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Renuncio a los honores pero no a la lucha: storia del Peronismo 
di Ninni Raimondi
 
Renuncio a los honores pero no a la lucha: storia del Peronismo 
La popolarità di Perón cresceva a dismisura e, proprio per tale motivo, venne imprigionato nel 1945, in quanto le manovre che gli consentirono notorietà non erano ben viste dalla forte oligarchia ancora al potere. Il 17 ottobre dello stesso anno, Perón, venne liberato da una sollevazione popolare che darà vita, dopo non molto tempo, al movimento dei "descamisados", colonna portante della rivoluzione peronista. 
 
“Oggi è nata una nuova Argentina, è come un fato tra pioggia e brina. 
Per un continente lasciato marcire dagli sciacalli senza un avvenire 
La nostra battaglia popolare a Buenos Aires ti ha visto trionfare" 
 
«Renuncio a los honores pero no a la lucha»: ora è tempo di gloria e giustizia sociale!” 
Con questa strofa si chiude il brano “Renuncio” degli Ennesseppi, dedicato alla figura di Evita Peron e del Peronismo in genere. Con questo articolo vogliamo ripercorrere le tappe più importanti della politica peronista o “giustizialista” in Argentina. 
1943, un’Argentina pressata dai mercanti e dai grandi proprietari terrieri a saldo dei britannici e degli americani, i maggiori detentori di potere finanziario e politico nella terra d’argento. Il prepotente dominio straniero provocò profonde disuguaglianze sociali nel popolo e portò alla nascita e alla formazione di nuove realtà politiche riconosciute negli ambiti socialisti, anarco-sindacalisti, comunisti e anarchici che fungevano, per l’appunto, da opposizione al blocco liberale e liberista filoamericano e filobritannico. 
Con la seconda guerra mondiale, i movimenti politici argentini cominciarono a spaccarsi ulteriormente, in particolar modo in merito all’invasione dell’Unione Sovietica, che non fu appoggiata da tutti i comunisti – cosa che portò alla rottura del movimento operaio – e le frange di destra si rifiutavano di vedere la propria nazione accanto agli Alleati contro l’Asse. 
 
Dalla situazione di profonda instabilità creatasi nella nazione, a spuntarla fu l’ala filofascista e conservatrice, che il 4 giugno 1943, insieme al Grupo de Oficiales Unidos (GOU) realizzarono un colpo di Stato impedendo l’elezione a presidente del filo-britannico Robustiano Patrón Costas. Il colonnello Juan Domingo Perón, appartenente al gruppo, entrò nel governo alla guida del Ministero del Lavoro e della Previdenza. Egli, alla fine degli anni Trenta, visse nell’Italia fascista come osservatore militare dello Stato Maggiore argentino e studiò all’Università di Bologna “Scienze Politiche ed Economia Corporativa”, vedendo con simpatia la politica e l’ideologia fascista, che influenzò moltissimo il peronismo stesso. 
Perón come ministro realizzò, nel campo sociale, opere di fondamentale importanza per il popolo argentino come: assicurazioni obbligatorie per incidenti sul lavoro e malattie professionali, la giornata lavorativa di otto ore, lo statuto dei giornalieri, tredicesima mensilità, ferie retribuite, estensione del sistema pensionistico, riconoscimento ufficiale dello status giuridico dei sindacati e altro. 
La popolarità di Perón cresceva a dismisura e, proprio per tale motivo, venne imprigionato nel 1945, in quanto le manovre che gli consentirono notorietà non erano ben viste dalla forte oligarchia ancora al potere. Il 17 ottobre dello stesso anno, Perón, venne liberato da una sollevazione popolare che darà vita, dopo non molto tempo, al movimento dei “descamisados”, colonna portante della rivoluzione peronista. 
 
La guida peronista dell’Argentina venne contraddistinta dalla forte presenza di nazionalisti, socialisti e sindacalisti nelle fila dei sostenitori più fedeli; questa formazione avanguardista portò all’applicazione di una “terza via”, al di là del socialismo reale marxista e del sistema capitalista atlantista. Naturalmente, la funzione della “terza via” economica non venne applicata in tutta la durata del governo peronista, in quanto con il passare del tempo si insediarono politiche di destra e liberali che causarono profonde crepe in quello che era il “sogno peronista” per un’Argentina realmente libera e sovrana. 
Un sostanziale disgregamento del regime avvenne con la morte della moglie di Perón, il 26 luglio 1952, Eva Duarte de Perón (detta Evita), popolare intrattenitrice radiofonica di umili origini, dotata di carisma e capacità comunicativa e gestore dell’immagine pubblica del marito. Dallo stesso anno l’economia comincia a perdere posizioni, a causa dell’esaurimento delle riserve internazionali accumulate durante la guerra, quando l’Argentina costituiva la sesta potenza economica mondiale. 
Come già citato, le politiche liberali “destrorse” oramai insediatesi nel sistema peronista furono un grave problema per la figura del regime; proprio tali politiche consentirono una legge sull’aborto che allontanò totalmente la Chiesa Cattolica arrivando a inimicarsi con il regime, nuovamente avvolto dai tentacoli dei poteri economico-finanziari angloamericani. 
 
