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Il Punto
Dai, facciamo il punto della situazione 
di Ninni Raimondi
 
 
 
 
      
 
Ok a 900 milioni per salvare Pop Bari. Ma è scontro al governo: renziani sul piede di guerra 
La verifica della maggioranza è anticipata ad oggi. Dopo lo scontro sul salvataggio della Banca popolare di Bari, il premier Giuseppe Conte non intende aspettare gennaio per serrare i ranghi giallofucsia. Appuntamento quindi a stasera alle 21 per il vertice di Palazzo Chigi. Intanto il governo è alle prese con il decreto per salvare Pop Bari, bloccato tre giorni fa dai veti incrociati del leader di Italia Viva Matteo Renzi e il capo politico M5S Luigi Di Maio, varato ieri, nel Consiglio dei ministri convocato in notturna.  
 
Dopo un’ora e mezza di riunione, al termine di una giornata scandita dalle polemiche incrociate di 5 Stelle e renziani, è stato varato il provvedimento da 900 milioni di euro. A quanto pare, il governo intende creare una banca di investimento con la ricapitalizzazione di Mediocredito centrale attraverso Invitalia, per il rilancio di Banca popolare di Bari, commissariata da Bankitalia. A superare l’impasse, il via libera alla richiesta dei 5 Stelle: il governo assicura l’azione di responsabilità nei confronti dei passati vertici della Popolare di Bari. E si impegna a sostenere eventuali prepensionamenti se saranno previsti dal piano. 
 
Salvini soffia sul fuoco: “Alla commissione banche va bene Lannutti” 
Ma la maggioranza resta spaccata, con Renzi che canta vittoria dopo gli attacchi sul crac di Banca Etruria: “Ci avevano rovesciato fango, ma sulle banche avevamo ragione noi”. E con Di Maio che invece precisa che “Banca Etruria fece perdere soldi ai risparmiatori e le banche venete furono ripulite con i soldi degli italiani e rivendute a 1 euro”. In Cdm poi Di Maio avrebbe ottenuto l’avvio immediato della commissione banche e l’impegno di Conte a chiedere a Bankitalia cosa farà per accertare le responsabilità dei vertici di Pop Bari. Come se non bastasse, il leader della Lega Matteo Salvini alimenta le fibrillazioni giallofucsia appoggiando il candidato M5S alla presidenza della commissione, ostacolato da Pd e renziani: “Va bene Lannutti. Basta fare in fretta”. 
 
Zingaretti ridimensiona Conte: “Agenda 2020” 
Intanto oggi al Senato si vota la prima fiducia sulla legge di Bilancio. Renzi prenderà la parola, e probabilmente farà ballare ancora una volta la maggioranza. Conte aspetterà il vertice di stasera per parlare del suo cronoprogramma, “Agenda 2023”. Ma a quanto pare il nome già non va più bene, perché il segretario dem Nicola Zingaretti parla di “Agenda 2020”. Insomma, un orizzonte più circoscritto rispetto ai desiderata di Conte. Nel Pd, secondo uno scenario del Corriere della Sera, ci sarebbero sospetti che Renzi abbia siglato un patto per il voto con Salvini, grazie alla mediazione di Denis Verdini. Quello che è evidente è che i renziani continuano a opporsi su ogni provvedimento dell’esecutivo. Conte dal canto suo sta iniziando a perdere la pazienza (o la speranza). E ci sarebbe chi l’ha sentito dire: “Se la verifica di governo fallisse, sarei io per primo a prenderne atto e a staccare la spina”. Al Nazareno serpeggia il timore che Renzi – visti i sondaggi non proprio lusinghieri per Iv – possa far cadere il governo per andare a votare con il Rosatellum, che ha una soglia di sbarramento bassa, fissata al 3 per cento. 
 
