Interni
Esteri
Cultura
Parolatio
Fondato e diretto, nel 2003, da Ninni Raimondi
Si avvisano i lettori che questo sito si serve dei cookie per fornire servizi e per effettuare analisi statistiche completamente anonime. Proseguendo con la navigazione si presta il consenso all' uso dei cookie.. 
 
 
 
 
 
Gli scandali (dimenticati) prima del caso Soumahoro 
di Ninni Raimondi
 
Gli scandali (dimenticati) prima del caso Soumahoro: il business dell’accoglienza degli immigrati in Italia 
 
 
Il caso della famiglia del deputato Aboubakar Soumahoro è solo l’ultimo di una lunga serie di scandali riguardanti il business dell’accoglienza degli immigrati in Italia. Sono decine i membri delle cooperative indagati e condannati per truffa ai danni dello Stato. “I migranti rendono più della droga”, spiegava Salvatore Buzzi, uno dei ras dell’accoglienza a Roma. All’epoca delle udienze riguardanti “Mafia Capitale”, sono state pubblicate le intercettazioni investigative nella quali si faceva il nome dei fratelli Chiorazzo della cooperativa Auxilium che ora gestisce i Cara (centri di accoglienza per richiedenti asilo) di Bari e Brindisi, il centro di permanenza per il rimpatrio di Brindisi e il siproimi di Bitonto. Nel 2020, la coop ha incassato più di 31 milioni di euro per l’accoglienza degli immigrati, per servizi socio-sanitari e socio-assistenziali. Come riportato dal quotidiano La Verità, Salvatore Buzzi e Massimo Carminati indicarono che i fondatori della Auxilium avevano avuto stretti rapporti con i prefetti e con l’allora viceministro dell’Interno Filippo Bubbico. Angelo Chiorazzo si giustificò affermando di avere “semplici rapporti di conoscenza” con il numero due del Viminale. Nessuna inchiesta fu successivamente avviata per indagare su questi rapporti. Nell’articolo, elencheremo una parte degli scandali riguardanti il business dell’accoglienza avvenuti negli ultimi anni. 
 
La coop che gestiva il Cara di Borgo Mezzanone 
Nel 2017, Camillo Aceto, presidente della coop Senis Hospes, ora rinominata Medihospes, vinse l’appalto per la gestione del Cara di Borgo Mezzanone, ghetto di immigrati/braccianti dove Soumahoro svolgeva la sua opera da sindacalista. Il bando aveva una base d’asta di 21 milioni di euro per la gestione di un solo anno. La vincita era subito apparsa controversa per svariati motivi. Senis Hospes era legata al Gruppo La Cascina, presente nell’inchiesta di “Mafia Capitale”, di cui proprio Aceto era il vicepresidente tanto che, al momento dell’aggiudicazione, proprio il protagonista aveva ricevuto un avviso di garanzia legato a quei fatti, come riporta Il Giornale. Camillo Aceto si aggiudicò l’appalto ribassando la base d’asta fino al 15 milioni di euro, 22 euro di diaria per immigrato al giorno. L’Autorità Nazionale Anticorruzione allora dichiarò: “Un’offerta anormalmente bassa, che suscita il sospetto della scarsa serietà”. Nel 2018, il Viminale decise di revocare la gestione del Cara di Borgo Mezzanone a Senis Hospes, la quale incassava un utile di un milione di euro al mese, a causa delle condizioni in cui venivano fatti vivere gli immigrati/braccianti: sovraffollamento (1400 persone al posto di 636), misure di sicurezza inesistenti, personale praticamente inesistente, condizioni igienico-sanitarie al limite del vivibile e lavoro in nero mediante caporali che sfruttavano i braccianti con turni massacranti di più di 12 ore. È proprio nel 2018, quando Soumahoro era già fidanzato con Liliane Murekatete, che la coop Karibù iniziava a collaborare nel territorio di Latina con un’altra coop di Aceto, “Le Tre fontane”. Sembrerebbe paradossale ma, come riporta Il Giornale, Senis Hospes è sempre stata graziata dalle proteste del deputato con gli stivali, portavoce dell’autogestione dei ghetti. È opportuno specificare che a livello giudiziario, dopo l’apertura dell’inchiesta nel 2018, non emersero conseguenze concrete né nei confronti della coop, né di Camillo Aceto (più volte indagato da diverse procure), tanto che negli anni successivi Medihospes si è espansa ancora a macchia d’olio su tutto il territorio italiano, arrivando ora a ottenere la gestione del 63 per cento dei centri di accoglienza della Capitale. 
 
