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Gli intellettuali africani all’a
Gli intellettuali africani all’attacco di Fernando Pessoa: “Era razzista” 
di Ninni Raimondi
 
Fernando Pessoa, secondo gli intellettuali africani, “era razzista”. Tutto nasce da un’iniziativa della Comunidade os Países de Língua Portuguesa (Cplp), una organizzazione internazionale dei Paesi che costituivano l’antico impero portoghese, e che si occupa soprattutto di relazioni culturali nell’ambito della lusofonia. Ne fanno parte Angola, Brasile, Capo Verde, Guinea-Bissau, Mozambico, Portogallo, São Tomé e Príncipe, Timor Est  e Guinea Equatoriale. Ora, la Cplp sta costituendo una specie di programma Erasmus nello spazio lusofono, per permettere agli studenti di organizzare soggiorni di studio negli altri Paesi dell’organizzazione. Così come l’analogo programma europeo è intitolato a Erasmo da Rotterdam, allo stesso modo la Cplp avrebbe voluto intitolarlo a Fernando Pessoa, lo scrittore portoghese vissuto tra il 1888 e il 1935. 
Il giornale Expresso das Ilhas, di Capo Verde, ha tuttavia protestato, dando spazio alle recriminazioni degli intellettuali angolani contro la scelta, a causa delle opinioni politicamente scorrette espresse da Pessoa in certe fasi della sua vita. Sotto accusa, nello specifico, un suo testo intitolato “O imperialismo de expansão tem um sentido normal”, in cui Pessoa rivendica il diritto di una civiltà di occupare “i territori in cui le condizioni climatiche sono tali da non poter produrre una razza autoctona in grado di civilizzare e progredire”. Per Pessoa, “la schiavitù è logica e legittima, uno zulù o un landim non rappresentano alcuna cosa utile a questo mondo. Civilizzarlo, sia religiosamente che in altro modo, è voler dargli ciò che non può avere. Asservirlo è logico, il concetto egualitario degenerato con cui il cristianesimo ha avvelenato i nostri concetti sociali, tuttavia ha indebolito questo atteggiamento logico”. 
 
L’attacco al Portogallo coloniale 
Luzia Moniz, presidente della ‘Piattaforma per lo sviluppo delle donne africane’, in un articolo pubblicato nel Jornal de Angola, ha affermato: “Non so se Pessoa fosse o meno un buon poeta. In questo caso, poco conta. La mia preoccupazione è per l’uso della Cplp per edulcorare il pensiero di un acerrimo difensore del crimine più atroce contro l’umanità: la schiavitù”. Anche Angop, un’agenzia di stampa angolana, ha definito l’operazione un tentativo di “sbiancare” l’immagine di Pessoa, proponendo semmai il nome di José Saramago e altri pensatori più politicamente corretti. 
La polemica si innesta su due filoni “caldi”: il primo è l’attacco alla memoria del passato coloniale del Portogallo, che ha già visto aspri dibattiti sul nome del “Museo delle scoperte” e sulla statua di Padre António Vieira a Lisbona.  
L’altro è sul pensiero politico di Pessoa stesso. Quest’ultima polemica ha avuto una inaspettata eco in Italia, dove il lusitanista progressista Antonio Tabucchi, oggi deceduto, ha per anni fatto l’ambasciatore della cultura portoghese, mettendo tuttavia tra parentesi gli aspetti più democraticamente disturbanti di essa. 
 
Una lacuna a cui ha posto rimedio un altro lusitanista, Brunello De Cusatis, che da tempo si è impegnato a divulgare in Italia gli scritti politici di Pessoa, ricchi di spunti decisamente poco liberal, come testimoniato anche dalla recente raccolta Politica e profezia, uscita per Bietti e curata dallo stesso De Cusatis.  
 
Un libro da leggere.  
Sempre che gli “intellettuali angolani” non abbiano da ridire. 
Licenza Creative Commons  19 Febbraio 2019
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