 
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Le sardine si riuniscono nel centro sociale okkupato di Action. Avete ancora dubbi? 
Le sardine sono antifasciste e cantano “Bella Ciao” in piazza contro la Lega e contro Salvini, contro Fratelli d’Italia e la Meloni, contro i sovranisti. E questo si sa, lo hanno strombazzato le stesse sardine a destra e a manca. Ora però si aggiunge un altro tassello alla conformazione ideologica e politica del movimento, che rivela una connessione ben precisa con la rete dei centri sociali, degli antagonisti e della sinistra extraparlamentare (altro che difensori della Costituzione). Dopo la manifestazione nazionale di sabato in piazza San Giovanni a Roma, ieri le sardine hanno tenuto la loro riunione operativa in un noto centro sociale okkupato romano. Esistono quindi almeno due volti di questi “pescetti rossi”: quello compassato, à la page dei vecchietti in piazza sabato, con le loro fusciacche, i loro foulard, le loro mise radical chic; e quello delle assemblee nei centri sociali dove si fanno soldi illegalmente con la scusa di aiutare i bisognosi. 
Il “congressino nazionale” a casa degli antifascisti di Action 
 
La prima super pubblicizzata riunione operativa delle sardine – “il congressino nazionale” – si è tenuta nella sede del centro sociale Spintime Labs, che si trova nell’ex palazzo Inpdap in via Santa Croce in Gerusalemme 55, a due passi da piazza San Giovanni. Per chi non se lo ricordasse, lo stabile è stato occupato illegalmente dai “compagni” di Action nel 2013. E’ lo stesso palazzo in cui la scorsa primavera l’Elemosiniere di Sua Santità tolse i sigilli alla centralina elettrica per ripristinare la luce elettrica, la cui erogazione era stata sospesa per morosità. Gesto che ha creato non pochi problemi al Vaticano, visto le attività commerciali illegali nel palazzo occupato. 
 
Le sardine nel solito giro degli antifa romani 
Tutto è nato quando Andrea Alzetta, tristemente noto come Tarzan, leader di Action aveva iniziato a condividere i post delle sardine. Seguito a ruota da Paolo Perrini, altro responsabile del palazzo occupato di Spin Time Labs, che segue soprattutto il business: il ristorante e la discoteca all’interno dello stabile sottratto illegalmente al Fondo Immobili pubblici. Ma il collegamento tra le sardine e il palazzo di Action è stato un militante dei centri sociali del Municipio VIII guidato da Amedeo Ciaccheri. Lo stesso presidente che, a maggio, scese in strada a protestare contro il distacco della corrente e in sostegno del successivo intervento dell’Elemosiniere del Papa. 
 
Di Maio: “Partono davvero con il piede sbagliato” 
L’assemblea delle sardine nello stabile occupato ha creato imbarazzo tra i giallofucsia, con il capo politico M5S Luigi Di Maio che ha commentato: “Certo, se il giorno dopo l’exploit di piazza San Giovanni si vedono in un palazzo occupato, partono davvero con il piede sbagliato“. Scelta invece rivendicata dal leader delle sardine Mattia Santori: “Conoscevamo la situazione e la storia di questo immobile, ma abbiamo deciso di presentarci qui proprio perché vogliamo stare dalla parte dei più deboli”. Va all’attacco la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni: “Le sardine riunite in uno stabile occupato con lo slogan: ‘Viva le sardine, abbasso gli sgombri‘. La solita storia, secondo questa gente la sinistra può violare la legge come meglio crede: per occupare immobili, per far entrare immigrati illegali, per distribuire hashish e per impedire agli avversari politici di manifestare. Noi preferiamo stare dalla parte della legalità”. Silenzio colpevole invece da parte del sindaco di Roma Virginia Raggi, che scelse di non commentare anche in occasione del blitz voluto dal Vaticano. 
 
