Il capo dei pm genovesi, Francesco Cozzi, ha così commentato l’arresto del tunisino: “Queste persone sono bombe a orologeria. Devono subire trattamenti specifici, di natura psicologica, proprio per evitare che una volta usciti dal carcere possano commettere nuove forme di violenza”. Il tunisino, infatti, aveva da poco scontato una condanna per maltrattamenti e altri episodi di violenza. Cossì afferma che “prima di essere rimesso in libertà andava sottoposto a trattamenti psicologici specifici per evitare non solo che ricadesse nel medesimo reato ma ne commettesse anche più gravi”.
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