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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Am-lire: una moneta “d’occupazione” prima dell’euro 
di Ninni Raimondi
 
Am-lire: una moneta “d’occupazione” prima dell’euro 
 
Si avrà mai la narrazione esatta di quanto avvenne in Italia alla fine della seconda guerra mondiale? E soprattutto quando si parla di politica economica sono plausibili i parallelismi e i corsi ed i ricorsi? La storia è scritta dai vincitori ma nulla vieta di porsi delle domande e magari sarebbe auspicabile dare pure delle risposte. Magari che non siano le consuete che descrivono gli Americani belli, bravi, buoni e “liberatori”. Alzino alora la mano quanti tra i banchi di scuola hanno sentito parlare di Am-lire. Parliamo dell’Allied Military lira, messa in circolazione dall’AMGOT (Allied Military Government of Occupied Territories, organo militare deputato all’amministrazione dei territori occupati dagli alleati) iniziando proprio in Sicilia dopo lo sbarco nel luglio del 1943. 
 
Am-lire: una moneta “d’occupazione“ 
Totalmente intercambiabili con quella italiana, ma fino al 1946 imposte come unica moneta, vennero stampata dal BEP (Bureau of Engraving and Printing) e dalla FLC (Forbes Lithograph Corporation) con tagli da 1 a 1000 lire (1,2,5, e 10 di forma quadrata, 50,100, 500 e 1000 di forma rettangolare) solo ed esclusivamente in cartaceo e con il metodo litografico ad “inchiostro spettrale altamente specifico”. Ciò avrebbe dovuto rendere molto difficile la contraffazione. Avrebbe, perché di fatto la falsificazione delle Am-lire fu altissima. Ciò si aggiunse alla quantità enorme di banconote stampate: 917,7 milioni (pari a 167 miliardi di lire), in circolazione sino al 3 giugno del 1950. Sette anni dopo la “liberazione”, ma forse sarebbe meglio dire l’occupazione. D’altronde AMGOT letteralmente si definisce il governo dei territori occupati. I danni, abbastanza comprensibilmente, furono elevati. 
 
Profondo conoscitore di quegli anni e Presidente dell’associazione Lamba Doria Siracusa, lo storico militare Alberto Moscuzza entra nel dettaglio di quanto avvenne proprio nell’aspetto economico del post sbarco: “In Sicilia le truppe americane misero in circolazione sia i dollari nei tagli da 10, 5 e 1 con decreto numero 291 del 12 ottobre 1944 del Luogotenente Generale che ordinava di accettare queste valute, stabilendone anche il cambio in lire (100 per ogni dollaro), sia le Am-lire, stampate negli Stati Uniti d’America e diffuse allo scopo di creare danni allo Stato fascista con la perdita del potere d’acquisto delle famiglie italiane. Introdotte dagli angloamericani a partire dal 1943 rimasero in circolazione fino al 1950 quando furono ritirate a spese del governo italiano”. 
 
La situazione economica post bellica, con le fabbriche e le attività imprenditoriali ovviamente ferme ed improduttive, fu dunque pesantemente aggravata da questa moneta. Una moneta d’occupazione, altro che “liberazione”. Proprio con le Am-lire sembra che le stelle e strisce nel 1946 comprarono lo storico palazzo Margherita, in via Vittorio Veneto, dove dal 1931 vi è l’Ambasciata americana. Un acquisto, di fatto, praticamente a costo zero. 
 
La storia si ripete 
Ecco cosa succede quando la politica monetaria è decisa al di fuori dello Stato sovrano. A volerla dirla tutta è quanto sta accadendo, di nuovo, in Italia dal 2002. Quasi vent’anni in cui abbiamo visto un progressivo impoverimento con conseguente crollo del potere d’acquisto di quella che è stata fatta diventare la nostra moneta ma “governata” al di fuori dei nostri confini. Ci assoggettiamo e ci adattiamo solo che a differenza degli anni quaranta oggi “l’occupazione” non finisce dopo qualche anno, ma è appena iniziata. 
 
19 Aprile 2021
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