 
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“Togliete la scritta ‘xmas’, ricorda la Flottiglia”. Assessore antifascista rovina il Natale a tutti 
L’idiozia della polizei antifascista, che vede la rinascita del Ventennio anche nei fondi di caffè, colpisce ancora. Stavolta la paranoia partigiana ha avuto come oggetto le luminarie natalizie di un centro commerciale. È successo a Val di Vara, a Brugnato (Sp) dove il vicesindaco del Comune di Sesta Godano con delega alla cultura (sic) Davide Calabria ha scambiato la scritta “Xmas” (abbreviazione della parola Christmas, Natale) posta al centro della piazza principale dell’outlet cittadino, per il logo della flottiglia della Decima Mas. 
 
Grinch antifascista 
xmasSecondo quanto riferisce La Nazione, l’oltraggiato Calabria avrebbe affidato la propria indignazione ad un post su Facebook con tanto di diktat — subito cancellato: “Si può dire quello che si vuole, ma io leggo XMas. Costava tanto fare una luminaria meno fraintedibile? Cambiatela. Finché non lo fate comprerò in altri luoghi. E mi permetto di aggiungere: sciocchi”. Gli sciocchi, quindi, sarebbero i gestori dell’outlet, che hanno utilizzato una dicitura usata in tutto il mondo civilizzato e che nessuno fraintende: non Calabria, che, novello Grinch antifascista, si è messo in testa di guastare il Natale a tutti. 
 
Natale a tinte fosche 
Pur avendo rimosso il post, il vicesindaco ha ribadito la propria posizione sempre a La Nazione: “Stiamo perdendo pezzi di memoria, e stiamo perdendo un po’ il senso e il valore dei simboli e dei loro significati. Ero all’outlet e come molti mi sono scattato un selfie davanti alla luminaria. Quando poi a casa l’ho rivista — spiega — ho avuto i brividi vedendo che a far da sfondo allo scatto c’era quella scritta. Le logiche del commercio spesso mutuano slogan e spot da altre aree culturali, ma talvolta non si considera il significato si simboli e scritte propri di quel specifica identità culturale. E allora un semplice Buon Natale scritto all’inglese crea lo sgomento — lo crea solo a Calabria — di chi rileggendo quel simbolo riconoscere altri significati. E il Natale si tinge di tinte fosche, di rabbia e di vergogna”. E conclude: “Facciamo bene a gettare pezzi di memoria nel dimenticatoio? Eppure quella storia ce l’hanno raccontata proprio perché non la dimenticassimo”. 
Immediata la resa del direttore dell’outlet che, sempre secondo il quotidiano, ha avviato un “confronto franco e cordiale” nel quale si sarebbe manifestata la disponibilità a valutare la sostituzione dell’insegna per non turbare il Natale partigiano dell’inquieto vicesindaco. 
 
 
 
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Sassari, azione goliardica di CasaPound: “Sardi sì, sardine mai!” 
“Sardi sì, sardine mai”. E’ il testo dello striscione appeso a Sassari, tra due balconi di piazza Fiume, dai militanti di CasaPound. “Abbiamo deciso di organizzare una contestazione con lo stile goliardico tipico di CasaPound, rivolta verso l’ennesimo movimento che crede di rappresentare la voce del popolo, dichiarandosi apolitico e anti populista ma che in realtà è caratterizzato da una grossa confusione ideologica, privo di valori e di idee, capace solo di usare slogan e coretti tipici del più banale populismo in salsa sinistroide”, si legge nel comunicato diffuso da CasaPound. 
 
“Insomma – prosegue la nota – le sardine non sanno che pesci prendere e siamo sicuri che si riveleranno un grande flop come i grillini, incapaci di veicolare la protesta popolare verso qualcosa di utile”. Secondo Cpi “la vera battaglia contro il sistema può e deve essere solo quella per l’uscita dall’Ue, in favore del sovranismo e di proposte sociali come quelle che CasaPound da sempre porta avanti sulla casa, sul lavoro, sui salari”. 
D’altronde, come sottolineato anche dall’Ansa, “la risposta dei sassaresi all’invito del movimento che sta spopolando in tutta Italia è stata tiepida”. Piazza Fiume si è infatti riempita solo a metà e a cantare “Bella Ciao” non c’era affatto quel mare di sardine auspicato dagli organizzatori della manifestazione. 
 