Bergamo, tra truffe e violenze sessuali 
Dopo tre anni di inchiesta, nel giugno del 2020, vengono indagate 56 persone legate all’accoglienza degli immigrati a Bergamo, tra queste don Claudio Visconti, ex direttore della Caritas della città, Bruno Goisis, presidente della cooperativa Ruah, e altri referenti delle coop bergamasche. I reati contestati a vario titolo erano associazione a delinquere finalizzata alla truffa, turbativa d’asta e sfruttamento del lavoro. Nel maggio del 2022, dopo una serie di archiviazioni, il tribunale ha condannato otto persone per il solo reato di truffa, accettando la messa in prova proposta dagli imputati: per don Visconti, cento ore di servizi sociali e il versamento di 12mila euro al ministero dell’Interno, e per Goisis, novanta ore di servizi sociali e il pagamento di 6mila euro. In un altro filone di indagini della procura di Bergamo, era finito pure il fondatore della cooperativa Rinnovamento, padre Antonio Zanotti, il quale ha patteggiato la pena di 4 anni di reclusione per la truffa dell’accoglienza degli immigrati. Pure la presidente della coop, Maria Luisa Mazzola, e l’economo Giovanni Trezzi avevano patteggiato la condanna, rispettivamente a 3 anni, 9 mesi e 20 giorni e a 3 anni e 9 mesi. Nell’aprile del 2023, padre Zanotti dovrà rispondere in tribunale anche dell’accusa di violenza sessuale nei confronti di un giovane straniero ospitato nella sua comunità Oasi 7, ad Antegnate. I fatti contestati riguardano il periodo compreso tra il 2015 e il 2018, periodo in cui sarebbero avvenuti gli abusi sessuali, con “cadenza pressoché quotidiana, approfittando della situazione di estremo bisogno e indigenza del giovane”. Secondo la testimonianza dello straniero, il frate lo costringeva ad avere rapporti intimi, minacciandolo di buttarlo fuori dalla comunità: “A ogni prestazione sessuale era corrisposta una somma compresa tra i cento e i cinquecento euro”. 
 
Viaggi e vestiti firmati con i soldi degli immigrati, inizia il processo a Ferrara 
Quattrocentomila euro di fondi pubblici sottratti in maniera indebita e controlli inadeguati sulle strutture di accoglienza per immigrati, queste sono le accuse della procura di Ferrara nei confronti di Thomas Kuma Atongni, Beatrice Nathalie Djoum, Eva Rosa Lombardelli, rispettivamente presidente, vice presidente e consigliere della cooperativa “Vivere qui”, Valentina Marzola, all’epoca dipendente dell’Asp, e l’allora viceprefetto Vincenzo Martorano. Secondo gli inquirenti, i vertici della coop, la quale gestiva cinque centri di accoglienza (Cas) tra Poggio Renatico e Vigarano, avrebbero utilizzato parte del denaro ottenuto per l’accoglienza degli immigrati per spese personali, come viaggi, computer, televisori, vestiti firmati e pranzi al ristorante. Il 6 dicembre scorso, si è svolta l’udienza preliminare che vede accusati per truffa aggravata, falso e inadempimento contrattuale in pubbliche forniture i tre vertici della cooperativa “Vivere qui” e per abuso d’ufficio Martorano e la Marzola. 
 
