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La situazione politica italiana
La situazione politica italiana 
di Ninni Raimondi
 
Ecco qua 
La situazione politica italiana attuale appare abbastanza confusa. Il sistema dei partiti tripolare affermatosi con le elezioni politiche del 2013 ha raggiunto il suo apice con le elezioni politiche del 2018, ma poi ha iniziato a sfaldarsi e sembra incamminarsi verso il ritorno a uno schema bipolare. 
Tuttavia, l'eventuale e probabile riaffermazione di un sistema bipolare comporterà il cambiamento delle piattaforme politiche prevalenti dei due poli (la destra e la sinistra), che saranno profondamente diverse rispetto a quelle che hanno prevalso durante la cosiddetta seconda Repubblica. 
Come illustrato nella situazione politica italiana 2013 - 2018, fino alle elezioni del 4 Marzo i tre poli politici erano così costituiti: 
il centrodestra, la cui principale forza politica era Forza Italia; 
il centrosinistra guidato dal Partito Democratico; 
il Movimento 5 Stelle. 
 
Cosa è successo 
Le elezioni politiche del 4 Marzo 2018 hanno in parte confermato e in parte mutato questo scenario politico: 
hanno confermato, anzi accentuato, lo schema tripolare con il Movimento 5 Stelle che è diventato il primo partito italiano ed ha superato di gran lunga la coalizione di centrosinistra. 
hanno determinato un cambiamento sostanziale nel centrodestra, con l'ambigua affermazione della leadership della Lega, guidata da Matteo Salvini, all'interno della coalizione. 
L'ambiguità che caratterizza la leadership del centrodestra è data dalla strategia di alleanze perseguita dalla Lega, che a livello locale è saldamente inserita nella coalizione di centrodestra mentre a livello nazionale è alleata con il Movimento 5 Stelle, nonostante abbia partecipato alle elezioni politiche 2018 come parte integrante della coalizione di governo del centrodestra. 
 
Complessità 
Il quadro politico italiano, già di per sé complicato, è diventato ancor più complesso quando il Movimento 5 Stelle e la Lega hanno deciso di costituire una maggioranza parlamentare per formare e sostenere il Governo Conte e anche successivamente, quando dopo i primi mesi di governo Salvini e la Lega hanno dimostrato una maggiore solidità rispetto a Di Maio e al Movimento 5 Stelle. 
In effetti, il successo politico della Lega appare spropositato se rapportato al suo risultato elettorale. Infatti, la Lega con le elezioni politiche 2018 ha conquistato sia la leadership del centrodestra (con il 17% circa dei consensi a fronte del 14% circa di Forza Italia), sia la possibilità di stipulare un contratto di governo con il Movimento 5 Stelle su base paritaria nonostante il M5S abbia raccolto quasi il doppio dei voti (32%). 
Nella trattativa di governo con il Movimento 5 Stelle la Lega ha potuto far leva sulla vittoria relativa dell'intera coalizione di centrodestra, che ha totalizzato il 37% circa dei voti, capitalizzando così per proprio conto il consenso elettorale dell'intera coalizione di centrodestra. 
Ma questa capitalizzazione del consenso è continuata anche successivamente con le varie elezioni amministrative regionali, dove la Lega si è presentata con il centrodestra unito ed è stata premiata. 
 
Infine 
Infine, Matteo Salvini, in qualità di capo politico di una componente fondamentale della maggioranza di governo, nonché Ministro dell'interno del Governo Conte e vicepresidente del Consiglio (assieme a Luigi Di Maio), è riuscito a capitalizzare anche il consenso generato dall'azione di governo, soprattutto attraverso la controversa gestione delle politiche sull'immigrazione. 
In altre parole, così come accaduto nei rapporti con la coalizione di centrodestra, la Lega è uscita vincente anche nei rapporti con l'alleato di governo. 
La Lega ha infatti parzialmente cannibalizzato il Movimento 5 Stelle, o almeno questo è quello che risulta dai sondaggi elettorali e da una lettura in chiave politica delle elezioni regionali. 
Se i risultati delle elezioni politiche 2018 avevano segnato l'apoteosi del sistema dei partiti tripolare nato nel 2013, la formazione di una maggioranza parlamentare composta dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega per sostenere il Governo Conte e la successiva evoluzione dell'azione di governo hanno segnato l'inizio dello sfaldamento del suddetto sistema tripolare. 
 
Cosa succede 
In sostanza, per un verso il Movimento 5 Stelle è di fatto confluito sulle posizioni della nuova destra rappresentate dalla piattaforma politica imposta dalla Lega, attraverso scelte politiche determinanti come ad esempio sull'immigrazione, per l'altro verso il Movimento 5 Stelle sembra avviato verso una consistente perdita di consenso politico, sempre sulla base dei sondaggi elettorali e di una lettura in chiave politica dei risultati delle elezioni regionali. 
A questa dinamica politica interna alla maggioranza parlamentare si aggiungono i movimenti delle forze politiche appartenenti al centrodestra e al centrosinistra tradizionali. 
Mentre il centrosinistra, e in particolare il Partito Democratico, sembra aver fermato l'emorragia di voti avvenuta con le elezioni politiche 2018 e sembra nelle condizioni di poter recuperare ulteriore consenso alle prossime tornate elettorali, il centrodestra si trova in una situazione di stallo, in attesa delle decisioni politiche della Lega che potrebbe tornare a consolidare la coalizione. 
Qualora la Lega dovesse, invece, procedere per proprio conto occorre evidenziare che mentre la piattaforma politica di Fratelli d'Italia (che durante il voto di fiducia al governo si è astenuto) è sostanzialmente simile a quella della Lega, la piattaforma politica di Forza Italia è in realtà molto diversa, quasi opposta, e non è affatto scontato che il suo elettorato moderato possa digerire una destra a trazione leghista. 
 
