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Ode alle sardine. Vecchi compagni e nuovi cazzari 
di Ninni Raimondi
 
Sono così carini da sembrare delle caricature di se stessi, dei cartonati sorridenti che ripetono sistematicamente love, love, love. Sono così carini, intelligenti e altruisti da far ribollire il sangue nelle vene. Sono i pronipotini del Pci, sono i nuovi piazzaroli senza identità, i successori dei girotondini, dei palavobis, del panchopardesco cetomedio riflessivo, sono er popolo der web, gli ambientalisti consapevoli, quelli contro il consumismo di massa, quelli della giustizia sociale, dell’ambientalismo talebano e del vù cumprà elevato ad irrinunciabile risorsa. Sono le sardine, i nuovi cazzari insonni (così si definiscono i quattro giovanotti che hanno partorito il flash mob) che girano il mondo sui voli low cost, surfando sulla cresta del futuro migliore, ecosostenibile e plastic free. 
 
Tra elegantismo leopoldino e straccionismo da centro sociale 
Non indossano più l’eskimo perché preferiscono un genere d’abbigliamento che è un incrocio tra l’elegantismo leopoldino e lo straccionismo da centro sociale. È la generazione Erasmus e/o Bataclan, quella dell’umanità meticcia, del colonialismo occidentale e John Lennon cantano in dolente coro per le strade parigine armati di peluche dopo l’altro attentato islamico. Ma per loro non erano islamisti, solo fratelli sottomessi alla dittatura del consumismo che li ha resi un po’ birbanti. Governassero, proporrebbero la gratuità dell’intervento di chirurgia plastica in stile Michael Jackson, ma al contrario: da bianchi, trasformarci in neri, perché la storia che conta, che è sempre e solo quella dello schiavismo, la si afferra meglio se tinti di marrone. 
Rappresentano qualcosa, un’idea, un confronto, una proposta? In realtà, niente di niente, sono la fotocopia datata 2019 dei movimenti arancioni, viola, rossi, delle Guzzanti e dei Dario Fo che già negli anni del berlusconismo rompevano le palle al mondo intero con la loro perenne indignazione, con le loro okkupazioni intelligenti, con la loro cultura superiore. E le sogliole lesse di ieri si sono dimenticate di dire alle sardine di oggi che il vero intellettuale, il vero ribelle non bacchetta le masse, non impone sé stesso, non divide il pianeta in una parte di serie a e una di serie b; l’intellettuale che voglia esser tale deve solo insinuare dubbi sul pensiero maggioritario che è tale anche se non rappresenta la maggioranza dei soggetti pensanti. 
 
Un esercito di laureati in scienze della comunicazione 
Figurarsi se questi giovanotti hanno qualcosa di intellettuale. A leggere i loro curriculum viene in mente Ruggero, impersonato da Verdone, in Un sacco bello, con quell’aria spaesata e la retorica giovanilistica del ribelle fine a sé stesso, e le mani del padre che prudono. Uno, tale Roberto, è ingegnere e nel tempo libero tiene laboratori creativi nel riciclo della plastica. Un altro, Andrea, ha una laurea di Scienza della comunicazione (futuro disoccupato a meno che il Piddì non lo faccia suo), ha girato il mondo coi suoi studi e ovviamente li ha conclusi con una laurea in comunicazione ambientale. Onore all’impegno: non è facile scrivere cento pagine di istruzioni su come parlare con gli alberi. Poi Mattia, l’ideatore delle sardine che in nottata chiese l’aiuto agli altri tre amici: è laureato in scienze politiche e fa l’istruttore di frisbee. Vien da domandarsi se, per giocare oggi a fare i partigiani, sia necessario rendersi ridicoli più del dovuto. 
 
Eppoi.  
La sinistra vorrebbe intestarsi quelle migliaia di faccine simpatiche ma che nascondono odio e razzismo vero. La sinistra, mentre Zingaretti dalla tre giorni Pd rilancia il tema dello ius soli, si guarda attorno nel tentativo di individuare un agglomerato umano su cui apporre il proprio simbolo. Speriamo che questo teatrino vada avanti per ancora un bel po’ perché il loro ocheggiare è impagabile. Però una cosa in comune con le sardine ce l’hanno, e ce l’hanno da sempre: il razzismo culturale verso chiunque non sia allineato sulle loro posizioni spesso demenziali. Perché questo genere di approccio alla diversità è già di per sé da dementi. La piazza di Bologna, e successivamente quella di Modena, è stata un siparietto visto e rivisto dei resistenti di oggi che hanno dato sfogo a tutto il loro odio classista, alla loro supponenza proletaria (di proletario non hanno neanche le stringhe), alla loro superiorità morale perché da quell’altra parte, dicono, ci sono i fascisti carogne che devono tornare nelle fogne. 
 
Lo spessore della discussione è questo, il fine è la riduzione dell’avversario a merda da calpestare, l’argomentazione è la solita retorica idiota del nemico fascista da combattere che ieri era Berlusconi, oggi Salvini, domani chissà. L’assurdo delle sardine Erasmus è che il ceto povero e disagiato, che un tempo si definiva proletariato, è altrove e rimane insensibile alla loro chiamata alle armi contro il mostro razzista. Questo perché, seppur divertente sia “fare rete per restare umani”, rimangono dei piazzaioli inconcludenti, dei modaioli conformisti. Loro non lo sanno, ma si può risultare noiosi anche se si gira il mondo e si insegna a giocare a frisbee. 
Licenza Creative Commons  19 Nobembre 2019
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