 
 
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“Bibbiano non è un caso isolato”: parla il legale di un padre a cui hanno rapito il figlio 
Mimmo Zardo chiederà un risarcimento di 6 milioni di euro al comune di Alice Superiore (Torino) e al consorzio che si occupa di tutela minori e affidi, colpevoli di aver favorito l’allontanamento illecito di suo figlio Erik. Una class action verso quegli operatori che nel corso della sua travagliata vicenda invece di aiutare un padre e una madre (Mimmo e Tetyana) a trovare equilibrio e armonia in un momento di crisi di coppia, hanno abusato della loro posizione in modo spietato e cinico alimentando una conflittualità insanabile. 
 
La storia di Mimmo Zardo è nota: suo figlio nel 2012 è stato rapito dall’ex compagna e portato in Ucraina. La madre, per riuscire nell’intento di separarsi dall’ex compagno e fare in modo che non potesse più vedere il bambino, non ha esitato ad accusare il padre di maltrattamenti fisici e psicologici. Calunnie e menzogne sostenute da false testimonianze che hanno trovato ampio supporto da parte degli operatori della “tutela minori” i quali hanno reiteratamente avvallato le fallaci tesi della donna. 
 
Le traversie di Zardo cominciano quando si innamora della ragazza proveniente dall’Ucraina, Tetyana Gordiyenko a cui segue la nascita del figlio Erik. L’idillio si rompe dopo qualche mese dal lieto evento: la compagna vuole lasciare il padre.  
Il piano viene concordato nei dettagli con un cast composto da vari attori (servizi sociali, psicologi, avvocati…) in grado di entrare in scena col un ruolo preciso finalizzato ad accusare Mimmo di maltrattamenti e violenza psicologica, per allontanarlo dalla compagna e dal figlio che verranno alloggiati per mesi (a spese della collettività) in una casa protetta.  
 
Nel dramma compare anche la madre di Tetyana, Olga, che si adopererà per danneggiare il più possibile Mimmo, alienargli Erik ed ottenere il massimo dei benefici attraverso un mantenimento certo.  
A suggerire alle donne i passi da compiere, cosa dire, quali accuse presentare, dove e a chi rivolgersi sono gli operatori dei vari servizi pubblici impiegati negli enti.  
La vicenda ha il suo apice il 12 maggio 2012 quando il piccolo viene rapito e portato definitivamente in Ucraina. 
 
Un processo kafkiano 
Oltre a vivere il lutto per la perdita di un figlio vivo, a Mimmo toccherà subire un lungo processo infamante da cui uscirà pulito per non aver commesso i fatti contestati, mentre la posizione della ex compagna si rovescia: da accusatrice viene condannata in via definitiva a 5 anni e 2 mesi di reclusione per sottrazione di minore. Le perizie che descrivevano Zardo violento ed insensibile si rivelano infondate così come le motivazioni che erano servite ad allontanare il padre da suo figlio. Sono infatti queste le ragioni che stanno alla base del ricorso presentato da Zardo nei confronti del consorzio socio-assistenziale resosi colpevole di intervento illecito e di allontanamento del piccolo. 
A fornire sostegno legale nella class action avviata da Mimmo Zardo sarà l’avvocato Rita Ronchi: per ricostruire l’intera vicenda del suo assistito ha messo in ordine la lunga lista dei fatti, alcuni dei quali sconfinanti in veri e propri reati, che avevano permesso alla madre di Erik e alla nonna Olga,di rapire il piccolo.  
 
Procedimenti con cui i servizi sociali, senza pietà e prudenza, hanno portato la coppia verso una conflittualità irreparabile. 
 