Business immigrati: truffa di 300mila euro e sfruttamento del lavoro 
Si ipotizza una truffa da 317mila euro ai danni dello Stato da parte di tre cooperative incaricate della gestione di otto diversi centri di accoglienza straordinaria (Cas) nella provincia di Cuneo. Nell’ottobre scorso, a giudizio per truffa e sfruttamento del lavoro degli immigrati, sono finiti i responsabili legali Gabriella Brajkovic della coop “Immacolata 1892”, Chiara Bellomo e Gianpaolo Massano, avvicendatisi alla guida della coop “Il Tulipano” ed Eligio Accame detto Lino della coop “Casa dell’Immacolata”. Le coop avrebbero finto di accogliere più immigrati per ottenere rimborsi superiori dalla prefettura. Addirittura, secondo gli investigatori, un centro di accoglienza di Montezemolo (Cuneo), gestito da una delle cooperative, nonostante fosse abbandonato, risultava invece operativo allo scopo di percepire il corrispettivo giornaliero forfettario. Nelle accuse a carico dei quattro responsabili delle cooperative, si legge che gli immigrati sarebbero stati “arbitrariamente trasferiti in Liguria per svolgere attività lavorative in campo edilizio e cura e manutenzione del verde” con “compensi al di fuori di ogni norma di legge, senza autorizzazioni o contratti”. 
 
Appropriazione indebita 
Appropriazione indebita, indagati i vertici della coop che ha gestito 16,5 milioni di euro per l’accoglienza in Puglia 
La presidente della coop tarantina “Costruiamo Insieme” Nicole Sansonetti, di 52 anni, il vicepresidente Felice Guarino di 53 anni, e i soci Chiara Castello e Alberto Durante sono attualmente indagati per il reato di appropriazione indebita. La cooperativa ha gestito, dal 2015 al 2018, sette centri di accoglienza straordinaria per lo più nel tarantino e nel barese, attività per la quale ha incassato dalla Prefettura di Taranto e da quella di Bari una somma pari a 16,5 milioni di euro. I vertici della coop avrebbero utilizzato i fondi per scopi diversi da quelli sociali, come un appartamento a Milano del valore di 250mila euro, una villa nel villaggio residenziale “Riva dei Tessali” a Castellaneta Marina e una masseria a Martina Franca. Nel settembre scorso, il Tribunale del riesame di Taranto ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal gip il 9 agosto, con cui era stato disposto il sequestro di tutte le somme di denaro nella disponibilità dei 4 indagati sino alla concorrenza totale di oltre un milione di euro, la somma apparentemente mai reinvestita nell’attività del soggetto economico. 
 
Salvatore Micelli, tra immigrati e mascherine chirurgiche 
Già salito sul palco della Leopolda di Matteo Renzi, allora presidente del consiglio del Partito Democratico, e già arrestato per il reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata e con tre rinvii a giudizio per diffamazioni e attività di stalking» nei confronti di un giornalista del Corriere del Giorno, Salvatore Micelli era riuscito ad aggiudicarsi una commessa da 4 milioni e mezzo di euro dalla Consip del ministero dell’Economia per la fornitura di mascherine chirurgiche all’inizio della pandemia, nell’aprile del 2020. Il bando è stato vinto da Micelli attraverso la cooperativa Indaco service che si occupa di assistenza a immigrati che, nel 2017, in seguito a un’ispezione Nas e della Asl di Taranto, aveva dovuto chiudere i centri accoglienza gestiti per “gravi inadempienze contrattuali, anche a causa di carenze igieniche sanitarie”. All’epoca del bando, come spiega Il Corriere del Giorno, Salvatore Micelli aveva dichiarato, tramite il suo avvocato durante un recente procedimento giudiziario, di “essere disoccupato“, di “essere ospitato in casa dalla sua attuale compagna” dopo uno sfratto e di “sopravvivere grazie all’aiuto economico della madre”. 
 