In estrema sintesi, la situazione politica italiana è confusa e in divenire 
E' confusa perché alcune forze politiche non hanno ancora deciso quale piattaforma politica adottare e verso quale direzione muoversi o se eventualmente tornare sui propri passi. 
E' in divenire perché la situazione attuale non è sostenibile, ovvero gli equilibri politici sono precari e dovranno necessariamente evolversi in una direzione piuttosto che in un'altra. 
Al quadro strettamente politico si aggiunge inoltre il quadro dei risultati economici del Governo Conte che al momento appaiono alquanto negativi, soprattutto in prospettiva, per cui i problemi di crescita assente o addirittura negativa, di equilibrio delle finanze pubbliche e di credibilità a livello internazionale potrebbero contribuire a far saltare gli equilibri della compagine governativa nell'autunno 2019, quando bisognerà varare le misure economiche per la legge di bilancio. 
Ma prima ancora, il 26 maggio 2019, ci saranno le elezioni europee che rappresentano un test importante anche per la situazione politica nazionale. 
 
Elezioni 
Per inciso, il sistema elettorale per le elezioni europee è proporzionale ma con una soglia di sbarramento al 4%. Di conseguenza, i partiti minori potrebbero essere interessati o spronati a confluire in alleanze per non disperdere i propri voti, mentre i partiti maggiori vorranno testare il proprio consenso elettorale per eventualmente capitalizzarlo a livello nazionale. 
Le elezioni europee potrebbero quindi determinare un'accelerazione dei cambiamenti della situazione politica italiana in funzione delle strategie e dei risultati elettorali dei principali partiti politici. 
In estrema sintesi, i risultati elettorali delle elezioni europee potrebbero contribuire a dare risposte alle seguenti domande: 
Che farà la Lega? Costruirà la nuova destra italiana senza Forza Italia oppure tornerà nell'alveo del centrodestra tradizionale scendendo a patti con l'ingombrante eredità della destra neoliberista e vagamente conservatrice di Berlusconi? 
Che farà Forza Italia? Si appiattirà sulle posizioni della nuova destra sociale e sovranista di Salvini oppure lotterà per condizionarne la linea politica nell'ambito della coalizione di centrodestra? E qualora non ci riuscisse, potrebbe opporsi concretamente alla Lega di Salvini? 
 
Che farà il Movimento 5 Stelle?  
Si appiattirà forse opportunisticamente sulle posizioni di destra della Lega oppure tenterà di rifondare la sua identità su una piattaforma politica di sinistra? Oppure preferirà restare in bilico sperando che la sinistra non riesca a mettere in piedi un'innovativa piattaforma politica che sia in grado di fagocitarli a sinistra così come la Lega sembra essere riuscita a fare a destra? 
 
Che faranno il Partito Democratico e le sinistre?  
Riusciranno a elaborare un'innovativa piattaforma politica di sinistra in grado di fermare i conflitti interni e di far convivere in un unico progetto politico la crescita economica con l'evoluzione del mercato del lavoro e la protezione sociale dei cittadini ovvero la globalizzazione e lo sviluppo tecnologico con forme innovative di distribuzione della ricchezza - distaccandosi definitivamente dagli ormai velleitari tentativi di difendere il mercato del lavoro con la strumentazione ideologica del '900 - oppure continueranno a lacerarsi in nome di un'identità di sinistra che non riescono a far convivere serenamente con la tecnologia, l'intelligenza artificiale, l'internazionalizzazione, lo sviluppo economico? 
 
L'ora del Maalox 
I social media e il passaparola dei fan hanno avuto un ruolo spettacolare nell’ascesa dei Cinque stelle e quindi è interessante andare oggi a misurare sui social d’area – per così dire – la reazione al grande trauma. Il governo del cambiamento è finito dopo quattordici mesi (gli ultimi passati in piena sottomissione alla Lega di Salvini), le previsioni di voto dal punto di vista dei Cinque stelle sono molto brutte e non ci sono soluzioni facili in vista. Una parte dei fan però ancora non se ne rende conto e vive in una bolla alternativa. Giovedì sera subito dopo il discorso del premier Giuseppe Conte si leggevano in giro commenti come “Conte ha appena messo a cuccia Salvini” oppure “Conte sgancia la bomba e distrugge le menzogne di Salvini” – che suonavano confusi se si considera che di fatto Salvini aveva appena licenziato Conte e non il contrario. La frecciata di Conte contro Salvini, “questo governo ha parlato poco e ha lavorato tanto, non è stato in spiaggia”, è citata come una frase epica che rimette le cose al giusto posto. L’impressione però è che quella parte dei fan sia ancora alla fase della non accettazione delle notizie. Qualcuno tra loro incoraggia “l’immenso” Luigi Di Maio perché è “il miglior ministro del Lavoro che l’Italia abbia mai avuto”. Altri gli riservano saluti come questo: “Ero un fan di Alessandro. Oggi sono un fan di Luigi. Dibba il guerriero ci ha lasciato soli a combattere. Gigi il tranquillo è sceso in campo e ci ha rappresentati con coraggio e lealtà. I veri Leader sono i primi sul fronte. Sempre”.  
La maggior parte dei fan tuttavia preferisce non parlare di Gigi il Tranquillo, ha compreso la situazione ed è già passata alla fase seguente, quella in cui si accusa “il cazzaro verde”, “buffone”, “ciarlatano”, “vigliacco” Salvini di “avere gettato la maschera” e di essere d’ora in poi un "traditore" in combutta con il Pd e con la mafia. 
 
