Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Pertanto proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie.. 
Ue in smart working anche dopo il Covid 
di Ninni Raimondi
 
Ue in smart working anche dopo il Covid. Ma è una finta “svolta green” 
 
Chiamatela “nuova normalità Ue”. Perché quanto deciso dalla Commissione europea rispecchia perfettamente il concetto di cambio paradigmatico dello stile di vita che certe istituzioni ventilano da ormai oltre un anno. L’esecutivo europeo ha infatti deciso di optare per il cosiddetto smart working anche una volta finita la pandemia di Covid. Per l’esattezza dimezzando i propri edifici a Bruxelles, passando cioè dagli attuali cinquanta a venticinque entro il 2030. Uno smantellamento progressivo del lavoro in presenza dunque, per favorire quello da casa. Vade retro stacanovismo, penserà qualcuno. 
 
Ue, lo smart working diventa pratica standard 
Ad annunciare la “svolta verde” europea è stato il politico austriaco Johannes Hahn, con tanto di presentazione della nuova “politica edilizia a lungo termine”. Un progetto che punta ufficialmente a rendere più “green” la Commissione europea. Dimezzando il numero di edifici utilizzati, si intende ridurre le emissioni e puntare sul digitale, con lo smart working che diverrebbe quindi una pratica standard. “Abbiamo compiuto dei sondaggi e oltre il 90% del nostro personale è decisamente favorevole ad avere due o tre giorni alla settimana di smart working”, dice Hahn, che è commissario europeo per la programmazione finanziaria e e il bilancio. “Le superfici dei nostri uffici saranno adattate all’uso generalizzato del telelavoro”. 
 
Ma la “svolta green” è un mezzo bluff 
Peccato che, a prescindere dalle considerazioni sociologiche sulla nuova normalità tanto decantata da certi ambienti, la pensata Ue si traduca in mera propaganda se analizziamo l’efficacia reale per quanto riguarda l’impatto sull’ambiente. Sì perché dimezzare il numero degli edifici non significa ridurre del 50% esatto lo spazio utilizzato, tutt’altro. Come rilevato da Politico, la Commissione europea entro il 2030 continuerà a usufruire di circa 580mila metri quadrati di edifici, a fronte degli attuali 780mila. Come mai? Poiché i dipartimenti politici, ovvero le Direzioni generali, verranno collocati negli edifici più spaziosi. Banalmente quindi ci saranno meno uffici, ma resteranno quelli più grandi. L’Ue in smart working è uno smart bluff. 
 
27 Maggio  2021