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Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
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Kissinger: “La Russia non va sconfitta” 
di Ninni Raimondi
 
Kissinger: “La Russia non va sconfitta”. Ma non abboccate, per lui il nemico è sempre l’Europa 
 
Per l’uccellino della politica estera americana, la Casa Bianca sta sbagliando tutto, perché dovrebbe evitare di spingere l’Occidente allo scontro frontale con la Russia. Henry Kissinger non cambia insomma la sua storica visione e adesso punta il dito contro chi prova a infliggere una sconfitta sul campo a Mosca. A suo avviso è necessario un compromesso e l’Ucraina deve “avviare negoziati prima che si creino rivolte e tensioni che non sarà facile superare” rinunciando a qualche territorio in cambio della pace. E’ quanto affermato dal 98enne amico del cuore di Napolitano durante il World Economic Forum. 
 
Kissinger: “Errore fatale isolare la Russia” 
Kissinger ha precisato che “idealmente, il punto di caduta dovrebbe essere un ritorno allo status quo ante” invasione russa. “Continuare la guerra oltre quel punto non riguarderebbe più la libertà dell’Ucraina, ma una nuova guerra contro la stessa Russia”, ha precisato. Il diplomatico statunitense ha inoltre detto che la Russia è parte dell’Europa e sarebbe un “errore fatale” dimenticare la posizione di forza che ricopre nel Vecchio continente. “Spero che gli ucraini siano capaci di temperare l’eroismo che hanno mostrato con la saggezza”, ha puntualizzato Kissinger. Di per sé, sorvolando per un attimo sul ruolo primario di Mosca, le parole dell’ex Segretario di Stato americano potrebbero senz’altro piacere a chi auspica la riapertura del tavolo negoziale. 
 
Kissinger vs Brzezinski. L’abbaglio americano  
Sussiste però un errore di fondo, fungo allucinogeno masticato dall’analista distratto: credere che Henry Kissinger sia il volto angelico degli Stati Uniti, generoso portatore di buoni consigli per l’Europa, in quanto tali preferibili al presunto unilateralismo radicale del novecentesco rivale Zbigniew Brzezinski. Evitare gli abbagli, please. Per entrambi i grandi strateghi americani, mettere all’angolo l’Europa, renderla ininfluente e dunque controllabile, è sempre stato imprescindibile. E’ sul come mantenere saldo il vassallaggio che continuano a scontrarsi le due “anime sagge” dell’America. 
 
Per Kissinger serve un’intesa russo-americana, l’ha invocata subito dopo il crollo dell’Urss, rinvigorita ai tempi di Eltsin e rinnovata senza troppi distinguo con Putin. Per gli allievi di Brzezinski, scomparso cinque anni fa, il dominio Usa sulla “grande scacchiera” deve essere mantenuto contrapponendosi frontalmente alla Russia, rafforzando in un sistema asimettrico la collaborazione con gli altri giocatori che procedono a traino di Washington. 
 
Metodologie diverse, stesso obiettivo. La politica estera americana, in questo senso, non ha mai davvero partorito una terza linea “europeista”, fatta eccezione per qualche fugace intuizione comparsa su Foreign Policy. E non ci riferiamo certo a quelle del suo cofondatore Samuel Huntington, incappato come noto in una semplicistica – quanto manichea – lettura delle dinamiche globali. 
 
25 Maggio  2022