Hai offeso indegnamente 
“Matteo Salvini hai offeso indegnamente il lavoro di tutti i ministri e ora spiega agli italiani perché sei un traditore” oppure “Traditori leghisti. Questo è il marchio d’infamia che vi accompagnerà per il resto della vostra esistenza…” sono esempi di commenti pescati a caso nell’onda alta dell’indignazione dei grillini. In molti ricordano una convocazione mancata di Salvini alla commissione parlamentare Antimafia, altri vogliono che risponda alle domande che riguardano i suoi rapporti con la Russia – due argomenti che fino a due giorni fa non andavano fortissimo tra i fan del governo. Questo concetto è ripetuto in tutti i commenti. Salvini traditore ha sabotato un governo che andava alla grande. Il tesoriere del Cinque stelle, Sergio Battelli, scrive che “se prima degli italiani vengono i sondaggi allora vaffanculo”. Un sottosegretario agli Esteri, Manlio Di Stefano, lancia una sfida: “#Salvini visto che oggi blateri di ‘poltrone’ ti do una bella notizia, possiamo convocare la Camera entro una settimana e votare il taglio di 345 parlamentari e poi andare al voto.  
 
Ci stai?  
Altrimenti la poltrona incollata è solo la tua e quella dei leghisti.   
Ma sono richieste sconclusionate, non si vede perché la Lega dovrebbe accettare.  
Alessandro Di Battista, uno dei pochi volti conosciuti che non sarebbe falciato dalla regola del doppio mandato quando si andrà a nuove elezioni, aggiunge allo sdegno contro Salvini “schiavo del sistema che si era mascherato da protettore del popolo” qualche informazione a proposito di tutte le cose belle che il governo avrebbe potuto fare se non ci fosse stato il tradimento, come il taglio dei parlamentari e la revoca delle concessioni autostradali ai Benetton. Il senatore Nicola Morra nota che nella giornata di generale crisi della Borsa il titolo Atlantia (Autostrade) invece sale. Sarebbe la prova di una non meglio specificata vittoria del Sistema contro i grillini. 
La battaglia tra M5s e Lega che ha condotto alla crisi di governo non si combatte più solo con le parole e gli scambi di accuse, ma anche con i fatti. Il Carroccio ha fatto il primo passo, depositando in Senato la mozione di sfiducia al premier Giuseppe Conte, chiedendo di metterla ai voti al più presto.  
 
Se ne saprà di più lunedì 12 agosto, alle 16 
A quell'ora la presidente del Senato Elisabetta Casellati ha convocato la conferenza dei capigruppo in cui si stabiliranno i tempi di discussione e di votazione della mozione. Per martedì il presidente della Camera Roberto Fico ha invece indetto quella di Montecitorio. Ma è già piena campagna elettorale, con Matteo Salvini tentato di correre da solo, anche se lascia aperto uno spiraglio a eventuali alleanze a destra. Il ministro dell'Interno teme un "inciucio" tra Pd e Movimento Cinque Stelle. Ma dem e pentastellati respingono al mittente le accuse, con gli ormai ex alleati di governo che definiscono "giullare" il leader leghista. E se Luigi Di Maio insiste col taglio dei parlamentari, prima di andare al voto, per il segretario Nicola Zingaretti il Pd è l'unica alternativa alla Lega. 
Salvini conta di aver bruciato sul tempo la richiesta di Conte di riferire alle Camere, chiede che si voti prima la sua mozione di sfiducia: nel caso di comunicazioni, infatti, il premier prenderebbe la parola per primo (e poi potrebbe scegliere di andare a dimettersi per poi comunicare al capo dello Stato di non avere intenzione di continuare a gestire il governo sia pure per l'ordinaria amministrazione), nell'altro caso sarebbe Salvini ad aprire le danze. Tra i gruppi spunta l'idea di convocare le Camere tra il 19 e il 20 agosto, date che lasciano aperta la possibilità che si voti a fine ottobre (la Lega vorrebbe il 13, più probabile il 27). Il premier preferirebbe, ragionano fonti parlamentari, presentarsi alle Camere solo dopo impegni istituzionali come il G7 che si aprirà a Biarritz il 24 agosto e dopo aver comunicato all'Ue il nome del commissario italiano, che a questo punto sarebbe di sua diretta indicazione. Ma la Lega preme per far presto e anche se non otterrà di votare già questa settimana (difficile convocare i parlamentari ad horas, anche considerato che il 14 agosto ci sono a Genova le celebrazioni per l'anniversario del ponte Morandi), la convinzione è che non si andrà molto oltre il 20. 
 
Le mosse di Di Maio e del Pd 
L'intenzione del partito di Di Maio è quella di chiedere la convocazione straordinaria della Camera per votare la riforma prima della discussione al Senato sulla mozione di sfiducia. E allora anche il Pd ci prova, chiedendo di votare prima la mozione di sfiducia a Matteo Salvini, quella che i Dem hanno depositato tempo fa sui sospetti fondi russi alla Lega. Salvini guarda con sospetto a queste sfide. 
 
Le voci sulle prove di contatto tra M5s e Dem 
Si racconta di diversi tentativi di contatto, negli ultimi giorni, dei parlamentari pentastellati con i colleghi Dem. Su un asse in particolare, secondo i rumors, viaggerebbe una traccia di dialogo: quello che va da Roberto Fico a Dario Franceschini, passando per Matteo Renzi. I diretti interessati smentiscono. I Cinque stelle dei contatti con i Dem dovrebbero parlare lunedì in assemblea. Sullo sfondo c'è l'idea, per ora tutta teorica e ardua da realizzare, di un tentativo in Parlamento per sostenere un esecutivo di transizione che faccia la riforma per il taglio dei parlamentari e metta al sicuro i conti pubblici. 
 
