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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Parliamo di Afghanistan 
di Ninni Raimondi
 
Parliamo di Afghanistan 
 
 
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Panshir, i Talebani tagliano le vie di comunicazione.  
 
I ribelli: “Pronti a combattere” 
Mentre l’Isis-K fa strage a Kabul e nel resto della nazione asiatica si proclama la rinascita dell’Emirato islamico, c’è una parte di Afghanistan che ancora resiste. Parliamo della regione del Panshir, già protagonista della resistenza all’invasione sovietica prima e al regime dei talebani dal 1996 al 2001 poi. E che non sembra avere intenzione di arrendersi al ritorno di questi ultimi al potere. 
 
I talebani tagliano internet e telefono: Panshir completamente isolato 
L’area, situata nel nord-est della nazione, è di fatto accerchiata da settimane. I talebani, riferiscono fonti locali riportate dall’emittente inglese Bbc, avrebbero in questi giorni tagliato inoltre ogni via di comunicazione, sia internet che telefonica. Il Panshir, insomma, è isolato dal resto del mondo come non mai. 
Si stringe così la morsa attorno ai ribelli. Presenti peraltro non solo nei sette distretti del Panshir: anche la confinante provincia di Baghlan non si trova sotto le mani del governo guidato dal mullah Abdul Ghani Baradar. Una situazione che sembra replicare quella successiva al 1996, quando il Fronte islamico unito per la salvezza dell’Afghanistan (più noto in occidente come “Alleanza del Nord”) aveva il controllo di una vasta area nel settentrione di Kabul. 
 
Gli uomini di Massud jr: “Siamo migliaia pronti a combattere” 
Proprio in queste settimane molti dei protagonisti di quel periodo sono tornati in attività. Tra essi Ahmad Massud, figlio del più noto Ahmad Shah Massud: “Non cederemo mai” aveva annunciato pochi giorni fa l’erede del leone del Panshir. 
 
Stando ad alcuni numeri circolati, sarebbero almeno 9mila i combattenti pronti ad imbracciare le armi. Da Kabul i toni sembrano distensivi, tanto che un portavoce dei talebani avrebbe escluso almeno per ora la possibilità di un conflitto. Dichiarazioni che si scontrato però con le notizie di ultimatum lanciati nei confronti della regione insorta. 
 
 
 
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Un altro attacco all’aeroporto internazionale di Kabul.  
 
Stamani, stando a quanto riferito da un funzionario americano ad Abc news, cinque razzi sono stati lanciati contro lo scalo. Tutti i missili, lanciati pare da un’auto nella zona di Khairkhaneh – quartiere nei pressi dell’aeroporto – sono stati intercettati dal sistema di difesa statunitense C-Ram, installato proprio allo scalo di Kabul. Non ci sarebbero dunque vittime. 
 
Attacco all’aeroporto di Kabul: nessuna vittima 
Nulla a che vedere insomma con l’attentato suicida del 26 agosto che ha provocato decine di morti.  “Le operazioni continuano ininterrotte”, dice il portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, subito dopo la notizia del nuovo attacco all’aeroporto della capitale afgana. “Il presidente (Joe Biden, ndr) è stato informato che le operazioni continuano ininterrotte all’aeroporto di Kabul e ha riconfermato il suo ordine che i comandanti raddoppino i loro sforzi per dare la priorità a fare tutto il necessario per proteggere le nostre forze a terra”, dice Psaki 
 
“Afgani potranno lasciare il Paese” 
Ieri i talebani hanno fatto sapere che consentiranno a tutti i cittadini stranieri e afgani, muniti di autorizzazione di viaggio rilasciata da un’altra nazione, di lasciare l’Afghanistan. E’ quanto si apprende da una dichiarazione congiunta rilasciata dall’Alto rappresentante Ue, Italia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Spagna, Germania e altri Paesi. “Abbiamo ricevuto assicurazioni dai talebani che tutti i cittadini stranieri e qualsiasi cittadino afghano con autorizzazione di viaggio dai nostri Paesi potranno procedere in modo sicuro e ordinato verso i punti di partenza e viaggiare fuori dal Paese”, si legge nella dichiarazione. 
 
“Continueremo a rilasciare documenti di viaggio agli afgani designati e abbiamo la chiara aspettativa e l’impegno da parte dei talebani che possano viaggiare nei nostri rispettivi Paesi. Prendiamo atto delle dichiarazioni pubbliche dei talebani che confermano questo intendimento”, si legge ancora nella nota. “Siamo tutti impegnati a garantire che i nostri cittadini, connazionali e residenti, dipendenti, afghani che hanno lavorato con noi e coloro che sono a rischio, possano continuare a viaggiare liberamente verso destinazioni al di fuori dell’Afghanistan”. 
 