Il 16 giugno 1955 venne organizzato un colpo di Stato militare da parte della Marina, che bombardò la Casa Rosada tentando di uccidere il presidente. Il 18 giugno Perón fuggì in esilio prima in Paraguay e poi nella Spagna del “Caudillo” Francisco Franco. 
Durante l’esilio, in Argentina vennero a crearsi dei movimenti armati in nome del “peronismo resistente”. Tra i più noti quello dei “Montoneros”, che vennero sostenuti apertamente dallo stesso Perón, che ne condivideva la lotta armata e i suoi nobili intenti.  
In Argentina l’oligarchia dominante si è legata al capitale multinazionale […] per cui lo sfruttamento nel mio paese si identificava con la presenza prima inglese e poi statunitense. Il nazionalismo, quindi, è sempre stato sinonimo di liberazione e i due termini, se presi separatamente, non avrebbero avuto senso. Il fenomeno peronista costituiva un’unione variegata: i delusi del Partito Comunista, i settori cattolici più radicali, i militanti che avevano conosciuto il Che, i sottoproletari delle villas miseria, le baraccopoli di Buenos Aires, ma anche una parte consistente della piccola borghesia. Dal 1975 iniziò l’adesione operaia in massa, unendosi al movimento studentesco che lottava soprattutto contro l’eccessiva invadenza statunitense. Il peronismo, dunque, è nato come movimento politico di massa. Più tardi, il ricorso alla lotta armata, non è stata una scelta, ma l’unica forma di resistenza possibile. » 
Queste le parole di Miguel Bonasso, italo-argentino, combattente dei Montoneros che riassumeva lo spirito del gruppo paramilitare armato peronista. Proprio grazie al declino economico e sociale dei diversi governi che si susseguirono negli anni Sessanta, i Montoneros riuscirono ad aprire la strada per un ritorno di Perón nel Paese. 
 
Nel 1971, però, un nuovo colpo di stato segnò l’Argentina, quest’ultimo venne attuato dal generale Alejandro Lanusse. Con le conseguenti elezioni dell’oramai ripristinato “regime democratico”, nel 1973 venne scelto Hector Campora, sostenitore di Perón. Campora si dimise nel luglio dello stesso anno per portare la nazione a nuove elezioni, che consentirono il ritorno di Perón, per la terza volta, alla quale gli erano state vietate le elezioni dopo il golpe di Lanusse. 
Ma nonostante tutto ciò, oramai il regime peronista era segnato da conflitti interni tra l’ala destrorsa e conservatrice con quella maggiormente socialista e nazionalista. Proprio durante il periodo di profonda crisi interna del peronismo, Juan Domingo Perón morì il 1 Luglio 1974, lasciando alla seconda moglie, Isabel, la successione governativa.  
Il governo di Isabel Perón venne rovesciato dall’ennesimo colpo di stato di matrice militare. Il regime democratico venne di nuovo ripristinato nel 1983, dopo il fallimento del Processo di riorganizzazione nazionale e la sconfitta nella Guerra delle Falkland del 1982. Il movimento peronista, dopo una prima sconfitta elettorale da parte dei socialisti, tornò al potere in diverse occasioni (per la prima volta nel 1989), ma mantenendo differenze tra peronisti conservatori (come Carlos Menem) e socialisti nazionalisti (come Néstor Kirchner o sua moglie Cristina Fernández de Kirchner, fautori del kirchnerismo). 
In italia, invece, il peronismo riscosse molto successo sia nella destra sia nella sinistra radicale. Lotta Continua sul proprio quotidiano definisce il peronismo come “uno dei fenomeni sociali, politici e ideologici più incompresi del nostro secolo”. 
Il congresso del Movimento Sociale Italiano a Roma nel 1949 si apre con tutti i delegati che gridano “Viva Perón!”, mentre Il Borghese si schiera apertamente in favore del presidente argentino anche nella lotta contro il Vaticano, in quella che ritiene “la battaglia per impedire che la formula della DC si estenda anche al Sud America”. 
Terza Posizione guardava con simpatia alla lotta dei Montoneros, movimento rivoluzionario peronista di ispirazione socialista nazionale, nato durante l’esilio del presidente Perón. 
 
Oggi, il movimento nazionalista Forza Nuova, ha tra le proprie realtà la famosa “Associazione Evita Perón”, composta dalle donne forzanoviste attive nel sociale. 
In conclusione, si può affermare che il fenomeno “peronista” è stato il più popolare e genuino della storia argentina, in quanto permeato nell’animo degli argentini stessi, che mai hanno voltato le spalle ai Perón e alla loro visione di una nazione libera, sovrana e squisitamente latina.  
 
Il passare del tempo e nuove figure addentratesi nel regime peronista ne causarono la svendita a politiche liberali e liberiste estranee alla dottrina peronista.  
L’Argentina non ha più visto gloriosi tempi come quelli sotto la guida di Perón, un colosso politico e umano che vivrà eternamente nel popolo argentino e in chi trae ispirazione dal “giustizialismo” e dalla sua volontà di pace e amore. 
Licenza Creative Commons  3 Marzo 2020
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