Servizio  
 
 
 
Questo Sito non ha fini di lucro, né periodicità di revisione. Le immagini, eventualmente tratte dal Web, sono di proprietà dei rispettivi Autori, quando indicato.  Proprietà letteraria riservata. Questo Sito non rappresenta una Testata Giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicità. Pertanto non può essere considerato, in alcun modo, un Prodotto Editoriale ai sensi e per gli effetti della Legge n.62 del 7 Marzo 2001.
 
 
Scarica il PDF della situazione
Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie..
Bce ammette: “Oro di Banca d’Ita
Bce ammette: “Oro di Banca d’Italia è vostro”. Ma per riaverlo bisogna uscire dall’Ue 
di Ninni Raimondi
 
Banca d’Italia e oro. Sono questi i due nuovi terreni di scontro fra governo, da un lato, Quirinale ed Europa dall’altro.  
Un rinnovato filone di conflitto con cui, persa la battaglia sulla manovra, l’esecutivo tenta di rifarsi trucco e parrucco in vista delle elezioni europee. 
 
Di chi è l’oro di Banca d’Italia? 
Mentre la cronaca racconta della diatriba sulle nomine-chiave di Via Nazionale, attingendo dal repertorio della sedicente autonomia – altro tema che andrebbe, da par suo, affrontato – dell’istituto, sotto la cenere cova un’ulteriore piccola, ma non indifferente, querelle.  
Quella riguardo all’oro conservato proprio nei caveau di Banca d’Italia. 
Parliamo di quasi 2500 tonnellate (la quarta riserva al mondo dopo la Federal Reserve americana, la Bundesbank tedesca e il Fondo Monetario Internazionale) frutto della storia economica italiana del dopoguerra, quella di un’economia in forte espansione soprattutto sui mercati esteri, che accumulava dunque importanti quantità di valuta estera la quale, una volta incamerata, fu nel corso del tempo utilizzata per acquistare oro. 
Ad oggi l’oro “italiano” è solo per circa metà entro i nostri confini, mentre il resto è depositato fra Stati Uniti, Gran Bretagna e Svizzera. Le virgolette non solo un lapsus: il metallo prezioso è veramente nostro?  
Attorno a questa domanda si è snodata la recente crociata di Claudio Borghi, presidente della Commissione Bilancio della Camera.  
L’economista della Lega ha infatti presentato, come primo firmatario, una proposta di legge per chiarire che quell’oro è di proprietà dello Stato italiano. Richiesta non del tutto campata per aria, dato che non è mai stato spiegato chi ne fosse il titolare fisico. 
 
La risposta della Bce 
Stante l’architettura del sistema europeo delle banche centrali (Sebc), l’organismo che riunisce le banche centrali dei 28 membri dell’Ue, la questione si è così spostata in sede comunitaria. Protagonisti gli europarlamentari Marco Zanni e Marco Valli, che hanno chiesto direttamente alla Bce di dirimere la faccenda. 
La risposta del governatore Draghi, giunta due giorni fa, ha permesso di fare chiarezza: “La Bce – si legge – ha il pieno diritto di detenere e gestire le riserve in valuta che le vengono trasferite e di utilizzarle per gli scopi indicati”, secondo quanto disposto dall’articolo 30 dello statuto del Sebc, il quale ha stabilito il conferimento (e l’ammontare dello stesso) delle riserve dalle banche centrali nazionali all’istituto di Francoforte.  
Stessa sorte per la quota rimasta nella disponibilità di Banca d’Italia: “Inoltre – prosegue infatti la risposta – ai sensi dell’articolo 31 dello Statuto del Sebc, la Bce approva le operazioni aventi per oggetto attività di riserva in valuta che restano alle banche centrali nazionali dopo i trasferimenti di cui all’articolo 30, nonché le operazioni degli Stati membri aventi per oggetto le loro attività di riserva in valuta estera dei saldi operativi, eccedenti un determinato limite. La finalità di tale competenza è assicurare la coerenza con le politiche monetaria e del cambio dell’Unione”. 
Detta in altre parole: se la Bce “detiene e gestisce”, ciò starebbe che non ne ha la proprietà. La quale resta quindi, almeno nominalmente, dei singoli Stati e delle rispettive banche centrali. Una sorta di nuda proprietà, per cui si ha la titolarità del bene senza poterne però godere. 
 
Come riavere l’oro? 
Arrivati qui, poco importa conoscere chi sia il titolare del prezioso metallo. Anche se fosse – come sembra di capire – effettivamente lo Stato italiano, una qualsiasi legge di interpretazione autentica della normativa non sposterebbe di una virgola la vicenda: a gestirlo, in maniera del tutto arbitraria e unilaterale (e senza alcuna autorizzazione preventiva) è la Bce e lei soltanto. 
 
Insomma, abbiamo l’oro ma non possiamo in alcun modo usarlo. Di più: la Bce può disporne a suo piacimento e senza alcuna autorizzazione preventiva.  
L’unica maniera di rientrarne nella piena e completa disponibilità sarebbe uscire dal Sebc.  
E quindi dall’Unione Europea, dato che il Sistema è stato costituito con il Trattato di Maastricht. Ma se, nonostante il terrorismo mediatico, l’uso materiale dell’oro di Banca d’Italia non è all’ordine del giorno, tantomeno questo punto sembra esserlo. 
Licenza Creative Commons  30 Marzo 2019
2013
2014
2015
2016
2017
2018
2019