Cinque Stelle e Pd negano alleanze segrete 
"Sento che ci sono toni simili tra Pd e M5S - dice Salvini - Sarebbe incredibile un governo Renzi-Di Maio. Sarebbe un governo inaccettabile per la democrazia". Cinque stelle e democratici negano alleanze segrete. I primi gli danno del traditore, mentre Zingaretti sentenzia: "Il populismo al governo ha fallito", per questo la sfida delle elezioni "non è persa. Ci saranno due alternative: la Lega o il Pd". L'ex premier Renzi replica da facebook: "Caro Salvini, meno mojiti, più camomille". 
 
Le manovre a destra 
Salvini ha anche accarezzato l'idea di far correre la Lega senza gli alleati "naturali" che sarebbero Forza Italia e Fratelli d'Italia. Giorgia Meloni avverte Salvini: "Noi le alleanze le facciamo prima del voto e non dopo. Non avrebbe molto senso rischiare di fare un altro governo con un gioco di palazzo dopo il voto". In serata Salvini sembra aprire: "Non si è deciso se correremo da soli. Abbiamo un'idea di Italia per i prossimi cinque anni che sottoporremo a chi la condivide con noi”. Forza Italia è alle prese con la diaspora di Giovanni Toti. Il governatore della Liguria ha già annunciato che il simbolo del suo movimento, 'Cambiamo', sarà sulla scheda elettorale. Ma gli azzurri non staranno a guardare. "Senza di noi Lega e Fdi non conquisterebbero seggi al Sud e non sarebbero credibili in Europa", sottolinea il vice presidente del partito Tajani. Silvio Berlusconi ha chiesto di fare presto e detto "no a giochi di palazzo". 
 
Quando si potrebbe tornare a votare 
Nel caso di una caduta dell'esecutivo, il tempo minimo per tornare ai seggi elettorali è di 45 giorni e il massimo di 70. Per le procedure di voto all'estero, però, servono 60 giorni. Ma nel frattempo ci sono delle scadenze importanti per il Governo, a partire da quella del 26 agosto, che è il termine per le candidature alla Commissione Europea. La prima ipotesi di voto, se le camere venissero sciolte la prossima settimana, quindi intorno a Ferragosto, è quella del 13 ottobre. 
 
Le date importanti 
Per l'appuntamento del 26 agosto, l'Italia ha chiesto un portafoglio economico come la concorrenza. Ma varie sono le date importanti prima del possibile ritorno alle urne. Il 9 settembre, quando riapriranno le Camere, dovrebbero riprendere i lavori con la discussione sulla legge di riduzione del numero dei parlamentari. Poi il 12 di settembre c'è il voto della mozione di sfiducia del Pd contro il leader della Lega Matteo Salvini per i presunti fondi russi. Il 27 settembre, invece, arriverà in Parlamento la nota di variazione del Def. 
 
Altre ipotesi di voto 
Il 15 ottobre è il termine entro cui il Governo deve trasmettere a Bruxelles il documento programmatico di bilancio. Per questo la seconda ipotesi di voto potrebbe essere il 20 ottobre, nel caso in cui le Camere venissero sciolte tra il 20 e il 22 agosto. Ma c'è anche una terza ipotesi che prevederebbe il ritorno alle urne per il 27 di ottobre. Quest'ultimo scenario sarebbe ipotizzabile se la crisi venisse formalizzata entro il 27 o il 28 di settembre. A questo punto, però, non ci sarebbe più tempo per insediare le Camere e approvare in tempo, cioè entro il 31 dicembre, la manovra il 2020. 
 
I precedenti 
Negli ultimi anni l'Italia ha sperimentato vari scenari di crisi di Governo e sempre con Mattarella al Colle. Nel 2016 ci fu un passaggio quasi da record alla presidenza del Consiglio tra Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. L'allora premier, dopo la sconfitta  al referendum costituzionale del 4 dicembre, si dimise il 7 dello stesso mese e dopo tre giorni di consultazioni il presidente della Repubblica incaricò Gentiloni l'11 dicembre. La crisi più lunga della storia repubblicana, invece, è proprio quella che ha dato vita all'esecutivo Conte, dopo 88 giorni dalle elezioni del 2018. 
 
Liti, tensioni, frecciatine: i due vicepremier non si sono risparmiati alcun tipo di scontro nel corso dei 14 mesi di governo insieme. Dai termovalorizzatori alla Tav, dalla “manina” nel decreto fiscale al caso Siri: ecco i principali temi su cui i due si sono divisi 
Sono passati 14 mesi da quando Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno deciso di provare ad andare d’accordo per costituire insieme il “governo del cambiamento”. Fin da subito, però, è apparso chiaro che non sarebbe stato semplice unire le due anime – quella leghista e quella pentastellata – del governo gialloverde. Nonostante i periodi di tregua e i numerosi compromessi raggiunti – vedi il caso Diciotti e le diverse leggi bandiera approvate – i litigi, le battute al vetriolo e le incomprensioni tra i due vicepremier si sono moltiplicate nel tempo, fino ad arrivare alla crisi. Spesso, sono stati coinvolti negli screzi anche gli altri esponenti dei due partiti di maggioranza, con il premier Giuseppe Conte e il suo ruolo da mediatore in testa. Ma è nelle parole dei due leader che si legge la deriva assunta da questo rapporto che ormai sembra giunto alla fine. 
 
