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Come per magia l’Ucraina neutrale non è più un crimine contro l’umanità 
di Ninni Raimondi
 
Come per magia l’Ucraina neutrale non è più un crimine contro l’umanità 
 
Nel giro di un giorno o due, l’Ucraina neutrale nella disputa Nato – Russia non è più un crimine contro l’umanità. E i segnali – sebbene ancora pochi – cominciano a farsi interessanti. 
 
Ucraina neutrale, da crimine contro l’umanità a soluzione possibile 
Chiunque abbia semplicemente ragionato sulle cause della guerra tra Kiev e Mosca, non può non aver visto in buona luce l’idea di un’Ucraina neutrale, questo per il banalissimo scopo di placare i timori del Cremlino e, contemporaneamente, mantenere rapporti pacifici almeno nel medio periodo in un’area geografica che, già da diversi anni, soffre di tensioni geopolitiche notevoli. La dichiarazione di quest’oggi di Volodymyr Zelensky è forse il segnale più forte in tal senso. Con un’affermazione chiara, il presidente ucraino getta la spugna – almeno a parole, per i fatti si vedrà – su una evoluzione che è sempre stata sul tavolo delle possibilità almeno dal giugno 2021, quando al vertice di Bruxelles, la Nato riaffermava, per l’Ucraina, per la precisione al punto 69, “la decisione presa al Vertice di Bucarest del 2008, sul fatto che l’Ucraina diventerà un membro dell’Alleanza con il Piano d’azione per l’adesione (MAP) come parte integrante del processo” oltre che di riaffermare “tutti gli elementi di tale decisione, nonché le decisioni successive, compreso che ogni partner sarà giudicato in base ai propri meriti”. Un discorso praticamente identico veniva comunicato anche per la Georgia, al punto 68 (il che ci porta a inquietanti interrogativi su cosa potrebbe accadere in futuro anche su quell’altro fronte).  
 
Fine della storia? Presto, prestissimo per dirlo. Per ora, è solo una dichiarazione. Ma ci sono alcuni indizi sulle improvvise – e quasi silenziose – virate di parte della stampa mainstream, la stessa che fino a pochi giorni fa si indignava per il sacrosanto diritto del popolo ucraino a scegliere del proprio futuro e che oggi, quasi d’incanto, ha mostrato più miti consigli. 
 
Il mainstream da indignato a possibilista 
Stamattina, nel soilto coacervo di antirussismo senza riflessioni, perfino durante la trasmissione televisiva L’Aria che tira, come per magia, compariva la parola neutralità. Lo si faceva commentando un articolo del giornalista ospite in collegamento, Antonio Padellaro, sul Fatto Quotidiano, intitolato Kiev neutrale non sarebbe resa pacifista. A prescindere dalla bizzarria nell’uso dei termini (quel “pacifista” che fino a poco tempo fa era il verbo assoluto dei progressisti di mezzo mondo e ora ha praticamente un’accezione critica), l’ex-direttore del giornale va dritto al punto, pur facendo una premessa cerchiobottista (solite demonizzazioni di Putin, “non ho nessuna tesi sulla neutralità ci mancherebbe altro”, varie ed eventuali). 
 
E cosa afferma? Ciò che, almeno nel novero delle possibilità, chiunque avrebbe incluso per risolvere la crisi: l’Ucraina neutrale. Lo dichiara citando Sergio Romano, per lo più ignorato in queste settimane, improvvisamente recuperato per la sua lunga esperienza politica e diplomatica.  
 
“Non un servo di Lavrov mi pare”, soggiunge Padellaro. Vabbè. Poi riporta anche l’analisi di Lucio Caracciolo, direttore di Limes, sullo stesso tema. La neutralità come “un elemento sul quale si potrebbe arrivare a una trattativa”. Storia simpatica, non fosse stata demonizzata da tutti mentre qualcuno – inascoltato – si sgolava al riguardo. Successivamente l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti, ospite in studio, rilancia la sensazionale scoperta di Padellaro: “Indipendenza, autodeterminazione, neutralità”. Insomma, la neutralità non mina più il sacrosanto diritto del popolo ucraino di scegliere cosa fare del proprio mitologico destino. Non mina più l’autodeterminazione. Ma, forse, è una buona notizia. O, quanto meno, una possibilità in più per risolvere la crisi. 
 
16 Marzo  2022