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Alitalia: 75 anni di storia che l’Ue sta cercando di cancellare 
di Ninni Raimondi
 
Alitalia: 75 anni di storia che l’Ue sta cercando di cancellare 
 
Sono passati 75 anni dalla nascita di Alitalia, 74 dal primo volo ufficiale della compagnia. Una storia lunga come quella dell’Italia repubblicana. Condividendone in qualche modo i destini, sia in positivo che in negativo. Finale (per entrambe?) compreso. 
 
Erano i primi di maggio del 1947 quando il trimotore Fiat G.12 “Alcione” spiccava il volo sulla tratta inaugurale Torino-Roma-Catania. Una rotta lunga quanto la penisola, come a voler sottolineare che l’unità di una nazione da ricostruire sarebbe passata anche dai cieli. 
 
Testimone dello stile e del genio italiano 
Seguirono anni ruggenti, con Alitalia a fare da testimone nel mondo dello stile e del genio tricolore. Non solo con le divise disegnate dall’atelier delle sorelle Fontana, ma anche con azzeccatissime scelte industriali. La nostra compagnia di bandiera fu, ad esempio, la prima in Europa a dotarsi di una flotta composta di soli aerei a reazione. E sempre la prima, tramite Ati – Aero trasporti italiani, a sbarcare sul mercato con una proposta “low cost” ante litteram. 
Le dinamiche della liberalizzazione del trasporto aereo, iniziata (non solo lei) tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, segnerà la fine di molte storiche livree. Anche Alitalia soffre, ma si mantiene in piedi. Almeno fino alla sciagurata privatizzazione. Per la serie “il mercato fa meglio dello Stato”, è proprio da allora che prende avvio la parabola discendente sella “A” tricolore disegnata sugli impennaggi di coda. 
 
Una lenta agonia che passa dai cosiddetti “capitani coraggiosi” (coraggiosi ad investire soldi altrui, come da pessima tradizione del capitalismo nostrano) alle sciagurate nozze con Etihad. Gli emiratini arrivano, saccheggiano quel che possono e salutano. Aprendo la strada all’amministrazione straordinaria, con il pubblico cacciato dalla porta che rientra dalla finestra. Trovando però un’Alitalia svuotata, decotta, con una flotta sensibilmente ridotta rispetto a solo pochi anni prima. 
 
La pandemia di Alitalia si chiama Unione Europea 
La pandemia ci mette il carico. L’Ue, da parte sua, cala l’asso in prima mano: il rilancio non s’ha da fare, anche se l’azzeramento del settore causa chiusure forza tutti a ripartire da zero. “Sapete, gli aiuti di Stato”, alias la normativa che per gli amici si interpreta mentre per i nemici si applica aprioristicamente. 
Per Air France sì agli aiuti, per Alitalia no: lo strabismo della Commissione Ue 
La crisi da lockdown non colpisce solo Alitalia, ma ha causato feriti (e in qualche caso morti) ovunque nel mondo. Costringendo gli Stati ad intervenire, anche pesantemente, per tenere in piedi i bilanci delle compagnie aeree. Lufthansa, ad esempio, ha ricevuto ben 9 miliardi. Di più ha fatto il gruppo Air France – Klm, con oltre 10 stanziati l’anno scorso. Altri se ne aggiungeranno a breve: lo ha annunciato il ministro dell’Economia transalpino Bruno Le Maire, spiegando di aver raggiunto un “accordo di principio” con la Commissione Ue su un’altra erogazione di aiuti pubblici in sostegno del vettore. 
 
Per la Commissione Ue Alitalia deve chiudere? 
Parliamo di quella stessa Commissione che, quando si tratta di affrontare la questione Alitalia, non sembra proprio volerne sapere. I fatti sono noti: stando alla commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager (la stessa protagonista della spremuta di sangue a danno dei risparmiatori italiani), se il governo intende salvare la nostra compagnia di bandiera deve rispettare una serie di stringenti condizioni. A partire dalla cessione di alcuni redditizi slot (i diritti di decollo e atterraggio) su Linate, passando per una cura dimagrante alla flotta per arrivare, infine, all’impossibilità di utilizzare il marchio. Più che condizioni, un capestro. Destinato a minare sin dall’inizio qualsiasi piano di rilancio: la mini-compagnia che dovrebbe nascere sarà ben lontana dalla massa critica necessaria per poter correre sulle proprie gambe. 
Vero che Alitalia, prima della pandemia, nuotava in acque tutto tranne che felici. Non era, in estrema sintesi, una realtà profittevole. Allo stesso tempo, però, approcciarsi al tema avendo come unico faro quello della tutela della concorrenza porta decisamente fuori strada. Si pensi al fatto che non si è mai registrato alcun particolare attivismo da parte della Commissione per quanto riguarda i sussidi pubblici (mascherati da fumosi accordi di “co-marketing”) che gli scali – controllati principalmente da enti locali – erogano generosamente alle compagnie low cost per contendersi i voli. Mica una paghetta: le stime più conservative parlano di circa 400 milioni di euro. Ogni anno. 
 
Un favore a Lufthansa ed Air France 
Lo strabismo di Bruxelles, insomma, è noto. E trova ulteriore conferma nel differente trattamento riservato rispetto alla citata Air France. Tanto più che le cifre in ballo sono sensibilmente diverse: per quanto riguarda Alitalia si parla di 3 miliardi di euro, un terzo di quanto stanziato altrove. Dove, peraltro, le condizioni poste sono state molto più blande. 
L’impressione, insomma, è che la Commissione stia cucendo addosso ad Alitalia un vestito (di ferro) su misura. Il cui obiettivo è quello di toglierla di mezzo una volta per tutte. Per la gioia delle concorrenti pronte a riempire il vuoto che si creerebbe. Non solo le low cost, ma anche proprio quelle Air France – Klm e Lufthansa che rappresentano incidentalmente la longa manus nel settore del trasporto aero dell’asse franco-tedesco (con una spruzzata di Olanda). 
 
Bruxelles, neanche a dirlo, mette Alitalia (e con lei l’Italia) nel secondo gruppo. Se la società vorrà riprendere quota, sarà solo a condizioni-capestro tali da pregiudicarne il futuro sin dall’inizio. Non si spiegano altrimenti le imposizioni su flotta, marchio, spezzatino dei vari rami di attività.  
Il governo ci prova, non riuscendo però a tirare fuori dal cilindro nulla che vada oltre un imbarazzante balletto tra i paletti che la Commissione ha piantato con l’obiettivo di tenere a battesimo una (inutile) micro compagnia. Con il rischio, sempre più concreto ogni giorno che passa, di vanificare l’intera stagione estiva. Vale a dire l’unica speranza di riagganciare il treno della ripresa del trasporto aereo.  
 
Obiettivo quasi raggiunto. 
 
10 Maggio 2021