Parla il legale di Zardo 
Spiega il legale: “Non solo cercheremo di riportare il figlio in Italia, da suo padre, ma cercheremo anche di accertare da parte della Magistratura tutte le responsabilità e le connivenze che si sono susseguite, per fare chiarezza di tutte le inefficienze del sistema”.  
Continua l’avvocato: “Dalla ricostruzione dei fatti risulta che la madre e la nonna abbiano usufruito dell’intervento degli assistenti sociali del consorzio in rete assolutamente illegittimo: prima si sono nascoste con il bambino privandolo della propria libertà presso una famiglia che distava a pochi metri dalla loro abitazione, dopo di che è stato emesso un 403 richiedendone conferma al tribunale per i minori, quindi è stato effettuato dal pm, attinto dalla notizia degli assistenti sociali. Questo procedimento ex 403 del codice civile ha trovato una decisione negativa dell’operato fin lì effettuato da parte del tribunale dei minori. 
 
Un evento abbastanza straordinario è stato quello, in base al quale, nonostante le sole risultante della relazione sociale e del ricorso in sé, il tribunale dei minorenni del Piemonte e della valle d’Aosta tempestivamente abbia rigettato il decreto indicando come si versasse chiaramente in un’ipotesi di litigiosità coniugale con non poteva essere bypassata con questo 403, che è un provvedimento estremamente limitativo e che deve essere emesso in caso di abbandono del minore; fatto questo che era insussistente nel decreto. La pericolosità del rapporto madre figlia poi era stata segnalata così come il rischio di rapimento del minore.  
 
Dal giorno in cui è stata emessa una decisione del tribunale per i minorenni che sosteneva che non vi erano i presupposti per un allontanamento per un insediamento in casa protetta – perché non vi erano tali presupposti per limitare così la genitorialità dello Zardo – senza alcun provvedimento giudiziario il padre ugualmente è stato privato del vedere suo figlio, la famiglia Zardo è stata privata di vedere il proprio nipote, mentre a spese pubbliche degli enti territoriali coinvolti le due donne sono state inserite in una presunta casa protetta che poi era invece una casa libera, dalla quale nel corso del tempo hanno organizzato la fuga. In questa vicenda tutti hanno agito con protervia sapendo che non sarebbero stati puniti”. 
 
Come state procedendo? 
Abbiamo contestato la responsabilità civile sia degli assistenti sociali che del comune con una missiva; nel frattempo il comune ha già risposto che nulla c’entra mentre gli assistenti sociali hanno risposto che hanno dato incarico al loro legale e devono ancora rispondere. 
 
Cosa vi aspettate? 
Innanzitutto di far emergere e porre luce su queste prassi distorte che sono state applicate a Mimmo Zardo, tra l’altro sistematicamente ritrovabili in decine di casi di padri allontanati e screditati con false accuse e false perizie. Importante far emergere questo sistema sbagliato che ha fornito terreno fertile per la commissione di reati contro il bambino e suo padre da parte della madre; abbiamo un’aspettativa morale e se dovesse essere dichiarata una responsabilità del consorzio e del comune la remunerazione economica non colmerà la perdita del figlio. Non ci stiamo muovendo solo sotto il profilo civile ma anche sotto quello penale perché la sola condotta di sottrazione di minore in capo alla madre non reca giustizia ai veri fatti.  
 
Si segnala infatti il concorso pieno della nonna. Inoltre Zardo ha sempre denunciato non solo la sottrazione internazionale di minore, che come reato ex articolo 574 bis prevede la lesione del bene giuridico della potestà genitoriale, ma proprio che il bambino sia stato privato della sua libertà personale e sequestrato. Questa cosa il padre l’ha sempre segnalata e puntualmente la magistratura ha fatto finta di non accorgersi. Per questo presenteremo sicuramente una denuncia complessiva di tutti i fatti commessi in Italia che a tutt’oggi hanno protrazione nella condotta attuale della Gordienko. Un tentativo disperato ma credo che la Procura debba pronunciarsi sul punto. 
 