A processo per un ingiusto profitto da oltre 200 mila euro, continuano a operare nell’accoglienza immigrati 
Simone Borile, la moglie Sara Felpati, Gaetano Batocchio, Annalisa Carraro, e Marco Arboi, tramite la cooperativa Edeco, hanno gestito il centro per l’accoglienza dei migranti di Cona, l’ex base militare nella frazione di Conetta nel veneziano, e ora sono a processo accusati di aver certificato il falso sul numero di operatori e personale sanitario in servizio, violando gli obblighi contrattuali e procurandosi un ingiusto profitto per oltre 200 mila euro, e di aver concordato con l’ex prefetto Domenico Cuttaia, anch’egli a dibattimento, e i funzionari le visite ispettive al centro, per far apparire tutto in regola. Nel frattempo, grazie a una scissione d’impresa avvenuta alla fine 2019, è nata la cooperativa Tuendelee, la quale ha come attività prevalente la pulizia di edifici, ma si occupa di accoglienza degli immigrati. Annalisa Carraro è vicepresidente della coop Tuendelee, mentre Sara Felpati è consigliere. Simone Borile si è giustificato affermando: “Non c’è e non c’è mai stata nessuna interdittiva nei nostri confronti, sono gli amministratori locali a valutare il nostro lavoro”. 
 
Don Sergio Librizzi chiedeva prestazioni sessuali agli immigrati 
Nel 2015, scoppiò lo scandalo riguardante l’allora direttore della Caritas di Trapani, don Sergio Librizzi, il quale gestiva in maniera occulta la cooperativa “Badiagrande”, secondo gli inquirenti. Da membro della Commissione per il riconoscimento dello status di richiedente asilo don Librizzi era stato accusato dalla Procura di Trapani di avere ottenuto prestazioni sessuali dagli immigrati in cambio di favori nella pratica per il permesso di soggiorno. Nel maggio scorso, Librizzi è stato condannato in Cassazione a sei anni e due mesi di reclusione per il reato di induzione alla corruzione in merito ai rapporti sessuali intrattenuti con gli immigrati ospitati nei centri di accoglienza. 
 
La cresta sull’accoglienza degli immigrati 
Sono diverse le cooperative indagate o già condannate per aver fatto la cresta sull’accoglienza degli immigrati. Nel giugno del 2022, sono stati rinviati a giudizio quattro responsabili della Omnia Academy, associazione che gestiva 15 centri di accoglienza fra le province di Agrigento e Caltanissetta. Francesco Morgante, Anna Maria Nobile, Giovanni Giglia e Giuseppe Butticè sono accusati di associazione a delinquere, falso e truffa. Secondo gli inquirenti, avrebbe architettato una truffa milionaria nella gestione dell’accoglienza agli immigrati, facendosi rimborsare spese mai sostenute. 
 
Il presidente dell’inclusiva Virtus Verona nei guai per truffa 
Nel novembre del 2021, sono stati sequestrati al Virtus Verona 12 milioni e 242mila euro. Il provvedimento arrivava in seguito a un’indagine della procura scaligera riguardante Luigi Fresco e altri due dirigenti della società di calcio, indagati per i reati di truffa ai danni dello Stato, di falso ideologico in atto pubblico e di turbativa d’asta. I tre avrebbero ottenuto indebitamente tale importo dalla gestione di oltre 700 richiedenti asilo tra il 2016 e il 2018. La società di calcio presentava richieste di partecipazione ai bandi della prefettura di Verona per l’accoglienza degli immigrati senza averne i requisiti, secondo la procura. Il Nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona ha indagato per due anni, sulla base di alcune segnalazioni arrivate dalla Prefettura, di presunte irregolarità nella rendicontazione delle spese da parte di una delle società affidatarie del servizio di accoglienza e assistenza ai cittadini stranieri. Inoltre, secondo la Finanza, vi erano pure irregolarità nella documentazione prodotta dalla società in sede di gara, “con false attestazioni in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione al bando, tra cui quelli riferiti all’oggetto sociale, alla pregressa esperienza nel settore, al numero di operatori e alla idoneità delle strutture destinate all’accoglienza”. Ad esempio, la società di Fresco aveva dichiarato, senza però alcun documento, di essersi impegnata “nel tempo nell’inserimento sociale degli immigrati attraverso attività svolte a favore di giovani profughi provenienti dall’Albania nel 1989 e dalla ex Jugoslavia negli anni 1991-1995”, pur essendosi costituita nel settembre 2000. Nel giugno del 2022, il Tribunale federale nazionale ha sanzionato con un’ammenda di 10mila euro Luigi Fresco per un utilizzo illegittimo di fondi predisposti dalla prefettura di Verona nell’attività di accoglienza dei cittadini stranieri, inibendolo per 18 mesi come presidente del Virtus Verona. 
 