 
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Raid Usa contro auto Isis-K a Kabul, sterminata famiglia in un palazzo  
 
Sei bambini uccis
Raid Usa con un drone contro terroristi dell’Isis-K a Kabul fa vittime anche tra i civili: morte 9 persone, tra cui sei bambini. Alla vigilia della scadenza del 31 agosto per il ritiro delle truppe Usa dalla capitale afghana, nuovo attacco contro attentatori dello Stato islamico del Khorasar da parte degli americani. Colpito, oltre all’obiettivo, anche un palazzo. 
 
Kabul, raid Usa con drone contro auto con a bordo attentatori dell’Isis-K 
A Kabul un attacco Usa con un drone ha colpito un’auto “con diversi attentatori suicidi” a bordo pronti a attaccare di nuovo l’aeroporto dopo la strage di giovedì. Nel raid è stato centrato anche un palazzo: la deflagrazione ha causato la morte di 9 civili, tra cui 6 bimbi. Inizialmente le vittime nel palazzo non erano state associate al raid Usa. E il Pentagono dal canto suo aveva reso noto di non avere indicazioni di vittime civili. 
 
Pentagono riporta “esplosioni secondarie” 
“Le forze americane hanno condotto un raid di autodifesa contro un veicolo a Kabul, eliminando un’imminente minaccia dell’Isis-K all’aeroporto“, aveva confermato il Pentagono, sottolineando di ritenere “che il target sia stato colpito”. La Difesa Usa aveva parlato di “significative esplosioni secondarie dal veicolo“, come prova” di una significativa quantità di materiale esplosivo”. Il quotidiano britannico Guardian segnalava che il raid e l’esplosione del palazzo fossero incidenti “separati”. 
 
La rettifica: “Nel raid colpito anche palazzo: uccise 9 persone, tra cui 6 bambini, tutte della stessa famiglia” 
Poi è arrivata la rettifica di un funzionario afghano, intervistato da Associated Press. L’uomo ha spiegato che “alcuni bambini sono stati uccisi nel raid americano, che ha colpito un veicolo che trasportava attentatori suicidi dell’Isis-K a Kabul. Il razzo ha colpito anche un edificio a nord-ovest dell’aeroporto della capitale. Quest’ultimo episodio era stato segnalato come un evento separato dall’attacco Usa, ma si è poi rivelato essere lo stesso”, ha confermato. Un testimone oculare ha parlato invece di nove persone uccise, componenti di un’unica famiglia. Tra le vittime almeno sei sono bambini, due dei quali di soli due anni. “Non siamo l’Isis o Daesh e questa era una casa di una famiglia, dove vivevano i miei fratelli con le loro famiglie”. Così un parente delle vittime in lacrime. 
 
Infine, un giornalista locale che si è recato sul luogo dell’esplosione subito dopo l’attacco Usa ha dichiarato che i familiari delle vittime gli hanno riferito che c’erano due auto parcheggiate. In una di queste erano presenti un padre e i suoi tre figli, che stavano per andare a un evento. 
 
 
 
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Chi controllerà l’Afghanistan?  
 
Osservate bene la carta geografica 
Regola numero uno per comprendere il destino di una nazione: osservare la sua carta geografica. Prima di qualsivoglia analisi sul governo che ne regola le relazioni internazionali, è essenziale fermarsi a scrutare attentamente i confini politici e naturali. L’Afghanistan non fa eccezione, anzi. Le zone di transizione di questo vasto territorio asiatico erano già materia di profondi studi nel XIX secolo, all’epoca cioè del cosiddetto Grande Gioco tra Gran Bretagna e Russia, ovvero le due potenze che si contendevano la terra tornata oggi al centro del dibattito mediatico. Ma quanti di voi hanno davvero osservato con attenzione i confini dell’Afghanistan? La domanda è forse mal posta. Riformuliamola così: quanti governi occidentali tengono d’occhio i confini afgani? Difficile dirlo. 
 
Il Corridoio di Wakhan e la carta geografica dell’Afghanistan 
Al contrario sappiamo con certezza che al riguardo la Cina è tutto tranne che distratta. E si concentra, in particolare, sul proprio lembo di terra (di appena 76 chilometri) confinante con l’Afghanistan. Guardate adesso quella frontiera sulla mappa, vi apparirà piuttosto curiosa. E’ una striscia strettissima e sembra staccarsi come un arto fantasma dal territorio afgano. A nord si appoggia sul Tagikistan, a sud sul Pakistan e a est sfiora delicatamente la Cina. Lunga 350 chilometri, è nota come Corridoio di Wakhan. Fa parte della regione del Badakhshan e si trova alla convergenza di tre delle principali catene montuose del mondo: l’Hindu Kush, il Karakoram e il Pamir. Area impervia, quasi irraggiungibile e scarsamente popolata. E’ uno dei luoghi più remoti, misconosciuti e al contempo straordinari di tutta l’Asia. 
 