Il sistema che regola gli affidi sta in piedi perché, intorno al fenomeno, girano tanti soldi? 
Mettiamola così: la mia esperienza personale mi dice che di fronte a persone validissime che si sono sempre impegnate nell’interesse dei bambini il sistema così come è strutturato consente una deviazione e non consente il controllo per evitare che succedano questi fatti. Il più delle volte i giudici, avendo un valido appoggio nel sistema degli assistenti sociali tendono a reperire le loro relazioni senza avvedersi delle incongruità logiche e giuridiche che gli stessi propongono ed anzi il più delle volte li ratificano in provvedimenti che si possono tranquillamente giudicare abnormi. Bibbiano non è un caso isolato, le criticità riscontrate nel sistema reggiano sono facilmente riscontrabili in altri tribunali per minorenni.  
 
Già solo il fatto che la società civile abbia paura degli assistenti sociali, che invece dovrebbero essere dei soggetti tramite i quali andare per ottenere un aiuto, la dice lunga sul fatto che questo sistema così com’è, non funziona. Una risposta per riformare il sistema potrebbe essere quella di usare le relazioni degli assistenti sociali come un input non come trascrizione capace di determinare provvedimenti giudiziari. Le procure che decidessero finalmente di porre fine a questo sistema malato dovrebbero indagare gli assistenti sociali per falso in atto pubblico; questo chiaramente darebbe loro una responsabilità penale, che già hanno ma della quale e per la quale hanno, fin qui avuto facile via di fuga, perché anche di fronte all’evidenza si tende a non indagare mai gli assistenti sociali anche quando hanno rapporti diretti con le parti o quando firmano relazioni discutibili con elementi ad essi contrari. Questa già sarebbe un grandissimo passo nei confronti della soluzione del problema. 
 
Burocrazia fredda e dannosa 
Sia il legale sia il ricorrente sono consapevoli del fatto che la richiesta di risarcimento su cui stanno lavorando rappresenta il “caso zero” che potrebbe dare l’avvio a ricorsi verso coloro i quali, abusando della loro posizione, si sono resi responsabili di sofferenze e dolori per tante famiglie e tanti bambini. Zardo, sollevato da tutte le accuse, dopo essere stato pienamente assolto, non trovandosi più nella condizione di ricatto o sottomissione a cui devono invece sottostare tanti genitori di fronte a psicologi, assistenti sociali, avvocati giudici e operatori, oggi se lo può permettere. Ben conscio del comportamento di quei personaggi, capaci di passare da feroci accusatori a pusillanimi che provano a far credere di non essere stati in grado di potersi opporre o di non aver potuto fare nulla per impedire che i fatti andassero in un certo modo. Personaggi che si rivelano freddi burocrati inetti nascosti dietro la scusa delle “procedure codificate”, insensibili verso chi stanno danneggiando in modo irreparabile, il bambino, tolto dal suo contesto e sbattuto in una della tante case protette che necessitano sempre di essere tenute “in esercizio”. 
 
“Questi soggetti quando riescono, quasi sempre con illeciti pesantissimi, ad interrompere un rapporto genitoriale, difficilmente si adoperano per ricostruirlo – fa notare Mimmo Zardo – e la mancata sorveglianza sulle strutture o famiglie che accolgono questi minori rapiti, è un’altra gravissima contraddizione che deve essere valutata seriamente, così come serve cambiare completamente il modo di valutare i genitori naturali, che stanno magari vivendo un momento di difficoltà, sempre sospettati di ogni nefandezza a fronte di soggetti esterni, ritenuti più idonei, e che in realtà fanno business sull’accoglienza, sulla pelle dei bambini”. 
 