La "manina" 
Forse il primo vero scontro tra i due vicepremier arriva con l’episodio della “manina”. Il 17 ottobre 2018 il governo sta discutendo il decreto fiscale e si presenta lo scoglio della depenalizzazione dei reati di auto-riciclaggio: Di Maio ottiene da Salvini un compromesso per farla sparire. Nella versione definitiva del testo, però, la depenalizzazione ricompare. Di Maio accusa proprio il suo alleato di averci messo la “manina” per modificare il decreto. Ma Salvini non ci sta e risponde: "La pazienza ha un limite. O non hanno capito, o non hanno letto, o hanno cambiato idea. Se qualcosa non andava bene, non c’era bisogno di un tale cancan: si alzava il telefono e si cambiava tutto. Però adesso per scemo non passo. Inizio ad arrabbiarmi”. Di Maio, dal canto suo, dice di non voler “passare per bugiardo”: “Quella roba dello scudo penale per l’auto-riciclaggio non serve, e siccome non serve sistemeremo la norma”. 
 
I termovalorizzatori 
Non passa nemmeno un mese e tra i due si riaccende lo scontro. Questa volta oggetto del contendere sono i termovalorizzatori. “Occorre il coraggio di dire che serve un termovalorizzatore per ogni provincia perché se produci rifiuti li devi smaltire", dice il ministro dell’Interno da Napoli il 15 novembre 2018. Parole a cui, a stretto giro, risponde il collega pentastellato. “Quando si viene in Campania e si parla di terra dei fuochi si dovrebbero tener presenti la storia e le difficoltà di questo popolo. La terra dei fuochi è un disastro legato ai rifiuti industriali (provenienti da tutta Italia), non a quelli domestici. Quindi gli inceneritori non c'entrano una beneamata ceppa e tra l'altro non sono nel contratto di governo", scrive Di Maio su Facebook. Insomma, sul tema i due alleati si schierano su posizioni opposte. E non sarà l’unico. 
 
L’ecotassa 
Nel dicembre 2018, l'ecotassa crea tensioni tra Lega e M5S già quando viene annunciata. Il 6 dicembre, il vicepremier Salvini spiega infatti di essere contrario "a ogni ipotesi di nuove tasse sull'auto, che è già uno dei beni più tassati", chiarendo che è necessario "tutelare l'ambiente ma senza imporre nuove tasse". Il collega Di Maio assicura che le auto delle famiglie non saranno tassate, ma non cede: “L’ecotassa si farà”. 
 
Il caso Sea Watch 
Si arriva così all’inizio del 2019, dopo i primi mesi di governo in cui i due leader di partito battibeccano e si scontrano poi fanno pace e trovano compromessi. Per il momento non c’è aria di vera crisi in casa gialloverde e l’esecutivo va avanti. Ma le tensioni non scompaiono. Sul tema dell’immigrazione, cavallo di battaglia del leader leghista, i 5 stelle cercano per lo più di lasciare campo libero all’alleato. Anzi, gli danno anche man forte, quando serve (come nel caso Diciotti e del mancato processo contro Salvini). Eppure in alcune occasioni non possono tacere. Come nel caso della nave Sea Watch che nel gennaio 2019 rimane oltre 2 settimane a largo delle coste europee senza il permesso di sbarcare. Mentre per il ministro dell’Interno il divieto di attraccare è assoluto e senza eccezioni, Di Maio – insieme al premier Conte – assicura che l’Italia è pronta “ad accogliere donne e bambini”. Un’apertura che però non fa cambiare idea al collega leghista che ribadisce: “I porti restano chiusi”. Più tardi, il 15 aprile 2019, su questo arriverà la stoccata di Di Maio: “Quella dei porti chiusi è una misura solo occasionale". 
 
Le trivelle 
Passano pochi giorni e, il 10 gennaio 2019, lo scontro tra Salvini e Di Maio si sposta su un altro tema, quello delle trivellazioni in mare. Mentre il vicepremier Di Maio vorrebbe fermare le concessioni rilasciate nello Ionio, Salvini replica: “Non possiamo far finta che il mondo si sia fermato". Lo stop alle trivelle deve essere inserito nel dl Semplificazioni e Di Maio si dice fermamente di convinto di farlo. Ma, ancora una volta, Salvini lo frena: "Trivellare vicino alla costa no, ma dire di no a ricerche in mezzo al mare per partito preso rimettendo in discussione contratti già fatti non mi sembra molto intelligente”. 
 
La flat tax 
Non sempre tra i due alleati lo scontro è diretto. A volte le tensioni sono più sottili e si giocano sul filo delle concessioni. Come nel caso della flat tax, ad esempio. Il cavallo di battaglia fiscale della Lega non ha ricevuto “no” assoluti dall’alleato grillino. Eppure il vicepremier Di Maio si è espresso più volte in maniera dubbiosa sulla misura e le sue coperture. A cominciare dal 7 aprile 2019 quando  il leader della Lega ribadisce che la misura "è una nostra priorità ed è nel programma di Governo". Poi avverte gli alleati: "Abbiamo votato il reddito di cittadinanza, che non è nel dna della Lega, ora pretendiamo rispetto". Dall’altra parte, il leader M5s Luigi Di Maio non dice no alla flat tax che “si deve fare” ma, sottolinea “non deve aiutare i ricchi”. Non uno scontro, insomma, ma un avvertimento per ribadire ancora una volta le distanze tra i due. 
 
Congresso di Verona 
Un tema su cui il capo politico dei 5S si è espresso più duramente contro l’alleato leghista è quello del Congresso di Verona e delle relative posizioni sul tema della donna e della famiglia. Di Maio, infatti, il 30 marzo 2019 dice che a Verona ci sono “i fanatici con l'odio verso il prossimo e la discriminazione”. Parole che Salvini non accoglie bene: "Se parlare di mamme e papà vuol dire essere sfigati, io sono orgoglioso di esserlo. Odio? Sì fuori c’è odio. Di Maio sbaglia piazza". 
 
