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A chi il Gran premio? A noi! Bufera sul poster “fascista” del Gp di Monza 
di Ninni Raimondi
 
“A chi il Gran premio? A noi!”. Bufera sul poster “fascista” del Gp di Monza 
 
Fasci littori? Aquile imperiali? Balilla in marcia? No, niente di tutto questo è presente sul poster ufficiale del Gran premio d’Italia, che si terrà a Monza a inizio settembre. Eppure, nonostante questo, il poster si è comunque meritato l’appellativo di «fascista» per il suo stile futuristico. «A chi il Gran Premio? A noi!», ha commentato sul suo profilo Facebook Roberto Invernizzi, ex presidente della Provincia di Monza in quota Partito democratico, che pare non abbia proprio gradito i colori e lo stile del poster. 
 
Il Gp di Monza è fascista? 
E pensare che l’Autodromo di Monza aveva ben specificato qual era il messaggio che intendeva veicolare: «Le Frecce Tricolori che sorvolano la Villa Reale, il rosso che accende la passione nei cuori di milioni di appassionati, gli inconfondibili cordoli della nostra storica pista: in questa immagine c’è Monza, c’è l’Italia, ci siamo noi», hanno scritto gli organizzatori sui social. E sullo stile che dire? Beh, basti ricordare il quarto punto del Manifesto del futurismo: «Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova; la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo… un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Vittoria di Samotracia». Velocità e automobili ruggenti: che c’è di più appropriato? 
 
«Un doveroso richiamo alla patria» 
Ad ogni modo, non sono mancate le reazioni al commento del piddino Invernizzi. «Qualcuno ha pensato bene di costruire, sopra a questa immagine, una ridicola polemica legata all’apologia di fascismo», ha dichiarato il consigliere regionale della Lega Andrea Monti. «Spero che faccia retromarcia prima di imbarcarsi in misere figuracce sia sulla storia dell’arte che su quella dell’automobilismo sportivo. Non vorrei infatti che la furia iconoclasta resti priva di controllo e si finisca per chiedere la chiusura del Museo del Novecento a Milano», ha aggiunto. Chi invece si è detto entusiasta del poster è Max Bastoni, anche lui consigliere leghista in Regione Lombardia: «Finalmente un doveroso richiamo alla Patria in tempi in cui sembra prevalere il cosmopolitismo e il rifiuto morboso della propria identità».  
 
Difficile dargli torto. 
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