Infatti, chi si prende l’onere di controllare il giro d’affari conseguente agli affidi eterofamigliari ed allontanamenti dei minori, calcolato in molti miliardi di euro all’anno? Compito che ogni amministratore dovrebbe appuntarsi in agenda conteggiando ad esempio quanti sono i soldi spesi negli ultimi dieci anni per allontanamenti (ex art 403 C.c. ed altri) ed affidi eterofamigliari” e quanti, nello stesso periodo, per aiuti diretti ad entrambi i genitori naturali”? 
 
Una montagna di soldi 
Il fenomeno degli affidi muove una montagna di denaro. Esentasse e senza rendicontazione: ecco perché non è possibile una precisa indagine statistica e con numeri alla mano. Le “rette” passano come donazioni a supporto del nucleo familiare o casa famiglia ospitante, che può spendere o non spendere a piacimento quei soldi. Non è quindi possibile sapere alcunché di preciso su quale sia il giro d’affari complessivo a totale disposizione dei titolari/affidatari, perché non sono tenuti a dichiarare niente a nessuno, e sovente i piazzamenti dei minori presso tali presìdi sono confermati da una semplice scrittura privata nemmeno comunicata al Tribunale dei Minori, men che meno all’Agenzia delle Entrate.  
 
Proviamo allora ad immaginare di togliere i finanziamenti a chi gestisce le case protette, intestate tutte a soggetti terzi privati, e di riportare il servizio in capo ad un ente pubblico: quanti si dedicherebbero a soggetti su cui non c’è nulla da guadagnare? 
 
Il sospetto deve averlo avuto anche il sostituto procuratore, Valentina Salvi, secondo il quale gli indagati avevano messo in piedi, da diversi anni un redditizio sistema di “gestione minori”, con un giro d’affari da parecchie migliaia di euro. Ogni ospite che risiede in una casa famiglia rende alla comunità o cooperativa dai 70 fino a 400 euro al giorno. La retta agli istituti (sia religiosi sia laici) viene pagata dai comuni. Soldi pubblici, dunque. Erogati fino a quando il bambino resta “in casa”. Un giro d’affari e di denaro dalle proporzioni ciclopiche che tiene in servizio le oltre 1800 case famiglia italiane che hanno necessità di mantenersi le loro “quote” di minori. E se un bambino viene ridato ai genitori o assegnato a una coppia affidataria è un bel guaio: perché è una retta in meno che entra nelle casse della comunità. 
 
Soluzioni politiche 
Dopo lo scandalo di Bibbiano però qualcuno in politica ha scelto di voltare pagina e si è mosso per cercare di porre fine ai troppi abusi del sistema. L’assessore della regione Piemonte alle Politiche sociali ed ai bambini, Chiara Caucino (Lega), ha da poco presentato il Ddlr Allontanamento Zero, che mira ad impedire che lo strumento dell’allontanamento dei minori dai propri genitori continui ad essere adoperato in modo scriteriato o addirittura a scopo di lucro. Norme stringenti ed un monitoraggio continuo da parte della regione assicureranno un uso soltanto residuale di quello strumento estremo e cioè solo dopo che siano falliti tutti gli aiuti e i sostegni, che il Servizio Sociale dovrà dimostrare di aver fornito prima di minacciare un allontanamento, diretti alla coppia genitoriale ed ai familiari dei bambini. 
 
Così si dovrà passare a regime, dagli attuali 44 milioni di euro spesi per confinare bambini in cosiddette case famiglia o strutture simili, ad almeno il 40% di tale esborso pubblico diretto invece ad aiuti concreti ai genitori naturali, nella tutela della permanenza di ogni bambino nella propria famiglia anche nei momenti di crisi o di debolezza del nucleo.  
 
Una ventata di cambiamento, che per padri combattenti come Mimmo Zardo costituisce una positiva speranza affinché sia, da ora in poi, evitata ad altri l’immensa sofferenza vissuta da lui e dal piccolo Erik. 
 
 
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    Il Punto 
 
Ecco fatto. 
Buona giornata a tutti 
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