Business immigrati: la ‘ndrangheta nella gestione dell’accoglienza 
Un altro scandalo, che vede come protagonista il business dell’accoglienza, ha portato alla condanna di ventidue indagati. Il processo è stato l’ultimo atto dell’operazione Jonny, condotta dalla Dda di Catanzaro nel maggio 2017, che aveva portato alla luce le ingerenze della cosca Arena nella gestione del centro di accoglienza per immigrati di Isola di Capo Rizzuto. In pratica, l’inchiesta aveva mostrato come la cosca ‘ndrina fosse riuscita a intascarsi 36 milioni di euro dei 105 milioni stanziati dallo Stato per l’assistenza degli immigrati, lucrando in particolare sul servizio catering. Tra i condannati, spicca il “prete antimafia” don Edoardo Scordio, ex parroco di Isola di Capo Rizzuto e fondatore della fraternità Misericordia, arrestato nel maggio 2017 con l’accusa di aver gestito, a proprio uso e consumo, un flusso di denaro stanziato dallo Stato e destinato all’accoglienza degli immigrati, nonché di essere il terminale del clan Arena. In appello, l’ex parroco è stato condannato a otto anni e otto mesi ed è attualmente ai domiciliari. Nel giugno scorso, sono stati sequestrati i beni intestati a don Scordio e ai suoi nipoti, tra questi fabbricati, conti correnti, una villa di pregio, e alcune società, per un valore di 1,5 milioni di euro. 
 
Mafia Capitale travolge il Pd 
Nel 2018, Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni ai tempi in cui era sindaco e poi componente autorevole del tavolo di coordinamento per l’emergenza immigrati al ministero dell’Interno, nonché capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, patteggiò una pena di cinque anni e due mesi di reclusione. Durante il processo per “Mafia Capitale”, si era dichiarato “colpevole e pronto a pagare”, restituendo anche i soldi. Il braccio destro di Veltroni intascò fino a 15mila euro al mese per favorire il business dell’accoglienza di Salvatore Buzzi. In aula, Odevaine confessò: “Semplificavo i suoi rapporti (di Salvatore Buzzi, ndr) con la pubblica amministrazione. Svolgevo una funzione di raccordo tra le sue cooperative, il ministero degli Interni e i funzionari della Prefettura, un mondo con il quale le coop faticavano ad avere un dialogo costante”. 
 
“I migranti rendono più della droga” 
Quelli presenti sono solo alcuni degli scandali scoppiati negli ultimi anni. Per capire quanto sia redditizio il business dell’accoglienza degli immigrati basta dare un’occhiata ai ricavi milionari delle coop che percepiscono una diaria di circa 35 euro per ogni adulto e circa 95 euro per ogni minore non accompagnato. Quindi, ad esempio, per l’accoglienza di 100 immigrati adulti, le coop ricevono annualmente più di 1,2 milioni di euro. Infine, è utile ricordare che la diaria erogata dall’Italia è tra le più alte in Europa. Matteo Salvini aveva provato a ridurla quando era al Viminale. Ciò aveva avuto l’effetto di far diventare deserti i bandi dell’accoglienza, fino ad allora sempre affollati. 
 
13 Dicembre  2022