Osservate adesso la carta geografica dell’Afghanistan 
Ma soprattutto è il luogo forse più strategico della scacchiera in cui si gioca il destino politico dell’Afghanistan e quindi delle rotte che collegano l’Estremo Oriente all’Asia Centrale. Gli attuali confini del Wakhan furono formati nel 1893 con un preciso obiettivo: realizzare una zona cuscinetto per impedire che i territori dell’allora Raj britannico e dell’impero russo zarista si toccassero. In breve tempo si trasformò in un cul-de-sac e più di recente fu coinvolto nella Guerra Fredda. Adesso gli ultimi stravolgimenti geopolitici fanno sì che questo corridoio acquisti un’ulteriore – per certi versi inaspettata – importanza. Perché potrebbe rappresentare l’anello di congiunzione della Nuova Via della Seta. E’ infatti qui che la Cina intende lavorare per affermare il suo potere commerciale. 
 
Cosa intende fare Pechino 
Come già lo scorso anno faceva notare la Bbc, proprio qua i cinesi intendono costruire il tratto che collegherà il loro confine con Bozai Gumbaz. Un’opera fondamentale per dare alla Cina “un grande accesso ai mercati dell’Asia centrale e oltre”. Oltre c’è il Medio Oriente, dunque, ancora più a ovest, l’Europa. Il corridoio di Wakhan è adesso controllato dai talebani, chiamati da Pechino a tenerlo libero da ingerenze jihadiste. Perché lo scorso aprile la Cina si accordò con l’allora governo afgano per costruirvi una piccola strada, di appena una decina di chilometri, sufficiente a collegare agevolmente la regione cinese dello Xinjiang all’Afghanistan. La strada non è stata ancora costruita, ma non è difficile pensare che a breve la sua realizzazione possa andare in porto. Così la Cina avrebbe accesso alle risorse minerarie afgane, inonderebbe di prodotti cinesi l’Afghanistan e raggiungerebbe più agevolmente il porto pakistano di Gwadar, sul Mar Arabico, punto nevralgico per la via della seta marittima. Ora però distogliete lo sguardo da Kabul, perché non è solo lì che si decide il futuro dell’Afghanistan. 
 
 
 
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Afghanistan, Meloni incontra Orban  
 
Accogliere profughi nei Paesi limitrofi 
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, incontra il premier ungherese Viktor Orban a Roma: “La comunità internazionale  si faccia carico dei profughi dell’Afghanistan sostenendone l’accoglienza nei Paesi limitrofi”. 
 
Meloni e Orban, incontro a Roma 
Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e presidente dei Conservatori europei ha incontrato questa mattina a Roma il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che si trova in Italia per alcuni giorni di ferie e anche per partecipare al meeting della rete internazionale dei legislatori cattolici (ICLN). “In un clima di cordialità i due leader, accompagnati rispettivamente dal Ministro per la Famiglia e Vice Presidente di Fidesz Katalin Novak e dal responsabile Esteri di FdI Carlo Fidanza, si sono confrontati sui principali argomenti di attualità” si legge nella nota diffusa oggi da Fratelli d’Italia.”Particolare attenzione  è stata dedicata all’Afghanistan, alle conseguenze della disastrosa gestione Biden e alla gestione dei flussi di profughi che potrebbero generarsi”. 
 
La questione Afghanistan 
“Meloni e Orbán” si legge ancora nella nota “hanno condiviso la necessità che la comunità internazionale si faccia carico di questi rifugiati sostenendone l’accoglienza nei paesi limitrofi, senza gravare ulteriormente sull’Europa, e sulla necessità di vigilare attentamente sulle possibili infiltrazioni terroristiche”. “Il confronto si è poi concentrato sulla gestione della pandemia e sulle ricette per la ripresa economica, che a detta dei due leader sarà quanto più significativa quante più risorse saranno destinate a sostenere le imprese, anziché dilapidate in misure assistenziali”. 
 
I complimenti della leader FdI a Orbàn 
Giorgia Meloni si sarebbe “complimentata con Orbán per i significativi successi della politica economica ungherese, che sta vivendo una fase di crescita senza precedenti negli ultimi 30 anni”. “L’occasione è stata importante anche per ribadire la stretta collaborazione tra Fidesz, Fratelli d’Italia e i Conservatori europei nel perseguire l’obiettivo comune del rafforzamento della Destra europea, nel nome del rispetto delle sovranità nazionali, della difesa della famiglia naturale e dell’identità cristiana, dell’economia sociale di mercato”, conclude la nota del partito di Giorgia Meloni. 
 
 
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Per il momento va bene così. 
Grazie per l'attenzione 
 
 
30 Agosto  2021