Le elezioni europee 
È quindi aprile e si affacciano alla politica di tutti i Paesi Ue le elezioni per l’europarlamento del mese successivo. Di Maio, già critico nei confronti dei leghisti per le posizioni espresse a Verona, il 5 aprile rincara la dose: "Mi preoccupa questa deriva di ultradestra a livello europeo con forze politiche che faranno parte del gruppo con cui si alleerà la Lega, che addirittura, in alcuni casi, negano l'Olocausto", attacca. "Io lavoro, io rispondo col lavoro, con i fatti. Questa gente che cerca fascisti, comunisti, nazisti, marziani, venusiani... i ministri sono pagati per lavorare", è la replica di Salvini, che aggiunge: “Se invece di polemizzare si lavorasse di più, si sbloccassero cantieri fermi, l'Italia sarebbe un Paese migliore”. Parole che, secondo Di Maio, denotano il “nervosismo” dei leghisti e che anticipano settimane in cui, in campagna elettorale, le frecciatine tra i due alleati si moltiplicano. Sullo sfondo, anche i temi del decreto sicurezza bis e del conflitto di interessi dividono Salvini e Di Maio. 
 
Il caso Siri 
Aprile è anche il mese dello scontro sul sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione. Il 18 aprile 2019 Di Maio fa da portavoce a tutto il Movimento chiedendo le dimissioni di Siri: "Un sottosegretario indagato per fatti legati alla mafia è un fatto grave”. Ma Salvini e i suoi fanno quadrato intorno al loro esponente: "Siri non si deve dimettere. C’è solo un'iscrizione nel registro degli indagati e solo se sarà poi condannato dovrà mettersi da parte”, dice Salvini. "Non ho mai chiesto - aggiunge - di far dimettere la Raggi o parlamentari dei Cinquestelle quando anch'essi sono stati indagati”. Con questa vicenda tornano a soffiare venti di crisi, con Di Maio che dice che “la Lega minaccia di far cadere il governo” e Salvini che replica: “Macchè. È solo nella sua testa”. "Sulla questione morale il M5S non fa passi indietro e alla Lega chiediamo di tirare fuori le palle su Siri e farlo dimettere", continua il Movimento. E Salvini torna a usare l’arma della minaccia: "Gli amici dell'M5s pesino le parole. Se dall'opposizione insulti e critiche sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no. A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. È l'ultimo avviso". 
 
Il 25 aprile 
Aprile non è dunque un mese facile per l’esecutivo gialloverde e la tensione continua il 25, giorno della Liberazione. A iniziare la querelle è il leader del M5s che in un post su Facebook scrive: "Leggo che qualcuno oggi arriva persino a negare il 25 aprile, il giorno della Liberazione. Lo trovo grave. Non è alzando le spalle e sbuffando che questo Paese cresce. E poi è curioso che coloro che oggi negano il 25 aprile siano gli stessi che però hanno aderito al congresso di Verona, passeggiando mano per la mano con gli antiabortisti". Immediata la replica del ministro Salvini: "Io sarò a Corleone con chi combatte contro la mafia. Le polemiche le lascio ad altri". 
 
Le europee e i provvedimenti al vaglio del governo 
A maggio la situazione non migliora. Con l’avvicinarsi delle elezioni europee si fa sempre più incerta la stabilità del governo post voto. “Non occorre essere uno scienziato per capire che la Lega molto probabilmente sarà il primo partito in Italia, ma userò questo consenso per cambiare l'Europa, non chiederò mezzo sottosegretario in più”, assicura Salvini il 22 maggio in risposta alle preoccupazioni di Di Maio. Ma il capo pentastellato non è convinto: "La Lega chiede un voto per l'Europa o per la crisi di governo? Io credo che parte della Lega abbia nostalgia dei governi con Berlusconi". Intanto, i vari decreti al vaglio del governo non fanno dormire sonni tranquilli ai due vicepremier. Ci sono il dl sicurezza bis e quello sulla famiglia che non mettono d’accordo gli schieramenti. E poi, il 23 maggio, Salvini aggiunge un nuovo argomento allo scontro: "Toglierei l'abuso d'ufficio: non posso bloccare 8000 sindaci per la paura che uno possa essere indagato. Ci sono sindaci che non firmano niente per paura di essere indagati”. Una proposta che il vicepremier Di Maio rispedisce al mittente. "Qualcuno vuole abolire il reato di abuso d'ufficio ma io non voglio tornare indietro ai podestà che facevano quello che volevano. Chi vuole farlo troverà in noi un muro". 
 
Il caso dei fondi russi 
Nella seconda estate al governo insieme i due vicepremier devono affrontare anche una questione che riguarda il partito di Matteo Salvini. La vicenda sui presunti fondi russi alla Lega scatena polemiche e preoccupazioni, tanto che Di Maio il 16 luglio 2019 va all’attacco e chiede – dopo Conte - all’alleato di governo di riferire in Parlamento. Salvini assicura che ci andrà ma poi si nega. Da qui alla crisi il passo sembra breve. Il leader leghista dice di voler lasciare a Di Maio “i suoi sfoghi” e di aver “preso atto della svolta storica dei 5s che hanno votato assieme a Merkel, Macron, Berlusconi e Renzi” (nell’elezione del Presidente della nuova Commissione Europea). Di Maio, dall’altra parte, attacca in diretta Facebook: "Se la Lega vuole far cadere il governo lo dica chiaramente e se ne prenda la responsabilità”. E Salvini continua a “minacciare” i colleghi di governo: “Su autonomia, riforma della giustizia e manovra devono arrivare tre sì. Altrimenti cambia tutto”. 
 
