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“Folle votare subito”.
Folle votare subito. Così Renzi e Grillo lavorano all’inciucio 
di Ninni Raimondi
 
Sono bastati un paio di giorni e tutto sembra cambiato. Se a ridosso della crisi di governo aperta da Salvini tutte le forze politiche dichiaravano sfrontate “nessun problema ad andare al voto subito, siamo pronti”, adesso in parecchi si schierano apertamente per l’inciucio (quello chiamano “governo del presidente” per intenderci). Il capo cordata è Matteo Renzi, l’uomo che un giorno disse a Gianni Letta “stai sereno” e il giorno dopo gli fece le scarpe. Fino a due giorni fa era per il voto in autunno e si diceva non disponibile “ad accordicchi e trame sottobanco” – lui che è sempre stato il nemico giurato di ogni possibile intesa tra Pd e 5 Stelle – in un intervista al Corriere della Sera uscita oggi parla così: “Andremo in Senato e ci confronteremo. E qui è in gioco l’Italia, non le correnti dei partiti. Chiederò di parlare e dirò che votare subito è folle”.  
 
Renzi folgorato dal taglio dei parlamentari 
Un improvviso sussulto di responsabilità per l’ex premier, che oltre ai timori per l’Iva al 25% è rimasto folgorato sulla via del taglio dei parlamentari. Lui, a cui queste battaglie populiste e un po’ pauperiste non hanno mai scaldato il cuore. “La priorità è evitare l’aumento dell’Iva. Vanno trovati 23 miliardi di euro”, spiega Renzi che aggiunge, “a me non piace (la riforma sul taglio dei parlamentari, ndr) ma devo ammettere che hanno ragione loro quando dicono che sarebbe un assurdo fermarsi adesso, a un passo dal traguardo. Si voti in Aula in quarta lettura e si vada al referendum: siano gli italiani a decidere. Ci vuole un governo istituzionale che permetta agli italiani di votare il referendum sulla riduzione dei parlamentari, che eviti l’aumento dell’Iva, che gestisca le elezioni senza strumentalizzazioni”. 
 
Grillo ci salva dai “nuovi barbari” 
Per mantenere la propria quota di potere ed evitare che le liste che farà Zingaretti facciano fuori i suoi, Renzi è disposto a tutto. Anche a votare un taglio dei parlamentari che non condivide. Simile il ragionamento di Beppe Grillo, che rompe il silenzio per contraddire Di Maio e allinearsi ai renziani: “Dobbiamo fare dei cambiamenti? Facciamoli subito, altro che elezioni, salviamo il Paese dal restyling in grigio-verde dell’establishment che lo sta avvolgendo. Come un serpente che cambia la pelle”. Il garante del Movimento 5 Stelle cerca così di serrare i ranghi dei suoi, visto che i parlamentari pentastellati erano i più terrorizzati all’idea di perdere la poltrona. Vai a dire ad un postino di Potenza, che si è visto quintuplicare lo stipendio, di abbandonare i palazzi romani e tornare a fare quello che faceva. I miracolati sono pronti a tutto pur di rimanere aggrappati alle poltrone e i vertici del Movimento lo sanno. 
“Mi eleverò per salvare l’Italia dai nuovi barbari, non si può lasciare il Paese in mano a della gente del genere solo perché crede che senza di loro non sopravviveremmo”, aggiunge Grillo. Il calcolo ovviamente è anche elettorale, perché si ritiene che il 5 Stelle sia al minimo dei consensi e, con una campagna elettorale magari nella primavera 2020, avrebbero più tempo per recuperare. Va però considerato anche che un’ammucchiata con renziani, forzisti e LeU (che legge di bilancio ne uscirebbe?) potrebbe fare perdere ulteriori consensi ai pentastellati. Forse quindi delle elezioni in autunno, rivendicando dall’opposizione l’esperienza di un governo che piaceva agli italiani e che è stato fatto cadere da Salvini, potrebbe forse essere uno scenario preferibile per i 5 Stelle. Ma non risolverebbe la questione “miracolati”. 
 
Pd e 5 Stelle: il modello Lazio 
Il mantra dalle parti del Movimento è “non darla vinta a Salvini”. Ad ogni costo. E così rispunta il solito Roberto Fico: “I Presidenti di Camera e Senato convocano le camere. Nessun altro”, messaggio per Salvini e intento dichiarato di mandare la questione sfiducia ed eventuale scioglimento della camere alle calende greche”. Alle parole del compagno Fico si aggiungono quelle di Roberta Lombardi. 
La capogruppo M5S in Regione Lazio – dove i pentastellati già governano insieme al Pd – si oppone fermamente all’ipotesi di voto in autunno: “Sposo totalmente la linea di Grillo, siamo stati coerenti, ma non siamo fessi. Se Salvini vuole subito il voto, deve capire che il Parlamento non è ai suoi ordini”. Quindi per fermare Salvini vale tutto? Anche la grande ammucchiata con Renzi e pezzi di Forza Italia? “Io penso che ci voglia un’assunzione di responsabilità da parte di tutti”, dice la Lombardi intervistata da Repubblica. “A maggior ragione dopo essere stati al governo con la Lega. E lo dice una che nel 2013 ha rifiutato l’offerta di Bersani: eravamo molto più schizzinosi”. La trasformazione definitiva dei 5 Stelle in partito vecchio stile è servita. 
Licenza Creative Commons  12 Agosto 2019
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