La Tav 
La questione su cui forse le due forze di governo hanno discusso più a lungo è quella della Tav, l’alta velocità Torino-Lione. Nei primi mesi dell’esecutivo le acque sono abbastanza calme perché entrambi gli schieramenti si mantengono sulla linea del contratto di governo e cioè quella di una “ridiscussione” dell’opera. Ma a mano a mano che si avvicina il momento della decisione, si moltiplicano le occasioni in cui Salvini e Di Maio si fronteggiano a distanza, portando avanti istanze del tutto opposte. Ad esempio, il 2 febbraio 2019, Di Maio, in una diretta Facebook assicura che "finché ci saranno i 5 Stelle al governo, la Torino-Lione non si farà". Dall'altra parte, il ministro dell'Interno Salvini rimane fermo sulla sua posizione: "Troveremo un'intesa, l'opera si farà, con una scelta senza pregiudizi". Parole ripetute da entrambi i vicepremier anche l’indomani. La tensione non accenna a placarsi e anzi, il 7 marzo 2019, Di Maio assicura ai parlamentari M5s di "non essere disposto a mettere in discussione il No" e sottolinea che i bandi per la Tav "vanno sospesi". Ma Salvini non ci sta e inizia a ventilare aria di crisi:  
“Se i No diventano troppi, il governo non va avanti. È la crisi? Se c'è il No alla Tav, vado fino in fondo”. Una minaccia che il vicepremier leghista ripeterà spesso nei mesi successivi, fino alla decisione definitiva in Senato, il 7 agosto 2019: la mozione anti-Tav del M5S viene bocciata, passano invece quelle favorevoli. È la goccia che fa traboccare un vaso già colmo e porta all’annuncio di crisi. 
 
Elezioni anticipate, c'è il rischio dell'esercizio provvisorio: cos'è e cosa prevede 
Il provvedimento è previsto dall'articolo 81 della Costituzione e vincola il governo per un massimo di 4 mesi a gestire da solo, mese per mese, l'ordinaria amministrazione 
La Lega presenta la sfiducia a Conte Elezioni anticipate, le date utili Legge di bilancio e aumento dell'Iva: cosa succede con la crisi di governo Salvini-Di Maio, i difficili rapporti tra i ministri del governo Conte: la cronologia 
Con la crisi di governo si avvicina lo spettro dell'esercizio provvisorio e dell'aumento dell'Iva. Sembra sempre più probabile un ritorno al voto e con le elezioni anticipate non ci sarebbe il tempo di varare in autunno, ossia nei tempi previsti, la manovra economica. Questo porterebbe a dover ricorrere al provvedimento dell'esercizio provvisorio, previsto dalla Costituzione, che vincola il governo per un massimo di 4 mesi a gestire da solo - mese per mese - l'ordinaria amministrazione. Ma la misura comporta anche dei rischi quali, appunto, l'aumento dell'imposta a valore aggiunto. 
 
Cos'è l'esercizio provvisorio 
Previsto dall'articolo 81 della Costituzione, il provvedimento limita l'attività dell'esecutivo nel gestire questioni amministrative come riscuotere le entrate e pagare stipendi, pensioni e debiti, con margini di spesa estremamente ridotti, calibrati in tanti dodicesimi quanti sono i mesi di esercizio provvisorio. È possibile anche fare dei risparmi in quanto è consentito spendere solo lo stretto indispensabile, per esempio gli stipendi degli statali. 
 
Quando e perché scatta l'esercizio provvisorio  
Il provvedimento scatta se non venisse approvata la legge di bilancio entro fine anno. Il disegno di legge, che accorpa sia la legge di stabilità che quella di bilancio, va presentato alle Camere entro il 20 ottobre, termine che segue un altro appuntamento importante per il governo italiano: il 15 ottobre, con la scadenza per la presentazione in sede europea del progetto di documento programmatico di bilancio, ed entro il 31 dicembre, le Camere devono approvare la manovra triennale di finanza pubblica. Se questo non avviene scatta appunto l'esercizio provvisorio che toglie al governo il potere di accertare e di riscuotere le entrate e di erogare le spese. 
 
Come funziona il provvedimento 
L'esercizio provvisorio può scattare solo per legge. Nella sua durata, le spese possono essere effettuate, per ciascun capitolo, nella misura di tanti dodicesimi quanti sono i mesi dell'esercizio provvisorio, ovvero nei limiti della maggior spesa necessaria qualora si tratti di spesa obbligatoria e non suscettibile di impegni o di pagamenti frazionati in dodicesimi. In pratica, si divide per dodici la spesa del 2019 e ogni mese si può spendere solo questo quantitativo. 
 
Perché sarebbe meglio evitarlo 
Potendo gestire solo le spese ordinarie, non si potrebbero effettuare gli investimenti preventivati nella manovra di bilancio e di conseguenza ne risentirebbe la crescita economica del Paese, con ulteriore perdita di fiducia da parte degli investitori. Per questo motivo, secondo gli esperti, l'ipotesi dell'esercizio provvisorio andrebbe scongiurata.  
 
Il possibile aumento dell'Iva 
La manovra del 2019 prevede che l'Iva ordinaria salga dal 22% al 25,2% nel 2020 e al 26,5% nel 2021 e l'Iva agevolata dal 10% al 13% nel 2020. Per disinnescare l'aumento, il governo dovrebbe trovare risorse per 23 miliardi di euro nel 2020 e quasi 29 miliardi nel 2021. Ovviamente, con l'esercizio provvisorio non ci sarebbero i margini per scongiurare questo rischio in quanto l'aumento dell'imposta è già previsto a legislazione vigente. 
 
Quando è già successo 
Da quando c'è la Costituzione della Repubblica, l'esercizio provvisorio è stato adottato 33 volte, in pratica dal 1948 al 1968 c'è sempre stato. Ma dalla metà degli anni '80, è stato usato solo due volte: con Craxi, per due mesi, nel 1986 e con Goria, tre mesi, nel 1988. Anche nel 2016 si rischiò l'esercizio provvisorio, dopo il referendum costituzionale e le dimissioni da presidente del Consiglio di Matteo Renzi. In quel caso, però, per evitarlo Renzi rimase in carica per qualche giorno, in modo da approvare la manovra. 
 
Pd, Zingaretti fa appello all’unità. Renzi: “Pronto a rimettermi in campo” 
Il segretario chiede all’ex segretario di essere parte della squadra: “Uniti siamo imbattibili”. Renzi però sottolinea: “Alla Leopolda si tirano le somme su tutto”. I Dem chiederanno di votare la sfiducia a Salvini prima della sfiducia della Lega a Conte 
Mentre il governo affronta la crisi e guarda alle probabili elezioni , il Pd torna a fare i conti con le divisioni interne per prepararsi ad affrontare la sfida e presentarsi come alternativa. Per farlo, il segretario Nicola Zingaretti richiama all’unità e si appella al suo predecessore, Matteo Renzi: "Il Pd è ricco di tante personalità, divise sono un disastro, se si uniscono sono imbattibili. Renzi sia parte di una bella squadra per cambiare il Paese. Lo scontro alle elezioni sarà tra Lega e Pd e possiamo vincere". Intanto da fonti parlamentari Dem si apprende che il Pd, tramite il capogruppo in Senato Andrea Marcucci, chiederà di votare la sfiducia a Salvini prima della mozione di sfiducia della Lega al premier Giuseppe Conte. 
 
L’appello all’unità di Zingaretti 
Zingaretti ieri si è rivolto a più riprese a Renzi: "Dico a Matteo: aiuta, dai una mano. È legittimo che fai politica, sei una risorsa e aiutaci a vincere le elezioni al prossimo appuntamento elettorale, perché abbiamo il dovere di non permettere mai più che quelli che hanno vinto il 4 marzo tornino al governo, abbiamo il dovere di lasciare ai nostri figli e nipoti un paese migliore". La richiesta è arrivata durante la festa Pd di Villalunga in provincia di Reggio Emilia. "Siamo diversi, non voglio dire chi è meglio o peggio. Io ho la tendenza a privilegiare tra le differenze quello che unisce, lui quello che divide”. Ma, ha ribadito, "per favore, da oggi in poi: unità, unità, unità nel campo del centrosinistra che è innanzitutto il Pd. Potremmo fare il migliore dei programmi possibili, ma senza unità non saremo mai credibili". 
 
Renzi: “Alla Leopolda di ottobre si tirano le somme” 
Intanto, Matteo Renzi si dice pronto a rimettersi in campo: "Non mi guarderei allo specchio se lasciassi un Paese nelle mani di chi istiga ad avere paura degli altri", ha detto ieri alla Festa dell’Unità di Santomato, a Pistoia. "Però per farlo bisogna che nei prossimi mesi si sia molto chiari: da noi le battaglie si sono perse perché innanzitutto si aveva in casa chi giocava contro. Questo non può essere replicato", ha sottolineato. Per Renzi nel Pd si continua “ad attaccare il Matteo sbagliato”. "Ho vinto due volte le primarie e per due volte ho dovuto dimettermi per problemi interni", ricorda inoltre Renzi che sembra farsi minaccioso quando dice: "Dal 18 al 20 ottobre alla Leopolda si tirano le somme su tutto, perché non è possibile continuare a fare polemiche interne". 
 
Governo balneare, tutti i precedenti: da Leone a Rumor 
Con questa formula si intendono esecutivi di transizione, che nascono d’estate con un mandato a breve termine. È una delle ipotesi possibili dopo la crisi del governo Conte.  
Nel passato ci sono stati diversi casi 
Tra le varie ipotesi che seguono la crisi del governo Conte, è spuntata in questi giorni anche l’idea di un cosiddetto governo balneare, ovvero di transizione, che nasca con un mandato a breve termine. Questa fortunata formula ha indicato nel tempo diverse esperienze di governo: da quelli formati da Giovanni Leone e Mariano Rumor, fino a quello di Giovanni Goria 
 
Crisi di governo, ora è duello sui tempi 
Il primo tempo della partita si gioca lunedì, nella riunione dei capigruppo del Senato. Si decideranno lì i tempi e i modi dell'apertura formale della crisi.  
Scontro sull'Iva: la Lega che chiede di votare presto per non farla aumentare. M5S ribatte: "Ora lo ammettono" 
La Lega presenta la sfiducia a Conte Legge di bilancio e Iva: cosa succede con la crisi Salvini-Di Maio, i rapporti tra i ministri: 
 
Crisi nel caos 
Il primo tempo della partita si giocherà lunedì, nella riunione dei capigruppo del Senato. Si decideranno lì i tempi e i modi dell'apertura formale della crisi. Ed è una battaglia tutti a colpi di regolamento e di mosse a sorpresa, quella che si combatte in queste ore. 
 
I tempi 
Spunta l'idea di convocare le Camere tra il 19 e il 20 agosto, date che lasciano aperta la possibilità che si voti a fine ottobre (la Lega vorrebbe il 13, più probabile il 27). 
 
Cosa sta succedendo 
La Lega deposita in Senato la mozione di sfiducia a Conte 
Conte scrive a Fico e Casellati e si dice pronto a riferire in Aula 
Lunedì e Martedì le conferenze dei capigruppo 
Il Pd chiede di votare prima la sfiducia a Salvini 
La crisi pesa su Spread e Mercato,   
Fitch conferma tripla B e outlook negativo, ma avverte: il futuro governo non si allontani dalle regole europee 
 
 
In bocca al lupo Italia! 
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